martedì 29 aprile 2014

Mirazur anno ottavo, undicesimo al Mondo e primo di Francia per la 50 WBR

Riprendo velocemente oggi questo report di nemmeno due mesi fa, lasciandolo tale e quale nel testo, perché quel che è scritto e scritto, anche se sul web sarebbe modificabile facilmente la realtà, come le opinioni che corrono e si rincorrono. Lo riprendo al volo, senza curarmi troppo della forma e della precisione. Quando l'attualità chiama è meglio essere più rapidi che precisi.

Dunque, quest'anno la classifica dei World '50 Best Restaurant San Pellegrino vede inserito il Mirazur addirittura nel ruolo di numero UNO di Francia. La cosa non può passare inosservata.

Questa classifica non ha mai privilegiato le altissime qualità della cucina francese e dei suoi ristoranti, che in condizioni diverse potrebbero tranquillamente occuparne la metà dei posti tra i primi cento, ma l'attenzione dei giurati viene giustamente diversificata intorno a tutto il pianeta, dando visibilità e rilievo a tante realtà che in giro per il pianeta si sono messe nelle condizioni di essere ben distinguibili, anche con merito intrinseco e non solo per scopi geo-politico-economici.

Dunque perché per la '50 WBR l'eccellente ristorante di Mauro Colagreco è il migliore di Francia? Non mi piace dare risposte, preferisco arrivarci per ragionamento, poi vedete voi cosa pensare. Numero 11 del mondo anche se sta in Francia, nazione che evidentemente allo sponsor della manifestazione interessa relativamente, se no quelli come L'Arpege, Troisgros, Gagnaire, Ducasse e bla bla non ne uscirebbero a partire dal venticinquesimo posto... e quindi ecco che il primo diventa un mezzo italiano e mezzo argentino che guida un ristorante in bilico sul confine franco italiano.

Io credo che Mauro si renda conto di tutto, e prenda anche questa novità estremamente positiva dandogli il giusto peso, senza montarsi la testa, in attesa di un via libera per la terza stella. Tutto fa, ma tanto ha fatto lui e chi per lui dietro le quinte, e senza movimenti fragorosi, lavorando di fino.

Si chiamano pubbliche relazioni, sono quelle che hanno lanciato anche Cracco o Cannavacciuolo da noi per intenderci. Lo dico ai cuochini ambiziosi e che vorrebbero uscire dalla mediocrità: ragazzi, se veramente volete venirne fuori dal limbo, anche se siete bravissimi a cucinare, cominciate a pensare in questa direzione, tramite uno sponsor, o per conto vostro, ma comunque un investimento lo dovete fare per venirne fuori. Non sono io a dirlo, è questa classifica che ve lo dice.

gdf



del Guardiano del Faro



Una robusta copertina ed una tenace rilegatura, prima di tutto questo, così che i contenuti accumulati nel tempo non si sfaldino, non si disperdano, non si dimentichino, ma invece si addensino progressivamente, un foglio sull’altro, capitolo su capitolo.

L’ottavo capitolo di Mauro Colagreco, qui a Menton, si apre pieno di certezze, dopo che a cavallo tra il sesto ed il settimo sono arrivati tutti i riconoscimenti che la Francia può consegnare ad uno chef. Cosa manca? La terza stella, si, ma per quella, ormai a vista, bisognerà chiedere il permesso ad Alain Ducasse.

Due stelle Michelin, parecchi cappelli Gault&Millau, il titolo di Grand Chef  Relais & Chateaux, un posto tra i primi trenta ristoranti al mondo per la WBR San Pellegrino. Ma Mauro guarda avanti lo stesso, conscio che sono gli investimenti, i miglioramenti e la cura del dettaglio le cose ancora migliorabili, quelle che potrebbero farlo salire ancora più su.

Intanto questi tavoli in ulivo massiccio, che lanciano un messaggio che parla di concretezza e di profonda aderenza territoriale, di calore e di essenzialità, di gusto sobrio e conciso, concreto e conciso.

La bellezza di un menù degustazione costruito secondo canoni classici, alla francese, ma con quel plus di tango non troppo malinconico, alla Piazzolla, con ritmo e movimento non troppo lento.

Barbagiuai croccante farcito di tapenade, tutto in due centimetri quadri

Polenta soffiata con mascarpone agli agrumi di Menton

Un ditale, non più grande di un ditale. Barbabietola dolce e salata con formaggio di capra.

Un aperitivo alternativo, quanto mai adeguato

Il classico servizio del pane e dell'olio aromatizzato di Colagreco, al limone e zenzero...

... e il sobrio servizio del burro, questo proveniente dalla provincia di Cuneo

Sauvignon e Marsanne, uvaggio originale per il sud del Rodano, ma che chiude bene il cerchio sulla sublime ostrica con variazione di pere e crema di latte allo scalogno.


Imperiale e non meno che imperiale l'impalpabile cappuccino di cavolfiore in diverse consistenze, con anguilla affumicata e caviale, appunto, Imperiale

Dalla regione limitrofa, altro uvaggio riuscito, tra ugni blanc e rolle, ottimo sul prossimo piatto

Servizio del pane sugli standard Relais Gourmand

La zampata dello chef: oloturia a la plancha, nocciole tostate, aglio selvatico e purè di aglio e limone

E ancora, foie gras grigliato mi cuit alle rape bianche; brodo di anatra chiarificato e acidificato

Un sauvignon dalla Loira andrà benissimo

Filetto di dentice con le cozze, salsa di zafferano, finocchi brasati e punti acido amari di lime.

Sono quei tre puntini di acidità che riequilibrano tutto il resto.

Il maialino con la sua cotenna croccante, jus di porco e porri alla senape.

Sirah e Grenache per un altro valido abbinamento, bravo anche il giovane sommelier

Il dettaglio sullo spessore minimo del trancio, e la precisione del taglio, la densità delle salse... io vorrei che tutti i cuochi che stanno guardando questa immagine si soffermassero a lungo e ci meditassero sopra a lungo

Un punto di incontro tra un formaggio e un dessert

E' un Munster, formaggio Alaziano, o dei Vosgi, lavorato tra due ostie dolci e trasparenti, aromatizzate al cumino. Intorno un ricamo di miele d'acacia

Semplicemente limone e finocchio

Mollica di sesamo nero, scorza croccante e gelato di topinambour, miele di castagno e crema inglese al curry. La spugna servirà per far scarpetta della crema inglese al curry ;-)

Cioccolato alla fava di Tonka

Frivolezze di macaron e di gelatina di carote

Questo l'ho già visto... al Louis Xv, tale e quale, contenuto e contenitore. E dello stesso colore. Sarà un caso? Sarà un messaggio?



gdf

6 commenti:

  1. I cuochi,(si fa per dire cuochi,parlo per me ovviamente),hanno visto,che dire, davvero dei piccoli capolavori stile P Hermé versione cuisine.Vini non commento, che per me è il solito arabo;)L unica nota stonata,per cercare il pelo nell uovo,è l impiattamento del cappuccino di cavolfiore,quella coppa mi ricorda un po quei gelati industriali serviti sui lungomare col porzionatore negli anni 90,ma è solo una quisquilia;)

    TMC

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    1. Potrebbe trattarsi di un Lalique, o di una coppa alla "russa", dove veniva servito il caviale.... ;-)
      Franck

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  2. Bha, non saprei, ma poteva essere un pezzo di cristallo intagliato di quei tempi. In ogni caso la cura del dettaglio è arrivata al punto che ogni singola preparazione vine presentata nel contenitore o nel supporto più adeguato.

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  3. Sicuramente,sara una di quelle coppe,non credo che il Mirazur lesini,era solo una mia riflessione.Comunque gran Ristorante e ovviamente bella recensione as always.

    TMC

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  4. L’ultimo Verdone si allontana dagli esordi e dal suo personaggio, sembra scivolare a lato della scena e sottraendo aggiunge, la mancanza di un dichiarato protagonismo a vantaggio di una brillante Cortellesi ce lo fa apprezzare maggiormente e quando arriva il colpo di coda arriva con più forza.
    Ho come l’impressione che Colagreco lasci parlare i suoi piatti senza caricarli di ingredienti ed espedienti per mandare qua e là colpi di coda indimenticabili senza fare rumore, e come da Carlo ci lasciamo affascinare da un’espressione, da un accenno di sorriso amaro, piccolezze o meglio dettagli all’apparenza, rimaniamo incantati,
    osservando un monitor, da un Barbagiuai, da una violetta beneaugurante, dal cromatismo della barbabietola e al cospetto del dolce, bianco su bianco, sappiamo che non c’è bisogno di fuochi ne di cuochi d’artificio per capire che anche qui siamo “sotto una buona (bi)stella”
    M 50&50

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  5. quato ne ho bevuto di saint nicolas! è stato il mio vino quotidiano per diverso tempo quando era importato e mi costava meno di 10 euro.

    F

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