giovedì 9 agosto 2012

Il Fiasco



- gdf 2012 -

Per i più, trattasi di contenitore di vetro con un collo allungato, una base curva e una parte centrale panciuta. Il tutto stabilizzato e rivestito tradizionalmente da un robusto involucro di paglia e in seguito riempito di mediocre vinello. E’ storicamente riconosciuto proveniente e originario della Toscana, probabilmente sia il suo contenuto che il contenitore; sicuramente il contenuto. Non è certa l’esclusività, infatti il Fiasco ha il medesimo significato anche in altre nazioni europee, con o senza  Chianti.

In queste nazioni si viaggia tutti a destra: capita in Francia, in Germania, in Italia ecc, però quando incontri qualcuno a piedi sul marciapiede affollato quasi tutti tendono a incrociarti contromano. Invece di tenere la loro destra quasi tutti ti scansano andando verso la loro sinistra. Non l’avete mai notato? Io si, forse perché ho fatto il cameriere, mestiere nel quale se non ti metti d’accordo prima dove passare quando incroci un collega rischi la collisione e, se la provochi, la serata finirà in un grande Fiasco. Ma poi scopro che lo stesso significato secondario è in uso anche in Inglese, anche in Gran Bretagna, quelli contromano. Ecco dunque spiegato tutto!



Il Fiasco divenne in breve tempo – già dall’inizio del Novecento – emblema del vino italiano all’estero, e il successo del Chianti, almeno per qualche decennio, non fu assolutamente un Fiasco. La dimensione del Fiasco fu altrettanto importante per la sua diffusione: prima da due litri, poi da un litro e ottocento ed infine da un litro e mezzo, come un Magnum, che però non è un Fiasco, neppure per l’Algida.

Ma neanche se il litro e mezzo è di Monfortino o di La Tache si tratta di un Fiasco ma bensì di un Magnum, perché far rendere uno sproposito le poche unità di euro necessarie per fare un litro e mezzo di vino riuscendo a moltiplicarli per un centinaio di volte del suo costo di produzione è il contrario di un Fiasco.

Così come al Magnum neppure ad un altro derivato del Fiasco andò poi così male; si chiamava  Fiaschetteria, locale dove si vendeva il Fiasco: o lo si sbicchierava accompagnato a due fette di salame o ad un piatto cucinato. Adesso si chiamano “enoteca wine bar” e tutto sommato non se la passano male nonostante il lungo periodo nel quale il Fiasco ha lasciato spazio ad idee più contemporanee.

Il Fiasco fu abbandonato solo per motivi di praticità - così poco stabile se coricato, difficile da stoccare e da trasportare - ciò nonostante i suoi pregi: ottima attitudine all’infrangibilità e discreta protezione termica. Quindi, tutto sommato si potrebbe essere anche fieri di un Fiasco, non volendosi adeguare ad una sconfitta ma volendosi guardare alle spalle, specchiandosi e piacendosi nonostante il culo basso, che non è sinonimo di profilo basso.

Meglio un Magnum di un Fiasco? A Tom Selleck andò bene in versione P.I, così come a Clint Eastwood con la 44 Smith & Wesson. Per non dir nulla di Henri Cartier Bresson e la sua agenzia di gnocche, ma come la mettiamo con la Rayton Fissore da Cherasco? Dove la specializzazione sono oggi le lumache con i porri di Cervere e anni fa lo furono i SUV assemblati come Franckenstein?

E’ sempre una questione di punti di vista, quelli che cambiando prospettiva cambiano la percezione dell’oggetto e che ci possono far vedere le cose da un’angolazione alterata, che a sua volta altera la materia con la sola concentrazione mentale. Quindi prima di valutare se si tratta di un Magnum o di un Fiasco meglio accertarsi che non si tratti di un equivoco, di non aver preso fischi per fiaschi, ma di aver preso effettivamente fischi per un vero Fiasco.



La Rayton Fissore S.p.A. è stata un’onesta società fondata nel 1976 dal pregiudicato Giulio Malvino, a Cherasco (CN), che sposò una delle figlie del titolare della nota carrozzeria Fissore di Savigliano (CN), la quale ebbe una piccolissima controversia giudiziaria nel processo del 1993 a Torino che coinvolse il Gruppo Tanzi, il presidente della Banca San Paolo di Torino e l’onorevole DeMita, in quanto imputata di essere una specie di società “contenitore” per fondi monetari di provenienza ignota da dirottare verso le casse della Democrazia Cristiana. Curioso il fatto che   l’unico veicolo di spicco della Rayton Fissore fosse il Magnum 4x4 di cui 1/4 degli esemplari furono venduti proprio alle Forze dell’Ordine: Polizia di Stato, Guardia Forestale, Guardia di Finanza, ecc.. Il Magnum fu a tutti gli effetti il primo SUV italiano nato addirittura nel 1985, ma siccome il termine SUV (Solo Utili per Vendemmiare) non era stato ancora inventato, la classificazione ufficiosa del mezzo era: Merda per Sterrati 4x4. In effetti i tempi non erano ancora (im)maturi per proporre al mercato un tipo di veicolo del genere: la moda dei SUV non era ancora partita e se non si andava effettivamente a zappare o a cacciare cinghiali, la necessità di avere un mezzo del genere era pressoché nulla. Se paradossalmente qualcuno avesse intravisto un tizio fermo per strada in un Hummer o un BMW X5 odierni ad esempio, probabilmente gli avrebbe chiesto di vendergli un paio di zucchine. L’innovativo prototipo del Magnum 4x4 basato su telaio militare fu proposto dalla Rayton Fissore prima alla Iveco, ma la risposta fu: “Ehi.. Noi produciamo camion!” e poi alla Fiat, e la risposta fu: “Ehi.. Noi produciamo auto!”. Non sapendo che cazzo fare, la Rayton decise di proseguire da sola. Disegnata dal fruttivendolo americano Tom Tjaarda, il Magnum mandorlato era un carro allegorico composto da pezzi derivati da altre macchine. I fari anteriori della 1a serie erano della Lancia Trevi, nella 2a serie subentravano quelli della Fiat Regata e le frecce della Fiat Uno; fari posteriori dalla Citroen BX, maniglie esterne ed interne della Lancia Delta e differenziali dell’Iveco Daily 4x4, del quale ne condivideva telaio e gran parte della meccanica. I motori a benzina erano un Fiat 4 cilindri da 2.000 cc. da 138 cv. oppure “l’economico Busso” Alfa Romeo 2.5 lt. V6 da 160 cv, per il diesel ci pensò Iveco. Prodotto in Italia ufficialmente fino al 1993 e succesivamente solo su commissione in pochi esemplari, ebbe un seguito negli Stati Uniti dove fu maggiormente apprezzato e  commercializzato a marchio LaForza con motori della Madonna provenienti da supersportive Ford fino alla chiusura dell’azienda LaForza Automobiles nel 2003. Accessori come interni in pelle equina, aria condizionata, vetri elettrici, impianto stereo a scomparsa (e mai più ritrovato), volante regolabile e lunotto termico facevano già parte della dotazione di serie della Magnum 4x4, ma dei 6.000 esemplari prodotti in Italia ben pochi hanno lasciato ricordi positivi ai loro possessori. Soprannominata la “Uno gigante”, per via della somiglianza con la celebre utilitaria Fiat,  la Rayton Fissore Magnum era propensa sovente a far emergere guasti meccanici  (trasmissione, freni, gruppo termico, vasi di espansione) e ad avere consumi eccessivi. Da alcune fonti sembra che la nuova società costituitasi a Cherasco, la LaForza International S.p.A. voglia proporre prossimamente dei nuovi SUV artigianali basati sul Magnum, ma molto più elitari e costruiti in piccole quantità con prezzi da capogiro che si aggirano intorno ai 100.000 dollari. L’augurio per i dirigenti della Casa piemontese e di avere “LaForza” di risollevarsi e magari spararsi un colpo di “Magnum” alla testa. 

2 commenti:

  1. recensire così ristoranti, che succederebbe?? :-))
    B

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  2. Niente sapendo motivare e documentando così bene le critiche, diversamente sarà querela, sicuro!

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