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lunedì 10 settembre 2012

Reale


- del Guardiano del Faro -


Salendo per la prima volta al Reale di Niko Romito provenendo dalla Costa Adriatica stavo perdendo la pazienza. Non mi piace crearmi delle aspettative, perché lo so che saranno quasi sempre dapprima illusorie e poi disattese, ma la lunghezza di quella strada percorsa al tramonto spingeva la mente a trovare riferimenti che fossero diversi da un paesaggio, si molto bello e selvaggio, ma anche così insistente nel tempo da divenire martellante, mentre io cercavo orizzonti diversi. Spostavo i pensieri verso distrazioni che non imponessero al cervello di cominciare il gioco subdolo dell’attesa e delle aspettative. Tra chiacchiere e pensieri si stava arrivando al valico. E fu così che giungendo all’Altopiano delle Cinque Miglia mi apparve nella luce infida del calar del sole l'esile sagoma di Michel Bras intento a raccogliere funghi ed erbe spontanee.




La prima volta che salii da Michel Bras era approssimativamente il 10 di Luglio 1988. Arrivai nel pomeriggio, alle 17.00,  e mentre consegnavo il documento al ricevimento arrivò il magrissimo Michel in intrepido abbigliamento da randonneur  con tanto di cestino colmo di erbe e funghi che aveva appena strappato dalle radici dell’Aubrac. Salutò in maniera schiva e non vedendo fotografi o giornalisti appostati si allontanò velocemente dai clienti distesi sui divanetti intenti a leggere i suoi primi scritti e si diresse veloce come  un gatto in cucina.

Nonostante la visione di funghi, erbe, radici, frutti e tuberi sconosciuti - abbagliato dalla gran carta e ancora intontito dalle terribili strade percorse - non so bene il perché ma ordinai degli scampi agli agrumi. Ripresomi fisicamente e mentalmente, grazie alla bella acidità della salsa, mi sorpresi a immaginare dove potesse atterrare l’elicottero che consegnava giornalmente quegli scampi dell’Atlantico e perché mai quegli scampi dovessero apparire in un menù come quello di Bras. Non trovando risposte confortanti ripresi in mano la carta e ordinai  un piatto con le “verdure dimenticate” e un pezzo de boeuf de l’Aubrac con tutte le erbe, i funghi e le radici immaginabili, e così cominciai a capire la filosofia di un grande chef.




Osservavo l’altro giorno un commento di Maurizio Cortese condiviso da Stefano Bonilli sulla Gazzetta Gastronomica  riferito al probabile motivo per cui Lopriore al Canto di Siena non avrebbe mai convinto la Michelin e che  ora  rileggo : “ perché trovai la sua cucina troppo cerebrale e nel contempo avulsa da un territorio di così forte personalità “. Allora ho pensato per un attimo agli scampi in salsa di agrumi di Michel Bras e alle sue due stelle dell’epoca, ma anche a tutto il resto che lo portò alla terza.


Sceso dall’auto a Castel di Sangro invece che a Laguiole, una volta resomi conto di dove stavo e nonostante le gambe posteriori fossero ancora malferme, ho trovato il modo di mettermi comodo a tavola; e dopo i convenevoli d’obbligo, mi sono apparse davanti ostriche e scampi crudi: da Romito! Appena sotto un altipiano sui 1250 metri sul livello del mare che non è l’Aubrac ma che sta comunque nel cuore verde dell’Italia. 

Cancellai dalla mente l'immagine onirica di Romito che scendeva a piedi dal Monte Zurrone con un cesto di funghi ed erbe spontanee, cercando più concentrazione sulla realtà del Reale. Per un momento sono andato nuovamente in confusione, al punto di tirarmi addosso il succo delle due grosse ostriche che stavano in una delle coppe Martini senza Martini che ho affrontato lungo la cena. Scampi e ostriche qui non sono evidentemente abbastanza avulsi e cerebrali da far mancare non una, ma due stelle, perché sono due ingredienti molto adeguati per costruire due piatti snack molto buoni.



Lo so, non è bello fare paragoni, è da sempre che cerco di evitare di farli, ma che ci volete fare, se non fosse stato per quell’apparizione sull’Altipiano delle Cinque Miglia non ci sarei cascato, ma ormai era li con me, e ho dovuto condividerne i pensieri. Come ho mangiato da Romito? Da Romito si mangia meglio che dall’ultimo Bras, da Sebastien Bras intendo, anche se la location può lasciare un po’ coitus interruptus; insomma, sembra che i lavori – ad un anno dall’ apertura - non siano ancora finiti all’esterno, così come in alcuni spazi comuni, sala ristorante inclusa, troppo vuota. Ma le camere no, quelle devo dire che non sarebbero causa di nessun interruptus se la compagnia fosse buona. Ma tutto quel bianco, quella mancanza di interruzione di colore e di acustica negli spazi comuni non mi è garbata, così come i tavoli troppo grandi e disagevoli per il servizio e per la conversazione, e che comunque non riescono a colmare tanto vuoto in tanto spazio.




Su stelle e medaglie concordo, nel suo complesso Il Reale vale la deviazione, ma che deviazione! Sui numeretti potrei invece  insorgere, perché non ho trovato corrispondenza con quanto ho potuto leggere qua e là. Convincente la ricerca delle concentrazioni, la capacità di stringere e francobollare i sapori e il discreto impatto scenico delle composizioni, piccole e concentrate, quindi non tutte efficacemente replicabili in eventuali porzioni alla carta. Al contrario non ho molto gradito l’ormai cronica e comune deriva dolce e le diverse consistenze inconsistenti.

Questa deriva continua a non convincermi, qui come in tutta la nouvelle vague modaiola del sucrè salè senza molto da masticare e dove anche la dolce carne d’agnello si può succhiare. Acidità?  Quasi impercettibili fino all’ultimo dessert ( ottimo ) mentre  le note amare più importanti sono arrivate nel penultimo dei dolci. Non è neppure l'opinabile minore aderenza territoriale attesa che spaesa e disorienta, ma è il "totale" dell'esperienza che può lasciare in fondo al  palato un senso di incompiuto; si, devo ammettere che mi è mancata qualche certezza. Cosa volete farci, cerco di capire, penso di aver capito, ma non mi adeguo. Maledette aspettative!  Maledetta pigrizia!


Chiudo con un sincero applauso a Gianni Sinesi, sommelier professionista e consulente, con il quale ho potuto confrontarmi anche il giorno dopo. Soli 28 anni e una solidità e una sicurezza rara per reggere un ruolo così delicato in una situazione così’ importante. Gianni sarà il mio prossimo candidato per premi e coccarde da conferire a chi, nel tempo degli Star-Chef, riesce a far emergere con modestia e carisma il "mestiere" del regista di sala.




E adesso qualche piatto: le didascalie saranno incomplete mentre la punteggiatura è già stata giustiziata sommariamente da qualche minuto, perché non è mia abitudine  prendere nota di quello che mangio e perché scrivo di corsa.   Già la Nikon basta per farsi notare ma per ora mi diverte. So che gli chef amano ancor meno vedere distratti commentatori con taccuini riempiti di appunti nei primi quindici minuti  - e poi abbandonati sulla sedia accanto - e che a fine pasto domandano un menù dettagliato da portarsi via perché si sono dimenticati quasi tutto. Ed è per questo che me li voglio ruffianare decidendo di ricordare solo quel che mi ritorna in mente sedimentando, anche un giorno dopo, una settimana dopo, o una ventina  di anni dopo se ne vale la pena.


Stavo parlando di lieviti indigeni con Leonardo, ma questo sapeva di piselli, di gelato di piselli, tegola di parmigiano...


Panino di scampo crudo con insalatine croccanti e salsa rosa agrodolce, l'evoluzione del cocktail di scampi anni'80


Cremoso di baccalà alla polpa di olive... come una leggerissima brandade


Ostriche, granita di mela...



Carne cruda all' olio, ( dragoncello? ) e maionese al lampone


L'assoluto di cipolla, molto intenso e dolce, pistillo di zafferano che va nella stessa direzione e bottone di pasta al  parmigiano ( probabilmente molto stagionato )  molto incisivo a caldo al palato ma poco elegante al naso. 


Animelle, panna, limone e sale: da sistemare per carenza di acidità 




Gel di vitello,  porcini secchi, mandorle, timo e tartufo nero. Gli chef lo sanno quando hanno preso il bersaglio in centro, e quindi questa piccola preparazione che sa di sottobosco è anche l'attuale immagine d'apertura del sito del Reale, ottimo snack. Geniale e territoriale. Secondo me il sentiero giusto da percorrere sarebbe questo...


Dolci e delicati capellini al pomodoro


Ravioli di piselli, pomodoro e parmigiano


Maschi ravioli di capocollo laccati! 


La dolce melanzana arrosto


Agnello al latte e fumo... mah...


Un finale sull'amaro... da provare...


E uno sull'acido pungente: sorbetto o gelato ?  di zenzero e frutti freschi. Eccellente dessert per chiudere in freschezza.




Fare una cucina contemporanea non è ne' uno sport estremo ne' un fashion style da rinnovare per forza ogni mezza stagione a beneficio degli stilisti milanesi avanguardisti che istigano al rischio - degli altri - per il loro beneficio di rinnovata immagine mattutina.



- gdf,  il vostro cameriere on-line -