mercoledì 22 aprile 2015

Piatti dimenticati


Marco 50&50
Miao.
Sguscia, se ne va, non prima di avermi graffiato, impensabile costringerlo al soggiorno obbligato sul divano del soggiorno.

Il caporedattore dell'Eco di Biella pubblica in data odierna un elenco puntato e numerato poi mi chiede un pezzo su quei piatti e su quegli ingredienti usciti, o rimasti a lungo in classifica, per motivi inspiegabili, in realtà mi si chiede di spiegarne i motivi, stilo una prima distinzione tra vintage, modaiolo, evergreen e old fashioned e un piccolo elenco sui toni rosa e orange del pepe, dei gamberi, della salsa aurora, di quella cocktail, dei cocktail con lo spicchio d'arancia e dal colore in tinta, del salmone e del sushi.
Scrivo in totale isolamento.

Perseguire l'obbiettivo, guardare dritto, in avanti, niente distrazioni né azioni di disturbo, non devo dimenticarmi del pollo, alla diavola e alla cacciatora, nostalgica accoppiata vincente.
Ma la mente, come il gatto, non sente ragioni e non accetta di viaggiare docile sul binario, hai voglia a tenere lo sguardo dritto, la visione periferica mi riporta indietro, nella periferia milanese, che io lo voglia o no.

Pensavo, convinto (invece vinto) di essere forte, credevo di essere riuscito a rimuovere, a cancellare il ricordo invadente ma devo aver usato una gomma pane e, inavvertitamente, me la sono mangiata senza lasciarle il tempo di portare a termine il suo compito.
È bastato il nome indimenticabile di un piatto dimenticato, la mia diligenza vacilla, assalita dagli indiani metropolitani, il post sui piatti dimenticati perde consistenza, mentre il ricordo aumenta di volume mettendo  a rischio la tenuta delle casse e l'udito del sottoscritto.

Arriva un primo colpo alla cintura, seguito da un colpo di disturbo alla Nutella, il locale sul Naviglio mi colpisce alla figura, non schivo, non paro, non reagisco, abbozzo un movimento laterale ma l'estrema periferia milanese avvolta dalla nebbia e dall’umidità notturna è un diretto al volto che mi spinge alle corde, stoffa rossa a fiori, dò corda al ricordo, un gancio potente da distanza ravvicinata e mi ritrovo a terra nel ristorante orientale, vedo le stelle di una serata estiva e mi rivedo in macchina veloce nel buio, il lavoro un soffio, poi l'uno due che non mi dà scampo, vacillo col detective mandato sulle mie tracce, il portiere d'albergo che ci riconosceva a vista mi mette al tappeto con un montante come la marea dopo la tempesta, una tempesta di colpi mi sballotta sembra una mareggiata di fine estate, quella che segna l'arrivo di aria diversa, più fredda la temperatura nella stanza nella quale si è riversata quest'onda anomala, questo fuori onda dal mare, questo ricordo lontano nel tempo, fuoco dai contorni un po' sfocati che mette i brividi, dolce tradizionale dell’Epifania nel nord della Francia ed Epifania di un ricordo perduto e dimenticato, che invece mi aspettava a bordo ring  per parlarmi piano, con la erre alla francese, come un dessert fuori dal tempo.

M 50&50



2 commenti:

  1. E' la giustificazione più lunga che io abbia mai letto per il mancato svolgimento di un compito a casa.
    Alba

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    1. È fatto così, per meno di duemila battute mi tiene il muso...

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