Partiamo dal fondo (dell’etichetta). Qui c’è
un Nome della Champagne, e dello champagne, il cui imprinting, peraltro, mi piace da sempre, che ci mette la faccia,
in primissimo piano. A differenza di altre cosiddette grandi maison – grandi più in virtù dei numeri,
che per la qualità – il cui nome compare in retroetichetta, con caratteri
lillipuziani.
Dunque elabora la famiglia Rouzaud, nel più
classico degli assemblaggi: 1/3-1/3/-1/3.
Si tratta di uve che provengono, in parte, da
vigne, di proprietà, (le più giovani, 8-10 anni), in parte, acquistate nella
Montagna di Reims e nella Vallata della Marna.
La cuvée
si compone di 4 diverse vendemmie (non dichiarate), solo acciaio, malò parziale, due anni sur lattes e un moderato apporto dei
vini di riserva.
Elabora Roederer, ma tutta la linea mantiene
uno stile suo, che vuole essere giovane, immediato e più improntato sulla
freschezza, che sulla complessità.
Giusto e condivisibile.
Negli anni, l’ho bevuto parecchie volte e
posso affermare, a ragion veduta, che è sempre lo stesso, nel bene e nel male. A
parte una vivace freschezza, il bouquet
è piuttosto avaro – biancospino e mela – con l’aspetto citrino a marcare,
molto, un sorso, non così contagioso e con bollicina di taglienza plebea.
Per un aperitivo delicato, glissando sulla
vil moneta.
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