martedì 15 novembre 2016

Concetti di etica professionale


-di Angelo Antonio Angiulli -

Col susseguirsi delle varie correnti culinarie, ci si incomincia a chiedere se sia opportuno incentivare in enogastronomia concetti di etica professionale. L'etica in ogni campo è il complesso delle regole morali che dovrebbero assistere le azioni umane, permettendo di separare e scegliere tra il bene ed il male, il giusto e l'iniquo. L'etica nel gusto è la testimonianza della propria capacità di scelta, in base a corrette cognizioni culturali. Altrettanta etica va applicata dagli operatori del settore nelle proposte culinarie rivolte alla clientela, che li privilegia nelle scelte. E', ad esempio, scorretto eticamente dichiararsi d'accordo nel promuovere la cucina del territorio, salvo privilegiare altra tipologia ispirata a fenomeni estranei alla cultura locale. Tuttavia nulla impedisce la convivenza di diverse anime culinarie, purché si abbia la preparazione necessaria nel proporre le une e le altre. Ormai la cosiddetta cucina “fusion” per molti diventa l’opportunità di proporre tutto quello che la fantasia permette loro di creare, o per meglio dire di imbastire. Privilegio non vuol dire esclusione, ma l'incultura della realtà locale non è ammessa per chi è inserito nel tessuto sociale e produttivo del proprio distretto. La creatività sfrenata ed arrembante che caratterizza molte correnti culinarie contemporanee, non aiuta molto a destreggiarsi con sufficiente competenza. Gli chef creativi sono concorrenziali fra loro, ed in molti casi arroccati ad ideologie atte a dar loro visibilità. Pochi hanno il coraggio di separarsene, per intraprendere altre vie più comprensibili o ritornare alle origini. Ma tornare indietro e rimettersi in gioco non è facile. Difficile legare all'etica ricette incomprensibili, nelle quali i componenti energetici sono esplosivi per numero e digeribilità. Difficile condividere la sconfitta dei sapori delicati annullati da compagnie soverchianti per gusto ed aroma, ma bisogna esaltare e non annichilire il vero protagonista del piatto. Più etica anche nel servizio di sala, i cui addetti oltre ai comportamenti consoni, dovrebbero dotarsi di maggiori conoscenze tecniche e linguistiche. Di sicuro maggiore etica nell'informazione del comparto, da qualunque pulpito venga impartita. I guru televisivi, armati di nozioni raffazzonate alla meglio, confondono il lessico fra piovre e polpi e questi ultimi con i più pericolosi polipi, interrompono quando i veri esperti dicono cose sensate ed interessanti, pur di mostrare il loro (scarno) bagaglio culturale o la lezioncina imparata appena prima della messa in onda. Vogliono fare tendenza a tutti i costi a spese di un pubblico credulone, che li premia ugualmente con gli ascolti. Quindi anche i consumatori necessitano di una etica appropriata ed intesa come autodifesa personale, per non incappare nei soliti inganni evitabili con un minimo di cultura e attenzione. Molte riviste che si occupano di tutt’altro, ma di sicuro si nutrono dei vari “masterchef”, non lesinano ricettari improbabili per numero di ingredienti. Molti ne prevedono almeno una ventina, che in teoria obbligano le casalinghe ad accendere un mutuo per averli a disposizione. Se si pensa ad un pranzo di famiglia, per alcune ricette il tempo e il denaro necessari vanno oltre il buon senso. Inoltre io capisco sempre meno i frequentatori degli “home restaurant” in crescendo secondo le ultime stime, che dovrebbero porre attenzione ai problemi di igiene e sanità, garantiti almeno secondo la legislazione attuale nei pubblici esercizi, e terra di nessuno nelle case private. Più etica infine anche per alcuni critici del settore, che incappano sovente in peccati da nepotismo acuto, che acceca i loro occhi, quando basta socchiuderli per intravedere ciò che ad altri è evidente. 
AAA

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