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giovedì 28 agosto 2014

La passion du sud

del Guardiano del Faro

Mi piace riguardare le vecchie guide, perché sono piene di spuntini già metabolizzati, da ricordare con piacere, o magari no, però in ogni caso fanno parte della storia itinerante di questa vita, che già per più della metà ho dedicato alla cultura del cibo e del vino.

Questa però non può definirsi né vecchia né storica e rileggendola a breve distanza di tempo si rivela essere semplicemente obsoleta. C’è scritto 2013. Come dire : nove mesi fa? Eppure a rileggerla, a riguardarla, sembra vecchia di cinque anni. E volendo analizzare le valutazioni anche a epoche anteriori. Chiaro, il reperimento delle informazioni risale al 2012, e quindi rivedendole oggi ci si rende conto di quanto il cartaceo rincorre inutilmente il web, quando non è il web che si impegna a fare il contrario. Succede ... succede ...

Le Guide Gantié magari non sarà molto conosciuta fuori dai territori di pertinenza, ma chi non ne ha mai sentito parlare sarebbe stupito dalla notorietà e dell’autorevolezza che gli è riconosciuta in tutto il sud della Francia.

Le Guide Gantié è il riferimento laggiù, anche di più della Michelin (roba da fighetti parigini per loro), perché si occupa essenzialmente di recensire ben 800 buone tavole e 500 prodotti gourmands che abbiano un riferimento circostanziato a quattro regioni confinanti tra di loro : Provenza, Costa Azzurra, Piemonte e Liguria. Anche qualche disponibilità di camere amplia e conclude l’orizzonte di ospitalità, del farniente proverbiale di ogni flaneur provenzale.

Saggiamente propensa ad evidenziare le tavole emozionanti e dove si spende il giusto ricorda comunque alcune grandi insegne presenti di qui e di là delle Alpi Marittime, evidenziate in unica icona botanica replicata da una a quattro volte.

Sembra un pacifico rametto d’ulivo, ma potrebbe anche far pensare ad una fronda d’alloro. Allori, i più eclatanti, conferiti in questa edizione a soli tre ristoranti che rientrano nei confini della circa 600 paginette scritte fitte fitte.

Di fitta me ne prende una a me allo stomaco e una al colon scoprendo che tra i tre top, oltre al sommo Louis XV di Montecarlo e a la grande Petit Nice di Marsiglia viene annesso di diritto sinistro La Bonne Etape di Chateau Arnoux, autentico dinosauriato di cucina.



Per quel che ci riguarda riscopro quanto conti per loro (e anche per me a dire il vero) il servizio di sala e chi la governa; questo aspetto modula e influisce pesantemente sul giudizio complessivo del ristorante in maniera decisiva a ben leggere, ed è così che il miglior indirizzo dove mettere i piedi sotto il tavolo in Liguria è considerato La Conchiglia di Arma di Taggia del Maestro di sala Giacomo Ruffoni; e in Piemonte, quasi di conseguenza, uno dei rarissimi top non poteva essere altro che Il Sorriso del mitico e ineguagliato Angelo Valazza. A pari merito con Il Duomo di Alba, va sottolineato. Villa Crespi è vista come una buona tavola di qualità, così come gli altri bistellati piemontesi, fino alla chicca rappresentata dalla parità numerica di rametti d'ulivo tra il Combal e il Consorzio, per dirlo in accento torinese.

Tra gli strafalcioni belinensi abbiamo in evidenza "Il Vescovadola" di Noli, o il Margunaira di Ventimiglia trasferito forzosamente a Sanremo, cosa che non mi dispiacerebbe viste le carenze alimentari del luogo. E Flavio Costa? Tanto per mettere sale sulle ferite, trattato alla stregua di un oste proprietario di un emozionante bistrot eno gastronomico.


Torno un momento sull’attualità, nel senso delle informazioni obsolete, tanto che nelle sole prime pagine dedicate alla regione del Boomerang sono subito almeno sei i locali recensiti e già scomparsi, ma si sa, il cartaceo non ce la può fare contro il web, salvo quando il web si comporta pigramente e riesce a scendere al medesimo livello di attualità, pubblicando recensioni di ristoranti visitati tre, quattro, o anche sei mesi fa, nascondendo pudicamente ormai anche la vera data di passaggio dell’ispettore anonimo ( rido ) ma rilevabile -la data- guardando con attenzione le foto, e interpretando con arguzia il testo.

La stagionalità dei prodotti richiesta dal recensore al ristoratore, poi non è rispettata dal recensore nel momento di produrre e pubblicare un articolo cotto e mangiato, ristoratore o chef che quando vedrà il reportage che lo riguarda messo in pasto agli squali avrà già cambiato la carta non una ma almeno due volte. Carta che una volta stampata per una Guida riesce almeno a strappare un sorriso invece che incitare a tirare un pugno sulla tastiera.

gdf