sabato 28 luglio 2018

Il pranzo della domenica : impressioni



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Il pranzo della domenica: impressioni


Della cucina di Ribaldone conservavo il piacevole ricordo di un viaggio impossibile: il famoso risotto alle spezie, dimostrazione per assurdo che il giro del mondo può raccogliersi tutto nella circonferenza di un piatto. Tesi ardita che, forse, a parole spaventa, ma che, ai sensi, incanta. In particolare conservavo il ricordo dei profumi: giustapposti, messi intenzionalmente nella condizione di esprimersi appieno ed entrare in contrasto fra loro; odori che richiamano luoghi esotici e terre di casa, tutti insieme, a litigare e abbracciarsi, verso una sintesi di bellezza ulteriore, che è ancor più delle singole parti. Una fusione di opposti, essenziale e totalizzante, che sfida i confini del tempo, superandoli. Domenica, mi sono sentita così sulla soglia dell’Osteria Arborina, tra le dolci colline di La Morra: sospesa nel tempo.


Ad accogliermi è stato il profumo di lavanda, libero e sovrano nell’atmosfera limpida e sfumata, di bellezza inafferrabile. Il rumore che mi portavo in testa da Milano ha incontrato il silenzio, cornice assoluta di tutto questo splendore: caos e silenzio si sono scontrati e poi ripresi, nella danza atemporale di opposti che è il fil rouge del nostro racconto nonché forza creativa nella cucina di Ribaldone. All’ingresso dell’Osteria Arborina, l’atmosfera rarefatta, quasi onirica, fa riaffiorare alla mente ricordi lontani:“Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane[1].


Il colore tenue della lavanda in fiore si staglia, impeccabile, sul verde brillante dei vigneti di Barolo. Quasi come in un quadro impressionista, l’aria è rarefatta e vive in virtù della luce che la colpisce, trasformandola in un ebbro susseguirsi di pennellate cangianti. L’occhio è travolto e la mente offuscata: rimane il dono di un’immagine indelebile, che permarrà oltre il tempo e lo spazio.


Osteria Arborina è inserita nell’elegante contesto dell’Arborina Relais, un boutique hotel dotato di una piccola spa e di una piscina mignon all’aperto. Elementi in metallo, pietra e legno si combinano armonicamente in una struttura di design che sembra emergere in piena naturalezza dalla collina in cui è incastonata. Trasparenze, volumi e consistenze, plasmati ad arte, si fondono con l’ambiente circostante in una sorprendente continuità che non sembra opera umana.


Della carta, mi colpiscono in particolare tre creazioni. Primo è l’antipasto di scampo arrostito a la plancha, servito con barbabietola e umeboshi: un bouquet di colori e note olfattive che regala al palato un tripudio di consistenze e sensazioni lungo il continuum tra morbido e croccante, dolce e salato, acido e delicato.


Poi, gli spaghetti ostriche, mandorla e rafano: storia di un viaggio in mare che si conclude vittorioso portando a terra la più preziosa delle perle; l’ostrica è glorificata in un piatto raffinato e femminile che abbina l’intensità del rafano alla candida dolcezza della mandorla.


Last but not least, il piccione con ceci e aglio nero: si temeva fosse scontato e, invece, si è rivelato sorprendente; in un piatto forse un po’ dispersivo alla vista –tavolozza di colori e linee –è espresso il principio di un’esecuzione impeccabile, perfettamente equilibrata.


Il mio pranzo della domenica in Langa ha preso il via, curioso, da una bollicina di Nebbiolo, fresca, briosa e fragrante, per concludersi sereno, nobilitato e riflessivo davanti a un calice di saggio Sauternes: “Basta che un rumore, un odore, già uditi o respirati un tempo, lo siano di nuovo, nel passato e insieme nel presente […],perché subito l’essenza permanente […] delle cose sia liberata […]. Un istante affrancato dall’ordine del tempo ha ricreato in noi, perché lo si avverta, l’uomo affrancato dall’ordine del tempo[2].





[1]La Pioggia nel pineto, Gabriele d’Annunzio.
[2]Alla ricerca del tempo perduto, Marcel Proust.



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