di Fabrizio Nobili
Capita raramente l'occasione di poter degustare una serie di bottiglie di diversi Grand Cru provenienti dalla Divina Collina, se non altro perchè una di queste è prodotta in meno di trecento unità. La degustazione ha dato modo anche di verificare la tipicità delle singole annate, quelle che possono essere considerate pronte per cominciare ad essere aperte e godere appieno dell'affinamento in bottiglia (tra il 2006 ed il 2009).
La differenza di stile tra i produttori, la differenza tra i cru vinificati dallo stesso produttore e chissà quante altre peculiarità di cui non si può essere a conoscenza crea differenze tra i risultati ottenuti che mettendo il naso dentro al bicchiere la valutazione si dovrebbe fare senza descrizione e punteggio ma semplicemente con una fotografia o un selfie del degustatore. Le espressioni del viso, gli sguardi e i sorrisi in una società mediatica come quella attuale avrebbero maggiore riscontro sociale e condivisioni. Forse farebbero appassionare più persone al mondo dei grandi vini.
Tornando alla batteria l'unico errore nella sequenza di degustazione sono state le prime due bottiglie di Batard Montrachet: per l'apertura delle danze la magrezza e l'inferiore complessità olfattiva del 2007 di F& D Clair sarebbe stata meglio rispetto ai muscoli ben evidenziati e tirati a lucido del 2008 di Sauzet. A seguire le danze il Bienvenue Batard Montrachet 2009 di Carillon. Purtroppo ormai una rarità. Ha vinto il premio della golosità: un vino figlio anche del suo millesimo che sicuramente lo ha aiutato a raggiungere questi livelli di piacevolezza totale. A seguire nella degustazione è arrivato un Chevalier Montrachet 2007 di Sauzet. L'eleganza fatta in persona, nessuna sbavatura fuori posto. A seguire due Montrachet: il 2007 sempre di Sauzet diceva al Cavaliere che era Lui il Principe. Arriva poi Le Montrachet 2006 che si presente di una struttura importante, complesso ed equilibrato dove anche la tostatura delle pieces fa la sua parte per arrivare al gradino più alto del podio. Infine l'arrivo della regina, il Criots Batard Montrachet 2006 ha una veste ed un timbro riconoscibile ad occhi chiusi. Ha appena spento un cerino, la pierre à fusil è il suo marchio di fabbrica e riesce a mostrare la tostatura anche nell'acciaio ma la carrellata precedente è riuscita nell'intento. Sì, stavolta la tradizione ha superato l'arte e la maestria uniche di Mme Lalou Bize Leroy.
F.N.
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