- del Guardiano del Faro -
Non ho inventato nulla. Era
Keith Floyd, ex chef, ristoratore e poi conduttore televisivo BBC itinerante per fatti inerenti
l'alta cucina. Neppure il bicchiere di vino bianco è originale, che è la mia maniera di vivere la
cucina altrui in modalità live, sempre in bianco. Ce l'aveva -ce l'ho- sempre in mano, strumento più
indispensabile di un microfono per tirare avanti la cronaca, anche stasera.
Il vecchio Keith, che
immagino ci lasciò proprio a causa di quel gran bel vizio condiviso, aveva già previsto
anche questo dettaglio fondamentale per resistere quattro ore in cucina,
cercando di sistemarsi nell'unico angolo libero in attesa della prima comanda,
in quel mezzo metro quadro dove non darai fastidio, angolo che in realtà non
esiste in una cucina professionale, perché dietro, sotto o sopra di te c'è
sempre un qualche cosa che servirà ai cuochi impegnati durante l'orario di
servizio.
La sua vittima preferita, un
certo Marco Pierre White, impegnato nella preparazione di un indimenticabile
coda di pescatrice farcita sotto pelle da St. Jacques scozzesi
Il ristorante stasera è al
completo. No fotocamera, no telecamera. Si, la camera in realtà ci sarebbe -grazie Flavio-ma non mi va di occupare l'unico tavolo rimasto,
che poi in effetti tornerà utile agli ultimi clienti fuori orario. Non mi va di
cenare da solo stasera, meglio godermi lo spettacolo di una decina di cuochi e
mezza dozzina di persone di sala impegnate a confezionare e consegnare 400
preparazioni da impiattare alla perfezione in tre ore, prima di essere portate
sulle eleganti tavole del 21.9
Chef saucier non alza mai nè
i toni nè la voce durante tutto il tempo. Qualche occhiata basta, dal pass,
dove rifinisce i piatti, da dove rilancia a voce la comanda appena consegnatagli dal
maitre, trovando però il tempo di buttare un occhio sulla stufa e, intervenendo di mano -ma in silenzio- se qualcuno dei suoi va in difficoltà.
Non puoi definirti chef se
non sai coordinare almeno questo numero di cuochi, impiegati -ognuno- in una
funzione, con delega ad aiutare gli altri quando necessario. Se non sai fare
questo sei un cuoco e basta.
Al lancio orale della comanda
chi deve rispondere si limita ad un pacato ma convinto "si chef"
moderato anche di volume, tanto la cappa è piuttosto silenziosa stasera, come
lo chef. Ma lo stagista giapponese appena arrivato, impegnato al taglio millimetrico
di un filetto di palamita è stato abituato diversamente, e così ci fa
sobbalzare tutti quanti con un clamoroso e urlato "YESS CHEF !!! " Era alle mie spalle, perché non c'è
mai un posto tranquillo in cucina. Mi stavo tirando addosso il calice di
Chablis.
Ogni tanto, lo capisco dalla
cura con la quale lo chef mette sulla stufa un piccolo tegame, si sta pensando
anche a chi osserva, bevendo bene, tanto, troppo e, mangiando poco. Nel corso della serata,
senza accorgermene, avrò comunque provato in dosi omeopatiche almeno metà della carta. Percorso netto, senza inciampi, anche mangiando in piedi.
Mi rimarrà incollato al
palato fino al mattino il sapore di una pasta ripiena che si chiama : cacio, pepe e pomodoro,
persino dispiaciuto -avendo rinunciato alla Nikon- di non essere stato seguito
per l'intera serata da una piccola telecamera che immortali un servizio
perfetto, ma anche per quello, stay tuned.
Nessun commento:
Posta un commento