mercoledì 6 settembre 2017

Casa, Bottega e i vini di Marco Foresti


-gdf -


DOLCEACQUA - Casa & Bottega. Il ristorante con rivendita di accessori e mobili design vintage o nuovi resta tra i punti riferimento preferiti da turisti e gourmandisti che salgono apposta per mangiare i piatti della tradizione della Val Nervia.

Più le novità dall'arredamento che dalla cucina quindi. Cadre sempre rivoluzionato da Fabrizio Bruno, cuciniere con l'hobby dell'architettura e del design, paritetici nella sua prospettiva, perché come dice lui, rimanere delle ore con una padella in mano e gli occhi spremuti sulle solite piastrelle ti pone nelle condizioni psicologiche ideali per pensare anche ad altro che vada oltre un muro di piastrelle di ceramica bianca.

Non importa con cosa, ma la giornata fresca e ventilata si prestava per assaggiare un paio di vini della rinnovata produzione di Marco Foresti, nello specifico i due Rossese di Dolceacqua di riferimento per la sua azienda, che produce oltre ad un "base", e cioè Poggio Pini e Luvaira, che sono due cru della Valle adiacente, la Val Verbone.


Anche l'olio, qui, oltre ad essere oggettivamente buono, è confezionato con gran gusto design


Sulla carta dei vini è indicato il Cru Poggio Pini, che però in etichetta non vedo citato, comunque sia il vino ha il colore rubino scarico e profondo che dovrebbe avere un Rossese di Dolceacqua, magari non brillantissimo (perchè non filtrato), ma assai fine al naso, con quelle note di mora che in questo caso non è selvatica ma ben civilizzata. Si lascia bere a diverse temperature, tirando fuori sfaccettature pantone su base comune di rubino di grana fine. Bevibilità pericolosa, già a temperatura ambiente (23 gradi oggi in piazzetta), ma se leggermente raffreddato e portato a 16 scende più velocemente del termometro.



Annata più recente, forse troppo per riuscire a berlo al meglio. Vigne centenarie che si reggono su se stesse e si arrampicano .... "Comune di San Biagio della Cima (IM). Impiantato nel 1913 dal nonno di Biamonti Bartolomeo (Bertú). Non esistono pali di sostegno, le viti, austere, si arrampicano su loro stesse e sui muri antichi."


Vino da attendere, che spinge ancora di alcol, forse persino sotto stimato. Tira fuori tutto dalla terra, compresa la famosa nota terrosa amarognola che insieme ai frutti neri -di nuovo la mora- lo renderà fruibile nei prossimi anni. Bella riscoperta, dopo un bel po' di tempo che non transitavo da queste parti, ma bisognerà ritornare a breve per una bella novità proveniente da un'altra cantina storica, quella di Nino Perrino, di colpo ringiovanito grazie ad una ragazza che si è messa mani e piedi per dare una nuova prospettiva al futuro della Cantina Testalonga.

I progressi del Rossese di Dolceacqua non cessano di stupirmi, da 15 anni fa, quando capitai la prima volta qui non a caso, ma perché ero stufo di sentir dire che questi vini non erano buoni. I problemi di un tempo ormai sembrano risolti, da molti se non da tutti.


Se non ami l'aglio lascia perdere

idem

Centra poco, però oggi Fabrizio Nobili aveva voglia di paccheri e scampi a Dolceacqua
Lo vuoi contraddire?

Pure io vado fuori rotta, poi ci si riprende

Il coniglio sportivo e corridore rinforza le mandibole - le nostre - ma così facendo le due bocce trovano il loro spazio, insieme alle patate al forno che "pucciate" nel fondo tirato con olive taggiasche e fagioli ...




gdf

Nessun commento:

Posta un commento