- del Guardiano del Faro -
Sole Rosso, by Bruno de Rosa, Pizzeria Montegrigna. Legnano |
Forse il problema irrisolto è aver vissuto parecchio, ma non nel senso di averla scampata per qualche decennio, quanto non esser mai stato troppe sere davanti al televisore. Quindi l’altro giorno, visitando quel Convento di Trino Vercellese mi è montato un tumulto al cuore vedendo che in quel luogo così evocativo ci fosse un quadro del nonno di un mio carissimo amico morto molto presto di non si è mai capito cosa. Non si era sentito bene in macchina, l’hanno portato in ospedale e quando ce l’hanno restituito gli avevano fatto un tassello nella testa, come si fa per verificare la maturazione di un’anguria. Evidentemente le cose non andavano affatto bene e così hanno rimesso il tassello a posto e ci hanno riconsegnato una persona diversa, quanto Jack Nicholson in Qualcuno volò sul nido del Cuculo. Invece il tassello mancante non era Nicholson ma un francese, Alain Delon, che nel 1971 girò un western in Spagna con un giapponese, Toshiro Mifune, un americano, Charles Bronson e una ragazza svizzera, Ursula Andress: il film si chiamava Red Sun -Sole Rosso- e fu diretto da un regista inglese. Questo è il quadro, vario come una pizza.
Ma così il quadro del nonno del mio caro amico, dipinto chissà perché a Trino Vercellese è finito addirittura sulla copertina del menù del Ristorante del Convento, mentre Sole Rosso è diventato una pizza d’autore grazie al buon Bruno de Rosa. Sole Rosso è anche l’ultimo film che ho visto con quell’amico, il nipote del pittore, prima della malattia, durante un viaggio in Spagna all’inizio degli anni ’80. L’albergo dove guardammo quel film in tv era quello dove ho ambientato il primo capitolo del libro dei vini francesi, quello dell’episodio di Bollinger, l’albergo è quello. Quello che ha ispirato quel brandello di scritto, quello che forse ha provocato questa mail, mail che mi ha di nuovo fatto saltare parecchi schemi :
"Separare la polvere dai fatti, le cose importanti da quelle secondarie, ciò che è in vigore da ciò che (forse) lo sarà." Non è una frase mia ma di Roberto Napoletano che l’ha messa nell’introduzione della sua guida allegata al sole24h di oggi. Il tuo libro, in casa mia, non prenderà mai polvere per il motivo di cui sopra, per le stesse parole usate da Cornelli nella tua di introduzione, perché leggendoti si prova sete: stimoli la nostra necessità di diventare adulti anche nei gusti scherzando sulla tua giovinezza mai passata, forse mai esistita.
Ma così il quadro del nonno del mio caro amico, dipinto chissà perché a Trino Vercellese è finito addirittura sulla copertina del menù del Ristorante del Convento, mentre Sole Rosso è diventato una pizza d’autore grazie al buon Bruno de Rosa. Sole Rosso è anche l’ultimo film che ho visto con quell’amico, il nipote del pittore, prima della malattia, durante un viaggio in Spagna all’inizio degli anni ’80. L’albergo dove guardammo quel film in tv era quello dove ho ambientato il primo capitolo del libro dei vini francesi, quello dell’episodio di Bollinger, l’albergo è quello. Quello che ha ispirato quel brandello di scritto, quello che forse ha provocato questa mail, mail che mi ha di nuovo fatto saltare parecchi schemi :
"Separare la polvere dai fatti, le cose importanti da quelle secondarie, ciò che è in vigore da ciò che (forse) lo sarà." Non è una frase mia ma di Roberto Napoletano che l’ha messa nell’introduzione della sua guida allegata al sole24h di oggi. Il tuo libro, in casa mia, non prenderà mai polvere per il motivo di cui sopra, per le stesse parole usate da Cornelli nella tua di introduzione, perché leggendoti si prova sete: stimoli la nostra necessità di diventare adulti anche nei gusti scherzando sulla tua giovinezza mai passata, forse mai esistita.
Sono entrato oggi da Bruno alle 12 e 15, quando Bruno aveva già aperto da quindici minuti. Non c’è ancora nessuno in pizzeria, gli fa compagnia solo la radio, Radio Nostalgia. C’è in onda "Prendi questa mano zingara"; a seguire addirittura Lady Barbara di Renato dei Profeti. Bruno è del 55, io del 61, quindi ce la ricordiamo, lui meglio di me ovviamente, io ero ancora “il bocia” in quell’epoca. E’ sempre andata così, gli altri avevano sempre quei 6/7 anni in più, il giusto, quello che serve per poter imparare qualche cosa di interessante o comunque sconosciuto. Si chiama esperienza, non si compra, non si vende, ma in ogni caso si può accettare o rifiutare. Il forno è acceso, la temperatura sta arrivando alla “giusta”, come avrebbe detto Gaber shampista in bianco e nero o su vinile. L’impasto novità del periodo si chiama “anni ‘60”. Mi chiedo se la pizza fosse più buona solo perché avevo i calzoni corti, invece Bruno mi rassicura con uno sguardo paterno: era buona perché era buona, non perché eravamo piccoli ed entusiasti di tutto. Dunque era molto meglio prima che questo impasto anni 60 cominciasse a lievitarmi nel cervello. A lievitarmi continuamente nel cervello. Finisco anche questa pizza e me ne vado mentre Radio Nostalgia lancia sul palco niente meno che Jimmy Fontana, che mi conferma che “il moooondooooo, non si è fermato mai un momento…”
Trino, Ristorante Massimo. Celso Tempia, 1965 |
-gdf-
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