sabato 12 maggio 2012

Bistrot Bourgogne # 05


- gdf 2012 -










Ultima tappa del Tour Bistrot Bourgogne, di ritorno dalla Borgogna con il baule ancora una volta al limite della capienza. Lo si noterà dai cibi che appariranno in tavola e dalle priorità vinicole locali appese alle pareti che la Borgogna ormai è lontana. Qui a Genova, all'Enoteca L'Infernotto, per proseguire comunque con lo stappo plurimo di chicche della Cote de Nuits. 

Ottimo prosciutto di Cinta Senese artigianale







Magnum ( due ) diversamente buoni, due grandissimi terroir, due bottiglie rare, due eccellenti produttori ma che evidentemente la pensano in maniera profondamente diversa. Chambertin Clos de Bèze 2009, che Pacalet  ha prodotto solo in quest'annata estremamente favorevole e adeguata al suo stile leggero di vinificazione. Quindi nessun eccesso di frutto, grande delicatezza voir finezza, per nulla concentrato quanto fresco e preciso nell'identificazione di un Grand Cru: ottimo.




Clos St.Jacques 2009, sempre in magnum, di Sylvie Esmonin; è quanto di più diverso ci si possa aspettare dopo Pacalet. Gli opposti che si attraggono. Già dal colore si intuisce e si comprende quasi tutto: molto più concentrato e lucido come un olio, mentre la trama rarefatta di Pacalet lo faceva apparire come un vino già maturo, di qualche anno in più che invece non ha. Il naso qui chez Sylvie è molto più ampio, ovviamente il passaggio in legno è ancora evidente, ma si tratta di legno di quelli molto buoni e, che da la sensazione di fondersi progressivamente. L'altra diversità sta nella sensazione oceanica di iodio e di conchiglie che insistono a lungo. Si tratta di un vino da metter via in fondo alla cantina per altri dieci anni mentre il Pacalet lo si può già bere ora, anzi, forse meglio farlo ora, non si sa mai. Molto diversi anche in bocca, dove il Clos  St.Jacques di Sylvie Esmonin fodera tutto il cavo orale di uno strato di delicata morbidezza confondente. Quando si dice gourmandise si intende questo misto di sensazione complessiva che va dal cioccolato bianco alla ciliegia matura. Per dare un riferimento in più a chi mastica abitualmente di questa roba possiamo pensare ad un vino di Dugat-Py, che però su questi temi riesce ancora a far meglio, nel senso che da lui quasi mai il legno si avverte. Da lui c'è solo gourmandise e basta.

Ben fatti anche i mandilli al pesto

Per fare qualche altro confronto che ci confortasse il ritorno nella terra dei limoni e del basilico siamo andati a tirare su anche un 2006 di Denis Mortet, il primo anno senza Denis. Il figliolo non aveva evidentemente dimestichezza con il legno e a distanza di ormai sei anni da quella vendemmia e sette dalla morte del padre non si può prevedere quando questo vino perderà l'eccesso di legno - per giunta amarognolo- che sovrasta una buona materia mortificata dalla mancanza dal mancato senso della misura.

Un ricordo di un altro Clos de Bèze, quello di Bruno Clair in annata matura ormai, la sottovalutata 2000. Il vino stavolta è arrivato. L'avevamo già bevuto con estremo piacere anni fa. Ora, la piccola grande annata, nel caso di questo vino, si rivela tutta in finezza, ma in maniera affaticata, come chi è arrivato quasi in cima alla collina con scarse energie per proseguire verso l'alto. In ogni caso l'aderenza territoriale in questo momento è assai più evidente che in gioventù: c'est du bon vin!


La cucina procede, peccato che la focaccia non sia lievitata  ma sia stata servita ugualmente come fosse un caldo chewin gum all'olio e al sale, ma l'arrosto di maiale di cinta con patate al forno era molto buono, così come la milanese di vitello e così pure l'assortimento di formaggi.  Mi rimarrà il dubbio di come sarà buona la focaccia appena fatta, quando avrà deciso anche di lievitare. 
"Che dite: magari due grissini da sgranocchiare col prosciutto? Eh no belìn, e non ce li abbiamo i grissini ... Ma i pinoli per fare un buon pesto si, almeno quelli si, ce li avete i pinoli ;-) . 


C'è spazio per tirare il collo anche ad un altro Grand Cru di Philippe Pacalet, il Ruchottes Chambertin in annata 2008, che, ahinoi, ci lascia interdetti per la povertà di frutto e di piacevolezza, elementi che diamo per scontati quando si parla di Pacalet. Meno male che questo non era in formato magnum come i primi due, perché per riconoscere la qualità di un vino non serve berne un intera botte ( O.Wilde ). Il vino si dissolve nel bicchiere come una soluzione di acqua e succo di lamponi neanche molto maturi. Acidità fastidiosa, frutto non maturo, scontroso di tannini. Ma che ci volete fare, la Borgogna è bella perché la sorpresa è sempre dietro l'angolo, buona o cattiva che sia, e la delusione o la gioia si alterneranno all'infinito.

Divisa estiva gdf

-gdf 2012 Belìnopolis -

1 commento:

  1. Interessante mi sa che ti prendo in parola e il clos de beze di pacalet lo bevo presto , tipo questo tra qualche mese.
    Alessio

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