sabato 20 agosto 2016

Il salto della canocchia




Marco 50&50



Superato, con danni non quantificabili, il periodo dell’ “oggi cucino io”, saltuariamente preparo per due o multipli, una spaghettata con gli scampi, così difficili da trovare ancora vivi.

Aglio, olio, pomodorini, prezzemolo, un po’ di peperoncino, i soliti ingredienti insomma,  per una cottura breve ed una veloce spadellata a fuoco vivo che possa consentire di terminare l’ultima forchettata, dei centocinquanta grammi pro capite, ad una temperatura ancora accettabile.

Bisogna sporcarsi, per gustare questi piatti a fondo che preferisco servire in un grande piatto piano, se ovale, come la stanza è meglio, perché dopo bisogna succhiare con calma e metodo, senza fretta ma senza pause.

Anche le canocchie, più facilmente reperibili ancora vive, possono essere cucinate allo stesso modo, sia intere che parzialmente sgusciate e tagliate a pezzi, il destino dei crostacei, acqua bollente o padella è questo, ma le canocchie vive, messe a cuocere nel sughetto bollente non le faccio più, questo da quando mi sono letteralmente sgusciate fuori dalla padella, più veloci loro a saltare che io col coperchio a chiudere la via di fuga.
Avrei dovuto rendere onore al merito e riportarle in mare, oltre la nebbia e il Turchino…

Qualche giorno fa sono tornato in Romagna, con una magia ho trasformato un insulso Ferragosto Milanese in una quattro giorni riccionese che ha sempre un suo sapore, come ogni volta quando arrivo al casello e lungo Ceccarini “alto” che dalla statale porta in centro riconosco il profumo di un luogo che ormai, un po’, mi appartiene.

Qui la ristorazione, negli anni, non ha fatto grandi passi in avanti, ma nemmeno uno più lungo della gamba, mediamente bene si mangia ovunque, meglio scegliere quel che cucinano da sempre: spiedini di calamari, sogliole, canocchie e vongoline dell’adriatico, una codina di rospo, un rombo chiodato, le cozze del promontorio (e Parco) di San Bartolo, passatelli, tagliolini, cappelletti, strozzapreti, spaghetti col Grillo (molti hanno l’acquario con gli astici), verdure cotte o gratinate, fornarina col rosmarino, piada.



Riccionesi e mezzi riccionesi trovano conforto in un locale che, come aspetto, come cucina e come prezzi, è fermo negli anni.
Striminzita la proposta dei vini e la dimensione di alcuni tavoli destinati a quelli che non sanno che la prenotazione, spesso, è indispensabile.

Il personale è veloce e gentile, lo staff è romagnolo, capita di aspettare un po’ a volte, ma in cucina non fanno MAI uscire un piatto freddo, tiepido o “passato di cottura”.
Si cena volentieri, senza pretese, al Ristorante dei Mille, dove fanno anche la pizza, ci sono stato quattro sere di fila prenotando saggiamente un tavolo all’aperto, tornerò e mi farò servire & consigliare da Franco, lui sa quando ci sono i granchi, i primi funghi, un bel rombo, si cena fino a tardi e per tardi intendo orari riccionesi quando il profumo della pizza in notturna (pomodoro capperi e origano)  si confonde con quello dei pini marittimi e dei ricordi adolescenziali.



Mezzo toscano in versione mezzo riccionese & sognante, dopo l’ottimo antipasto di canocchie, i superlativi tagliolini alle soglioline dell’Adriatico e qualche calice di troppo di frizzantino della casa.

M 50&50

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