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mercoledì 3 dicembre 2014

Oliver Piras : chef Emergente Nord 2015


gdf

I piatti vincenti del concorso

Impegno e responsabilità. Ogni anno di più, perché negli ultimi anni i giovani chef arrivati ai piani più alti della classifica dell’evento di Luigi Cremona, nel breve o nel durante hanno avuto indietro oltre ad un'immagine ed una visibilità notevole, anche una bella stellina Michelin da esibire ben prima del compimento del trentesimo anno. Alludo a Diego Rigotti, a Matteo Metullio o a Massimo Mentasti, per fare tre esempi recenti o recentissimi. Michelin nel futuro, ma anche quella del passato con cui condividere o contraddire valutazioni e pareri.

Non sarà un caso, certo, però alla lunga pesa. Per la quarta, o forse è già la quinta volta consecutiva che mi sono trovato a condividere il tavolo della giuria con personaggi di grande spessore e corredati da esperienza gastronomica assoluta, che per esempio si chiamano Fausto Arrighi, ma lunedì a Milano, un sedia dietro, c’era anche Roberto Restelli; i due lussuosi pensionati Michelin a giudicare i futuri chef italiani che saranno famosi . E poi ho rivisto Mauro Colognese de L’Espresso, ma anche Alberto Schieppati e altri che si sono presi la responsabilità collegiale di individuare il prossimo candidato a seguire le tracce dei giovani o giovanissimi che stanno velocemente cambiando il volto dell’alta cucina italiana.

Oliver ed il suo porro nella zolla di terra di cipolla

Ma il protagonista alla fine è stato Oliver Piras e non noi. Oliver ha colpito nel segno con piatti apparentemente scomposti ma ben centrati nei sapori, conditi di minimalismo ed originalità. Una Villeroy d’agnello a freddo con rosmarino incendiato e un porro arrostito ed inserito in una zolla alla cipolla, affiancato da due gocce di salsa canaglia che non hanno lasciato indifferente la giuria. Le salse vincono sempre, anche quando sono appena accennate o messe lì a lato, a fungere da contrasto piuttosto che da complemento, senza essere tropo invadenti come la consuetudine del periodo consiglia. Anche a puntini o a virgole, tanto il Maestro Marchesi per ora non si vede all'orizzonte della manifestazione. Lui non gradirebbe, ma se ne dovrà fare una ragione.

Vincenzo Manicone, Guglielmo Paolucci e Luca Caviola osservano il sorridente vincitore

Tema fisso l'agnello, a cui aggiungere ingredienti comuni inseriti in una scatola misteriosa.
Il secondo piatto assolutamente a tema libero. Questi sono i due di Manicone. L'agnello è quello in basso, come fossero dei piccoli hamburger con carciofi, nocciole, yogurt ... quello sopra è uno scamone con cardi fritti e maionese all'aglio


Si scattano le foto ai piatti con qualche difficoltà di postazione

I piatti di Caviola, con le costolette d'agnello ben arrostite  (in alto) rilevate tra l'altro da liquirizia, filo comune di molti piatti presentati nella finale del concorso, In basso la sua buonissima focaccia/pizza di carne salada e crema di formaggi ... 


I piatti di Guglielmo Paolucci, ricchissimi di ingredienti. Qui sopra un tenerissimo coniglio su salsa di peperoni, carote e molto altro. In basso c'è dell'impalpabile crudo d'agnello, crema di paccheri, liquirizia e ....



Non potevano mancare i vini de La Torrazzetta di Borgo Priolo per brindare e bagnare i piatti e la presentazione della Guida Touring 2015, con la presenza di un vero parterre de Rois. Almeno un centinaio di chef stellati e non, giunti da tutto il nord Italia ( e almeno 4 tre stelle a occhio ) hanno onorato l'impegno del magnetico Luigi Cremona,

E infine un selfie mal riuscito con il mio prestigioso compagno di banco in giuria

gdf

giovedì 6 settembre 2012

A.A.A. Assolutismi rifiutasi


Massimo Rating. Tanto l’hanno già definito Massimo di ogni scibile terreno. Non si offenderà mica di essere valutato più di una nazione? Potevano mancare i tortellini AAA+? Anche questi certamente al Massimo, almeno da come li ha lanciati Bonilli dalla Gazzetta Gastronomica, al top di categoria con straordinaria enfasi, ma sicuramente meritata. Lanciati e alzati sotto rete: non vi sia sfuggito il fine gioco persuasivo tra la rana e il tortellino, ma finora nessuno è andato su a schiacciarsele a due mani.

Da Tripla AAA in Tripla AAA, ma stavolta la Velier non c’entra niente, ahimè, pas de Sophie. Le Triple AAA stavolta sono quelle di un cuoco self made che arrivò nella considerazione di alcuni divulgatori gastronomici - nel suo piccolo -  ( e  non è una battuta ) ad una stella Michelin e a 16 /20mi. Da lui non era raro incontrare un Raspelli, un Restelli, un Vizzari o un Massobrio. Piano con le allusioni, il Maisobrio era io, una delle colonne portanti del ristorante del Tripla AAA: Angelo Antonio Angiulli.

Tortellini, raviolini, cappelletti, plin. Chiamateli come volete. E  allora? Niente di nuovo?  No, niente di nuovo si potrebbe pensare. Era il tempo dei cuochi TDM, non pochi, o li assecondavi o finivi fuori dalla porta.  Microravioli di piccione in doppio ristretto di piccione. Sei carni bollite o non bollite, arrostite o non arrostite, e poi inserite non solo in un involucro di pasta, ma anche in sei diversi involucri vegetali. Sei foglie di verdure diverse scottate e farcite di sei carni diverse prima di essere bollite in un grande brodo. E poi servite asciutte o condite,  tartufate e/o in brodo. Dove? Tra Biella e Vercelli, terra di risaie e rane.

Ma Angelo Antonio Angiulli non pensò alle rane. Fu quella la sua mancanza.  Meno male che ci è arrivato venti anni dopo il Massimo Rating.