venerdì 18 gennaio 2019

Cannavacciuolo Bistrot Novara: dietro le quinte, in cinque portate

- Silvia Vecchione -
- lifeonthetopfloor -




Va in scena con naturalezza lo spettacolo ben orchestrato. Ore, giorni, anni di prove e lavoro, concentrazione e dedizione si trasformano in fluidità, ritmo e scorrevolezza davanti a occhi attenti, puntati sul palcoscenico come fanalini affamati, avidi e curiosi. È il teatro, il luogo che mette insieme finzione e realtà confondendole ad arte, tanto da non sapere più chi delle due sia pubblico o attore: e proprio lì sta il bello.

Con l’alzarsi del sipario, si presenta all’apparenza un nuovo mondo che offre opportunità di evasione e fa promesse di bellezza a un pubblico in carne e ossa ma dalle maschere spesse e – spesso – anche pesanti. Di reale c’è solo il pensiero, che appartiene sia a chi recita sia a chi ascolta, in una realtà multidimensionale fatta a strati di gesti e parole che si sovrappongono su più livelli. È a più livelli anche il Cannavacciuolo Bistrot di Novara, realizzato dove c’era una volta il bar del Teatro Coccia, in Piazza Martiri della Libertà. Così, “il teatro storico più importante del Piemonte” si gemella con un piccolo grande bistrot che da ottobre 2015 fa “cucina d’eccellenza alla portata di tutti” e che oggi vanta il riconoscimento di una stella Michelin.
Il bistrot è il palcoscenico su cui si esibisce senza alcuna ostentazione una cucina che nasce dalla materia prima per spiccare il volo attraverso un viaggio di ricordi ed emozioni. Un viaggio capitanato da disciplina e creatività insieme, che porta a oscillare tra classicità e storia da un lato e, dall’altro, tra avventura, esperienza e personalità.


Un equilibrio impeccabile per uno spettacolo architettato con la massima precisione che scorre con classe e disinvoltura. Un libro che si leggerebbe in un attimo, tutto d’un fiato, o una pièce dalla trama agile e accattivante da assaporare senza soluzione di continuità. Qui si parla di cucina, quindi qualche pausa ci può stare, magari approfittandone per lasciarsi coinvolgere dalle chiacchierare di sala e con il pretesto di un sorso di champagne. Gli artefici, in cucina, sono Vincenzo Manicone e Federico Pascale: per vederli all’opera, la scelta ricade sul menu degustazione da cinque portate “Sipario” con qualche piccola variazione studiata su misura…et voilà, che lo spettacolo abbia inizio.

Gli amuse bouche sono focaccine pugliesi, bottoncini di scarola e burrata, finte arachidi e tartelletta al pomodoro: l’incipit è una dedica al sole giallo e al calore della costiera.

Si prosegue sulla stessa lunghezza d’onda con il finto pomodoro: baccalà con gel di pomodoro, maionese al baccalà e olive nere. Un bel gioco illusionista da teatro, al confine tra maschera e realtà.
Crosta croccante e mollica leggerissima per il pane conviviale di segale: da gustare appena tiepido in accompagnamento al burro francese leggermente salato, in un mantra che non conosce limiti di spazio e tempo.
Le cialdine speziate sono a base di cipolla, curcuma e carote. Il nostro Sipario si apre con le capesante scottate accompagnate da rape in agro di lamponi ed emulsione di scalogni: lontano dalla solita dolcezza, a volte stucchevole, della capasanta, un piatto che sovrappone alla morbidezza la consistenza del croccante e stupisce per acidità.
Il risotto ai ricci di mare, capperi, limone e acciuga ha una sapidità impetuosa che racconta di giornate ventose e scogli a picco sul mare. La mantecatura lo rende cremoso al palato e ogni forchettata conferma l’eccellenza di una cottura perfetta.
Una performance che toglie il fiato arriva con gli gnocchetti di patate cacio e pepe nero con coniglio di Carmagnola: precisione elevatissima da gustare in formato mignon. Applausi.
Segue per me la rana pescatrice con burro nocciola, broccolo fiolaro e caviale affumicato di salmone. La delicatezza che si mischia a carattere e vivacità tra le onde del mar Mediterraneo.
Un assaggio proviene dall’altra parte del tavolo: petto d’anatra cotto a bassa temperatura servito con il suo foie gras, nocino e scorzonera. Morbida e vellutata ma anche piacevolmente pungente la salsa a base di frutta secca e Vinagre de Jerez.
Il predessert è un rinfrescante sorbetto che precede due proposte di dolci cucite addosso per renderci veri protagonisti di scena…
Così, arriva la Pastiera 2.0: tutti gli elementi classici del grande dolce partenopeo, scomposti e riassemblati in una squisita reinterpretazione.
Un inno alla Liguria e un omaggio alla terra natia di Federico Pascale, il dolce a forma di mezzaluna rovesciata riunisce sul piatto i prodotti simbolo del territorio: prescinsêua, pinoli, chinotto, basilico, focaccia, maggiorana, olio extra vergine di oliva e nero di seppia.
Piccola pasticceria, inchino e di nuovo applausi prima di chiudere il Sipario in attesa del secondo atto. Per una storia travolgente che è già nata Sequel.




S.V.

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