del Guardiano del Faro
Dettaglio stretto. L’oste mi salutò a fatica, con uno sguardo in bianco e nero, si chinò
dietro il bancone, aprì lo sportello del frigorifero e tirò su una bottiglia a
metà livello, la poggiò sul bancone, poi prese da un ripiano un calice con lo stelo corto e con la coppa in vetro azzurrato e a lungo seppiato nella rumorosa lavastoviglie.
Campo medio. Con calma girò il tappo a vite e poi mi versò un Fendant. A fianco non ci mise nulla, neanche un avanzo di roesti riscaldato. Buono quel vino, anche se veniva da una bottiglia aperta e richiusa con il tappo a vite.
Campo largo. L’osteria del paese stava di fronte alla stazione di un villaggio nei dintorni di Losanna, forse Crissier.
No, non era Crissier. Sono passati più di venti anni, la memoria vacilla ma è sufficiente per ricordare che ce ne sono dunque voluti 20 di anni perché oggi in Italia stia diventando normale trovare una buona bottiglia sigillata con il tappo a vite; da sbicchierare al bar o in casa, senza l'ansia da odore di tappo. Il tappo a vite non è più come una sequenza di Hitchcock neanche in Italia.
Campo medio. Con calma girò il tappo a vite e poi mi versò un Fendant. A fianco non ci mise nulla, neanche un avanzo di roesti riscaldato. Buono quel vino, anche se veniva da una bottiglia aperta e richiusa con il tappo a vite.
Campo largo. L’osteria del paese stava di fronte alla stazione di un villaggio nei dintorni di Losanna, forse Crissier.
No, non era Crissier. Sono passati più di venti anni, la memoria vacilla ma è sufficiente per ricordare che ce ne sono dunque voluti 20 di anni perché oggi in Italia stia diventando normale trovare una buona bottiglia sigillata con il tappo a vite; da sbicchierare al bar o in casa, senza l'ansia da odore di tappo. Il tappo a vite non è più come una sequenza di Hitchcock neanche in Italia.
Dalla Valle d’Aosta
all’Alto Adige arriva sempre più forte il buon segnale, 20 anni dopo il bottiglione, 20 anni
dopo l’uscita della prima Guida Michelin Svizzera. Quando vado in enoteca posso finalmente comprare buoni vini sigillati con il tappo a vite, e attraversando la strada entrare serenamente il libreria a comprare la Michelin Svizzera 2014.
“Quella
sera di inizio settembre 1986 il telefono di casa squillò verso le 19. Era un amico
ticinese frequentatore storico di
tutte le grandi tavole svizzere che
con il regolare accento ticinese milanesizzato a scatti, un po’ Rezzonico e un
po’ Bernasconi, mi annunciò che finalmente aveva riottenuto il diritto a sedere
ad un tavolo da Fredy Girardet e me ne voleva gentilmente girare la
prenotazione affinché mi potessi rendere conto del perché era così difficile
mettere un piede dentro a quel ristorante di Crissier,
così come da Jamin gerenza Robuchon. La prenotazione era
fissata per un martedì sera di metà dicembre. Ma siamo in settembre protestai.
Solo quattro mesi di attesa mi disse : è una buona opzione Roberto, non perderla,
me racumandi, fa no al ciula! “
Fredy Girardet, classe 1936 |
Questo nel 1986,
ancora prima che nascesse la prima Guida Michelin Svizzera, nel periodo in cui
Christian Millau si esprimeva con sferzante ironia nei confronti della rossa,
sua principale concorrente nell’esagono, ma in carenza all’estero, soprattutto
in Svizzera, dove esisteva il Ristorante Girardet, quello che in quel periodo,
insieme a Robuchon, vantava il più lungo periodo di lista attesa, circa quattro
mesi a pranzo e a cena.
Millau definiva molto
snob Girardet, talmente snob da essere considerato uno dei tre massimi cuochi del
ventesimo secolo, ma non per la
Michelin , per la quale Losanna era troppo lontana per essere
raggiunta dai suoi ispettori e così inclusa finalmente in una Guida Rossa. Lo stesso Girardet un po' snob lo era già di suo, senza bisogno di essere ignorato dalla Michelin; lo era già dalla tarda mattinata, quando parcheggiava la sua Porsche nel parcheggio del ristorante insieme a quelle dei clienti, ma facendo notare ai medesimi -per rispetto dei loro denari spesi da lui- che la sua Porsche l'aveva comprata usata.
Girardet, nato giusto sei giorni dopo mio papà, si vide assegnare
tutte insieme le tre stelle Michelin all'età di 58 anni, talmente snob da essere inserito in guida per nome e non per l'insegna, e ancora una volta talmente snob da non
dover neppure passare dalla prima o dalla seconda stella, come accadde per regolarità
di procedura sia con Robuchon che con Ducasse. Potevano darle tutte insieme anche a Joel o ad Alain, invece no, ma per Fredy si fece l'eccezione.
La rossa svizzera
compie 20 anni. Quella Guida e quella di oggi rappresentano sempre un
riferimento, perché, anche se le affermazioni della casa madre contrastano con
la realtà visibile e riscontrabile, la Michelin Svizzera
resta quella con la taratura più stretta, quella con la chiusura a vite più chiusa di un rubinetto nuovo, quella che non fa compromessi con le
situazioni contingenti e/o geografiche. Prendere una stella lassù resta un
esercizio molto difficile, molto di più che nel resto del Continente Europa. Oggi quella Guida ne conta 500 di paginette, tra le più spesse e patinate d'Europa, ma i tre stelle sono incredibilmente solo due, e i due stelle meno di venti . E l'Hotel de Ville, ex Girardet, è ancora saldamente al comando del gruppo.
Tapez trente six quinze! Il Minitel è stato un servizio telematico francese di videotex accessibile attraverso la linea telefonica pots, simile ai servizi Videotel in Italia...Negli anni ottanta questo sistema ha avuto molto successo in quanto l'apparecchio necessario veniva fornito in maniera gratuita e senza canoni di abbonamento, mentre l'unico costo da sostenere era quello della connessione, variabile a seconda del servizio scelto. Con l'avvento di internet questo sistema telematico è caduto in disuso ed è stato eclissato dalla nuova tecnologia, pur continuando a funzionare per molti anni.Il servizio è cessato il 30 giugno 2012. Nell'edizione Francia 1994 si ricorda in ultima pagina il servizio online e si promuove l'uscita della nuova nata, la rossa Svizzera.
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Resta quel tappo a
vite estremamente snob, quello dell’osteria di fronte alla stazione di un
villaggio dei dintorni di Losanna a ricordare quanto la praticità era già intesa meglio della formalità, anche in caso di prodotto di qualità Quanta saggezza e quanta essenzialità, quanto rispetto per il
sughero e per il consumatore, quello celato dietro a quella chiusura che da noi era guardata di traverso, come impropria, come dogana mentale che divideva un vino sfuso da un vino degno di tappo di sughero. Tabù superato, finalmente anche in Italia.
gdf
Aspetto i tuoi racconti, anche e soprattutto quando superano i cinquemila caratteri, “apriva la storia tra la rossa e i rosso crociati” sembra il viaggio di un cavaliere contemporaneo nostalgico q.b.
RispondiEliminaM 50&50