Marco 50&50
Era il suo cognome, lei lo portava con Grazia
Con acqua e farina o con l’aggiunta di patate, verdura ma anche frutta, pane secco, uova, sono preparati in modo differente da regione a regione ma comunque e dovunque, poi tagliati in piccoli pezzi tondeggianti, sono bolliti e conditi nei modi più svariati.
Per rimanere in tema, dedichiamoci a quelli con la patata che deve essere cotta con la buccia, sbucciata ancora calda, passata nello schiacciapatate e lavorata con la quantità di farina minima che non faccia attaccare l’impasto alle mani, come per l’aglio nell’aglio e olio la differenza tra appassionati e chef è saper scegliere il momento, ma torniamo al piatto più facile e dividiamo l’impasto, (che dovrà essere poco salato, sodo, liscio, elastico e spolverato di farina) in piccoli pezzi dai quali dovremo ottenere altrettanti rotolini che verranno tagliati per ottenere la dimensione desiderata (a volte piccolo è meglio) e poi posti ben separati su un vassoio, diciamo svariati vassoi, uno dei quali per comodità potrà essere surgelato e utilizzato in una serata dal rientro a casa difficile, il risultato finale non sarà proprio la stessa cosa del “fattiemangiati” ma tra i prodotti surgelabili rientra sicuramente tra i top five della mia personale classifica “i meno peggio da mettere al fresco”.
Ma tiriamo fuori la testa dal freezer e usiamola per decidere come cuocere e condire quelli appena fatti perché la differenza tra un buon piatto ed un piatto approssimato, a parità d’impasto naturalmente, sta tutta qui, la variante dell’impasto morbido inserito in una sac a poche e “sciabolato” direttamente nell’acqua bollente la mettiamo in panchina, una panchina di lusso se la sac a poche è professionale, corta, se usa e getta.
Dunque l’acqua leggermente salata bolle, la pentola è alta, anche larga è meglio, diamo per scontato di aver preparato un tradizionale ma non banale ragù a lunga cottura che ti cattura, magari con qualche fegatino a contrastare il dolce dato da sedano carota e cipolla tritati grossolanamente, eccoci di fronte al bivio, se decidiamo di mangiare un porzione targata Cremona e a tavola siamo al massimo in quattro possiamo anche scolarne pochi con l’aiuto di una schiumarola, distribuirli velocemente nei piatti e condirli con un mestolo di sugo caldo, ma nel mio caso non è così ne mangerò molti, un piatto unico, in tutti i sensi, per cui pentola bassa e larga, sul fondo ragù in abbondanza, fuoco bassissimo, appena riemergono schiumarola e transfer nel sugo, che non deve asciugarsi ma aspettare di essere ricoperto, a quel punto una saltata veloce e relativa distribuzione ancora più veloce nei piatti, se arrivano bollenti beato chi mangerà gli ultimi che saranno caldi quasi come i primi.
Uscivamo quasi tutte le sere, assecondando i ritmi dell'età e gli ormoni che proprio non ne volevano sapere di starsene buoni buoni a casa, i posti erano più o meno gli stessi così come le persone, Navigli, Brera, qualche locale nuovo, qualche nuova conoscenza, conquiste, rifiuti, fine settimana lunghi quarantott'ore, poche di sonno, qualche serata in discoteca, ci si vede alle Colonne.
L'ho conosciuta lì una sera d'Estate, non ricordo come l'avvicinai e ancora oggi mi chiedo perché mi diede corda, quando passava si giravano tutti a guardarla, probabilmente anche le colonne di San Lorenzo, ma era il mio periodo d'oro, avevo preso da poco la licenza di caccia.
La strepitosa mora dagli gli occhi azzurri alta, magra e tonda nei punti giusti sparì nella notte ma non dai miei pensieri e Milano ridivenne grande e me la nascose.
Una sera andai ad una festa in un capannone accettando un improbabile invito che poteva suonare "facciamo un salto a vedere chi c'è", la rividi e le chiesi di venire a casa mia, accettò, non era ancora successo nulla, salimmo, prima volevo levarmi l'umido che appiccica e rallenta, dopo la doccia ricordo che mi passò l'asciugamano ma non si spogliò, mi concesse ben poco e mi chiese con grazia di riaccompagnarla a casa.
Ogni volta che passo dal centro rivedo casa sua, il posto assurdo dove parcheggiai quella notte quando ormai rassegnato la salutai e ripenso a lei che mi trattenne dicendomi, vieni, ti faccio vedere il solaio.
Sorrisi, la preda già nel carniere, prima di salire controllai la mia licenza di caccia, era tutto in regola, i timbri precedenti in bell’ordine, ma feci cilecca, forse non ero abilitato alla caccia grossa.
(qui piccola foto occhi)
(si ho capito)
M 50&50
Gran bel post e ricordiamoci che "non esistono cattivi violini ma cattivi suonatori di violini".
RispondiEliminaID
Il famoso violino di capra della Valchiavenna...
EliminaM 50&50