martedì 11 agosto 2015

Pierino ineccepibile


Marco 50&50

 




Avevano previsto pioggia ma la temperatura esterna sfiora la mezza età, l'aria è immobile come un portiere dopo un tiro di Messi,  avrebbero potuto tentare una danza invece delle previsioni che, è il caso di dirlo, lasciano il tempo che trovano.

Prendiamo solo un paio di portate di pesce e qualcosa di fresco da bere, mi dice, per una volta la penso come lei, poi, inevitabilmente, mi lascio attirare dal degustazione come una donna di fronte alla vetrina di un negozio di scarpe.

Stellati non si nasce si diventa, per rimanerci a lungo non basta pagare regolarmente la bolletta a chi gestisce la luminosità del cielo.



Quasi al fresco, sotto l'alberello


Salmone Rosso Marinato, Sale, Zucchero, Burro All'Olio Extravergine, Pane Nero 



Terrina di Pomodori, Profumi Mediterranei


Risotto Basilico, Patate, Fagiolini



Ricciola Arrosto, Cous Cous, Spinaci, Albicocche, Salsa Speziata


Black Cod, Pesto Al Basilico, Pomodoro Alla Crudaiola





Meraviglia Alla Pesca


Caffè, Acqua e Selezione Bollicine Pierino Penati per un percorso netto di grande soddisfazione ad altissima digeribilità, due degustazione con variazione accordata senza batter ciglio dall’agile, cortese e premuroso Theo Penati, il Black Cod fuori menù si rivelerà di straordinaria bontà, risultato favorito da una materia prima di gran livello.

La squadra lavora in automatismo come in un collaudato tre cinque due, gentili all'atto della prenotazione telefonica e al  momento dei saluti finali dopo un paio d'ore abbondanti, nessuna sbavatura, anzi, massima gentilezza, sincronismo, garbata professionalità ed efficienza, nessun assillo.

In una domenica d'agosto che inviterebbe a rimanere a casa al fresco, il fresco giardino ombreggiato di Pierino Penati presenta quasi il tutto esaurito, i tavoli sono ben apparecchiati e distanziati, l'atmosfera è rilassata, la pressione è alta, anche la mia aspettativa che non sarò costretto a ridimensionare.

Mancavo, sbagliando, da vent'anni, è rimasta la mano felice sui risotti e, se la memoria non m'inganna, ritrovo una cucina più alleggerita e meno brianzola, con un occhio attento a far si che il cerchio, anche in un percorso degustazione si chiuda senza appesantire e senza alleggerire il  portafoglio.

Dopo un inizio di classe, un approccio pulito e quasi fin troppo soft per i miei gusti, arriva la stratosferica terrina di pomodoro, Theo mi dice del numero di ore necessarie alla preparazione, se questo è il risultato possono anche mettermi in conto gli straordinari, semplicità disarmante e gusto folgorante, il risotto, del quale verrà portato, secondo tradizione “Pierinesca”, un secondo assaggio è ben mantecato, ben equilibrato e ben cotto, il basilico sugli scudi per una leggerezza inaspettata e gradita.

Grande materia prima e cottura controllata sia per la ricciola che per il Black Cod, cous cous e crudaiola accompagnano e completano due piatti che invitano al sorriso e alla riflessione, generose e gustose porzioni, forse il miglior Black Cod provato.

Rapisce la melba di “Penatesca” fattura, che oserei definire lirica, derivazione del dolce inventato dallo Chef Escoffier in onore della cantante d’opera Nellie Melba, si chiude col botto un signor pranzo, al quale non posso muovere alcun appunto per tempi di servizio, tempi di cottura, temperatura dei piatti e presentazioni, un pranzo della domenica che mi indica la strada che avevo perso, per infuocare, magari con una crepe, le spente serate estive brianzole.



M 50&50

lunedì 10 agosto 2015

Gradite dei gamberi?


gdf 12 minuti


Quelle due polo lato nord non rendono idea e giustizia sommaria all'altra latitudine di riferimento, così come, anche se non ci credo, la diffidenza per Mazara è salita in proporzione al numero di decessi umani in quei mari rispetto ai gamberi di qui, dove la gente muore di vecchiaia.

Il pescatore mi insegna chi sono i primari predatori di gamberi -dopo gli umani-, da laggiù, dai 700 metri da dove salgono con un ascensore a razzo quando passa lui con Patrizia, che attira, ma rimane vago quando si tratta di capire di che si nutroni i gamberi, preda preferita di pesci dal buon gusto ma dal brutto aspetto. Il sonar laggù risuona bene, ma di luce ce n'è poca, e quindi ti puoi sbagliare, a occhio.

Ma quanti gamberi si stanno pescando da queste parti ... abbastanza da poter nutrire alcuni tra i migliori ristoranti del nord Italia, che partono da qui -i gamberi- dallo sbarco della Motonave Patrizia, e arrivano alle grandes tables dove state cenando stasera, sotto una, due o tre stelle.

Certo, Manuel è favorito dal contesto, ma anche dover stare sempre a pensare a cosa fare con tutti questi gamberi può diventare agoscioso, salvo lasciar partire l'immaginazione, che se assistita da buona mano e buone idee, tutto insieme potrebbe contribuire ad un menù di successo, quello tutto gamberi (che non è questo) proposto alla cifra simbolica di 48 euro, quando altrove non riesci neanche a mangiarne un solo piatto di questi orgogliosi crostacei marini, che scopro, bianchi -come le magliette tranquillamente più attillabili di Adriana e Giulia- quando sono laggiù, igamberi, e che progressivamente, presi di sorpresa e nel colore  -ed infine- passando dagli zero gradi del fondo marino ai 35 di qui sopra, tenderanno prima al rosso, e poi al viola di rabbia.

Manuel Marchetta sta convincendo anche i suoi colleghi, con il suo sorriso disarmente e la sua umile convinzione, sempre più disponibile al confronto, con i clienti, con i colleghi e con i primi critici e comunicatori che hanno preso a frequentare sempre con maggior convinzione questo luogo, questi locali, questi muri che hanno condiviso storie di cucina contraddittorie.

Ascolto in giro e mi sorprendo del sentire opinioni decise e convinte, secondo le quali  Manuel è l'unico "a provarci" nella capitale dei fiori e delle canzonette, dai tempi in cui Paolo Masieri cominciò a dare un nome e un cognome ad ogni pesce, ad ogni crostaceo, ad ogni mollusco, decidendo anche quale dovesse essere la sua fiera compagna di tavola, o la fine più adeguata a lasciare un ricordo indelebile, come quel gambero testa viola che tuffai in un purè di barbabietola rossa all'aceto di lamponi.

In realtà ci fu anche altro, proprio qui, due volte, prima con il lungo stellaggio classico del "Giannino", che però mai osò andare oltre la tradizione più ortodossa, mentre chi arrivò in seguito battezzò questo locale Le Vie del Sale, con scarsa fortuna. Una fiammata la vedemmo uscire dalle finestre delle cucine dell'Hotel Paris, a due passi dal Casino, ma a Davide Zunino venne data fiducia solo inzialmente, l'estintore arrivò pronto, perché da queste parti come dicevo più su, non c'è mai stato spazio per più di due ristoranti che escano dagli schemi. 

Come una terrina di foie gras -morbidissimo- alla pesca, con granella di pistacchi, gambero di Sanremo al vapore e riduzione al Porto

Pescatrice marinata a secco con aneto e servita con gelatine al frutto della passione

Dall'orto e dal mare.
Quattro verdure per quattro elementi ittici: mostella, gambero, tonno e calamaro, il tutto su letto di quinoa al nero di seppia

Semplice orata in tartare aromatizzata, servita su crema di porri acidulata all'aceto bianco

La Choucroute del Mar Ligure, che vale una deviazione palatale, anche da parecchio distante

Trattasi di "salsiccia di pesce" fatta al momento e poi appena grigliata.
Gli accompagnamenti sono poi più o meno quelli della tradizionale choucroute alsaziana

Il minimale calamaretto farcito di brunoise di verdure in acqua di pomodoro

I ravioli di pesce e gamberi al pomodoro fresco

Gamberi e foie gras

Omaggio alla stroscia ...

Adriana, Manuel e Giulia

domenica 9 agosto 2015

Ancora sull'inadeguatezza



Li hanno chiamati cocomeri a Taggia. Mi rivomita in mente il frutta e verdura che di fronte alla richiesta di mettere in vendita solo le metà di angurie che non avessero toccato terra se la cavò dicendo alla sua cliente che le sue angurie erano state acquistate da un agricoltore che le coltivava in sospensione.




sabato 8 agosto 2015

Ancora sulla mia inadeguatezza

gdf 5 min

Mi vorrei mettere gli occhiali di Giole Dix, perchè stavolta sono molto incazzato, veramente molto ingenuamente incazzato, perché questa robina tenera qui ripubblicata a valle, pubblicata a suo tempo per confortare Twiggy un paio di anni fa non è nulla rispetto a quello che si è evoluto nel frattempo, non più su carta ma proprio sul web, dove io ho e ho avuto la fortuna di essere stato coperto da editori o web-idealisti seri, magari ingenui come me, e quindi poco propensi al risultato economico certo, comunque onesti, nel dire si o no. 

Si va avanti oppure no, diversamente da quanto mi accadde agli albori, in presa ad entusiasmi gettati in pasto ad avventurieri o profittatori, ma tutta quella roba buttata ( sono arrivato a 1550 articoli in sei anni sul web porco di quel giuda ) non è nulla a confronto con quello che ho potuto verificare con il tempo, la pazienza.

Giornalismo d'inchiesta, quello che pensano di fare quelli che sparano addosso alle fonti principali di numeri web, e invece che fanno? Sfruttano, sputano addosso allo strumento, si spaventano di fronte a chi gli è passato davanti nell'indicizzazione, ma solo per ripassargli davanti, masticandoli.

Si vantano - ho mail firmate - di gestire fior di giornalisti a gratis. Tu te la prendi con quelli che vendono recensioni e non paghi i tuoi collaboratori che scrivono contro gli stessi ??? E non sai neanche l'italiano? E porco di quel giuda, tu mi dici chiaro e tondo che dei contenuti non te ne frego un beato cz. Complimenti per il curriculum ... ma cosa ci devo fare per far soldi? Numeri, numeri, numeri ... veri o falsi, ma un po' veri lo devono essere, tutti a favore di chi si qualifica "fonte di informazione"

0,00000000361 a battuta ... almeno a questi una carezza, come ai telefonisti dei call center.


Un pensiero a Stefano Bonilli, mancato un anno fa,  simpatico a pochi -me compreso-  ma come spesso succede, il futuro si sta rivelando molto peggio del passato, il Papero Giallo ci manca; ne parlavamo ieri sera cenando con Lorenza Vitali; mi ha sorpreso il suo pensiero, ma aveva ragione, e a me piace cambiare opinione, e stavolta, tenuto conto a quali pdm  siamo in mano di mouse, ancor di più. Ma quanto ci sto male in questa merda di mondo lo posso sapere solo io e altri sei


Marzo 2013

Tanti piccoli ingenui fanno un gaudente furbo. Dove il termine furbo non è sinonimo di intelligente, non lo è mai stato, tranne forse in questa lingua decadente, dove, per i giornalisti, anche gli evasori fiscali si definiscono tali invece di malviventi.

Una lingua decadente però ben scritta, ben messa giù nero su bianco da molte brave ragazze e da molti bravi ragazzi, spesso laureati, colti e preparati, ma anche disoccupati. Non uso il termine giornalisti per identificarli perché spesso non lo sono, o perché non si meritano di essere così etichettati.

Persone intercettate su Internet allo scopo di sfruttare le loro capacità e le loro conoscenze specifiche da talent scout senza cultura, che non hanno una competenza diversa da quella manageriale; quella competenza che gli impone di sfruttare la voglia di questi ragazzi di apparire e magari trovare una piccola fonte di guadagno. Interlocutore che invece ha in mente solo il proprio beneficio e quello dell’editore mezzo fallito che gli sta alle spalle.

Raccolgono più materiale possibile da pubblicare, raccolgono più pubblicità possibile da inserire in improbabili riviste spesso omaggiate dove capita, fino a quando si renderanno conto di aver raschiato il fondo su tutta la sua superficie. A quel punto comunicheranno alle loro fonti di articoli che la crisi ha tolto loro le risorse pubblicitarie e che quindi tutto il loro lavoro pregresso non potrà essere remunerato.

Però, ci fosse una nuova opportunità, tutti quanti gli ingenui collaboratori saranno tenuti in considerazione, per essere così di nuovo solleticati nel loro ego, e sollecitati nuovamente a produrre altri articoli per un’altra testata che farà la stessa fine e che non renderà agli autori neanche un caffè offerto al bar, perché spesso questi interlocutori non si prendono neppure il tempo di conoscere gli autori dei pezzi che pubblicano. Tutti gli scambi di messaggi e di materiale avvengono via e-mail.

E’ una cosa diversa dalla prestazione d’opera intellettuale al servizio continuativo di un blog o di un periodico cartaceo. Queste sono operazioni spot, saltuarie, che si legalizzano con una semplice fattura soggetta a ritenuta d’acconto. Sono situazioni ambigue in cui ci cascai anch’io qualche anno fa, quando ricevetti una telefonata da un editor di un’ambiziosa rivista che voleva fare il verso a un “Class” anni ’80, ma ormai fuori tempo massimo, nel 2008.

Questo mi chiese inizialmente il permesso di prelevare dal web alcune mie recensioni su ristoranti tristellati di Francia e Spagna, modificarle in funzione dell’impaginazione e infine pubblicarle. In cambio mi indicò una cifra da fatturare, che avrebbe coperto un certo numero di articoli già pronti o ancora da consegnare.

Questi, che erano anche abbastanza ignoranti sugli argomenti di cui si occupavano, una volta raschiato il fondo e raccattato tutta la pubblicità possibile, fallirono e probabilmente non pagarono nessuno, però si scusarono del disagio procurato, e lo fecero tramite una grottesca mail collettiva inviata ad almeno 30 collaboratori. Alcuni di questi si dissero dispiaciuti e si misero addirittura a disposizione per un’altra eventuale collaborazione futura invece di mandarli platealmente a quel paese come feci io, prendendomi in cambio dell’analfabeta.

So che queste cose stanno di nuovo accadendo, ma a me non piace dare consigli, mi limiterei come al solito a fornire solo qualche indicazione; nel senso che se volete continuare a scrivere a gratis o addirittura perdendo anche il denaro del mancato rimborso spese per dar sfogo al vostro talento, mettete per lo meno in preventivo che questa infausta previsione si rivelerà veritiera nel 99% dei casi, su carta, sul digitale mezzo punto in più.

Solo all’uno per cento sarà quotabile la possibilità che arrivi qualcuno a cambiarvi la vita e farvi diventare uno scrittore o un articolista regolarmente ricompensato. Accontentatevi di un blog se vi piace scrivere, ma che sia un blog con un progetto e un obiettivo chiaro e condivisibile, almeno questo, perché se no continuare a impegnare tempo e denaro? 

gdf



venerdì 7 agosto 2015

Aoc Champagne Royale Réserve Pure Cuvée n° 242 Non Dosé s.a. Philipponnat

La cuvée Moon è l’assemblaggio studiato e confezionato, intenzionalmente, per il mercato italiano, che predilige (anche) tagli più dritti, con dosaggi più contenuti o, come nella fattispecie, in assenza totale di liquer d’expédition.
I vitigni sono i classici tre, le cui percentuali sono, all’incirca, identiche a quelle della versione brut: Pinot Nero, prevalente, al 65, Chardonnay al 30 e pizzichi di Pinot Meunier. La 242 è vendemmia 2006, integrata da un quarto di vini di riserva, vinificazione in legno, malò parziale, 3 anni sui lieviti.
Il mio flacone è stato sboccato nel settembre 2010, già un tot.

Le prime impressioni olfattive sono austere e sottolineano il peso della bacca nera – è il marchio della casa – con un ventaglio di aromi che vanno dall’arancia scura al lampone, dal mirtillo alla ciliegia, arricchito da tostature e rifinito da un compiuto profilo minerale.


Le caratteristiche olfattive si presentano, in orario, pure all’assaggio, con la consueta autorevolezza del Pinot Nero che distribuisce tempi, modi e pause allo Chardonnay. Un’intatta acidità segna un sorso puro e compatto. Eleganza e struttura sono i due pilastri di questa boccia, il cui assetto verticale – spigolosetto, a tratti severo e intransigente – non verrebbe, minimamente, compromesso da qualche grammetto di dosaggio.
Senza dubbio la sorellina, pari grado Moon, a declinazione brut, con un filo di equilibrio e cremosità in più.
Termina con buon allungo, tutta bacca scura e convincenti progressioni di caffè, tabacco e curry.


Riscoprilo con un live dell’intramontabile James Brown, aka Mr. Dynamite.

mercoledì 5 agosto 2015

Avance Venusiana



Marco 50&50

“Chi sogna di giorno sa molte cose che sfuggono a chi sogna solo di notte”

Sento tutto ovattato, le dico.
Sarà perché hai dell'ovatta nell'orecchio per curare l'otite da onda, mi risponde "anomala" scuotendo impercettibilmente la testa, abituata a ciondolii quotidiani.
Il vento è diminuito d'intensità, dopo aver spinto con forza oltre le colline dell’entroterra romagnolo grossi nuvoloni scuri, ha liberato l'azzurro sopra la linea sabbiosa scaldata da un sole rabbioso e rinfrescata da onde spumose bianco verdi che stanno cominciando a perdere d'intensità per acquisire una luminosità rara, come questa mattina, cammino, sulla battigia lambita dalle onde non sono solo ma la concorrenza non mi impensierisce più di tanto, le guardo mentre modulo i miei passi sulla cedevolezza della rena, le guardo un attimo e passo oltre non è questo che cerco, oggi voglio di più.

Il selfie da onda sembra il nome di un nuovo sport per giovani turiste inconsapevolmente ammiccanti, incontreranno a breve qualche cresta muscolosa con un bastone, da selfie, il passo delle signore aspiranti incontri ravvicinati e iodio a pieni polmoni è troppo veloce per attirarmi, si bruciano grassi e possibilità, cerco il massaggio sabbioso ruvido e umido sui miei piedi nudi, sperando che Venere esca dall'acqua, osservo senza interesse amiche tatuate, signore scostumate, lati B da serie C, dal mare non arriva alcuna sorpresa, sono, come i gabbiani, a caccia.

Si dice usi e costumi, in effetti dai costumi (e dai pezzi di costume) si potrebbe capire quasi tutto, anche dagli occhiali da sole e dai cappelli, camminano affiancate, i passi coordinati come gli accessori, trucco leggero, il bagno può attendere, oppure nuoteranno come papere, la testa fuori dall'acqua, onde permettendo, lei, invece arriverà da sola e solo per me, uscirà bagnata dall'acqua e ci guarderemo.
Come nella mitologia sarà generata dalla schiuma, un monte di Venere dal mare di Venere, io ci sarò.

Cammino.
È aumentata la temperatura, con essa il numero di persone, il lungomare sta perdendo il suo fascino, io le speranze di trovarla, ho caldo, faccio un tuffo, mi allontano dalla riva e dalla gente, supero le creste delle prime onde che si infrangono trovando un fondale basso e discontinuo, ora le onde sono meno irruenti e più gonfie, mi ritrovo al largo trovando me stesso.

Sono guardato a vista, dal binocolo del salvataggio, so che tra un’onda ed un’altra non può vedermi e si innervosisce, la bandiera rossa potrebbe consentirgli di fischiare per richiamarmi all'ordine, evito l'umiliazione dirigendo la prua a terra.

Arrivo dove l'acqua e la sabbia si contendono lo spazio, ho nuotato troppo a lungo e non l'ho vista arrivare, eppure so che è passata, lo sento, vorrei poterla vedere sperando mi si accosti e non si scosti molto da quel che mi aspettavo, come farò, mi chiedo, poi abbasso gli occhi e mi è tutto più chiaro, mi ha lasciato un messaggio, inequivocabile, simbolo di rinascita e femminilità, la sua conchiglia, ed è come se mi avesse lasciato il suo numero di cellulare.

 
Riccione, Luglio 2015, Venere lascia sul fondale sabbioso il suo ventaglio dorato per M 50&50, una sorta di messaggio nella bottiglia, perché, come dice l’artista borderline che mi ospita, in una bottiglia e in una persona (ma anche in una conchiglia) non sai mai cosa ci possa essere veramente dentro, ma bisogna crederci, come i pellegrini sul cammino di Santiago.

M 50&50

lunedì 3 agosto 2015

L'Asino e il Beaufort


Gianluca Strobino, direttamente dalla Salle Empire dell'Hotel de Paris di Monte Carlo, Giorgio Servetto, residente chef alla Locanda dell'Asino di Alassio, Ruben, l'importateur, Mattia, le Maitre

en plein air

Cominciamo bene

proseguiamo

abbiniamo ... qui lo chiamano Massimo, ma NON è uno scherzo pessimo

Mattia, non uno da inclinazione per la spiaggia

apprezziamo

Supervisiamoci

ci stupiamo

guardiamo

e finalmente mangiamo ... salmone e Bloody Mary

St. Jacques, salsa Champagne, tartufo nero, bietola acidulata. Carota? No, io non l'ho vista

Strobino travestito da Ducasse

Finferli, fiori di zucchina, spinaci, bietole, burro ... tutto per un raviolo immaginario

Il cavallo di battaglia di King George: cipollotto, polpo e fagioli

Fragole e Beaufort demi sec, una roba che ti stende

Pretty woman senza Richard Gere cosa sarebbe  in retorica stretta ?

Solo un esercizio di stile degno di una pasticceria haute de gamme 

Un esercizio di stile très haute de gamme


gdf