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Marco Polo era un
personaggio a cui piaceva viaggiare molto, diversamente -intuisco- da Marco Pani, patron
del Marco Polo, qui da ancor prima che nascesse il ristorante dedicato al grande
viaggiatore, scrittore, mercante e persino ambasciatore nei secoli XIII e XIV.
Marco Pani è qui dal 1956, quattro anni prima che il padre aprisse questo elegante
ristorante piazzato originalmente su una palafitta ben piantata sulla spiaggia
di XXmiglia, circondata da qualche macchia di verde mediterraneo e d'altrove, che da ombra
e freschezza alla terrazza, spesso presa d’assalto da clienti italiani e
francesi, da più di mezzo secolo.
La casa, come dicevo, è
storica (1960), l’impostazione di cucina classica, il servizio pregevolmente
vintage, l’atmosfera di un’altra epoca – migliore di questa che viviamo con sopportazione – e lo spaesamento
temporale e geografico verso la Francia
garantito. Lo si capisce subito, osservando le boiserie, l’argenteria, i
cristalli, le ceramiche, le posate, i centrini all'uncinetto, le vetrinette, la cloche, il gueridon, le tende, l’abbigliamento del
maitre e dei camerieri, e dal savoir faire del patron, anche lui facente parte
di quella generazione di uomini di sala il cui motto era : “la prossima volta
che tornate vi farò assaggiare un altro grande piatto…”
Si, in epoca di
comunicazione rapida ed aggressiva tramite media, qui ci si affida invece al
mai estinto “passaparola” e alla ricerca della fidelizzazione del cliente, che
se si dimostrerà piacevolmente sorpreso e comunque soddisfatto da una prima
esperienza al Marco Polo, sarà, come dire, solleticato a tornare per provare
altre specialità che fanno bene al cuore di chi ha visto delinearsi una stramba evoluzione
gastronomica in Europa, dove in molti casi sono stati dimenticati o etichettati per obsoleti certi dettagli di servizio e di cucina che invece a
quelli della mia generazione ancora generano emozione.
Quell’emozione che differenzia una piacevole uscita verso un ristorante classico piuttosto che in direzione di uno molto più sbrigativo, e gelido. A quel punto, il prezzo diventa relativo. Come dire, a quella ragazza la borsetta più costosa ed esclusiva correresti subito a comprarla per regalargliela. A quella là no, caso mai la porti a mangiare una pizza, sbadigliando a metà cottura.
Quell’emozione che differenzia una piacevole uscita verso un ristorante classico piuttosto che in direzione di uno molto più sbrigativo, e gelido. A quel punto, il prezzo diventa relativo. Come dire, a quella ragazza la borsetta più costosa ed esclusiva correresti subito a comprarla per regalargliela. A quella là no, caso mai la porti a mangiare una pizza, sbadigliando a metà cottura.
Quella sensazione calda e
appagante che non puoi ricreare in casa, dove non ti metteresti certo in testa
di realizzare un menù con foie gras, aragosta, scampi, St.Jacques e diversi pesci
bianchi pregiati. E’ bello uscire a mangiare anche, e soprattutto, per staccare
da quel che c’è fuori, rifugiandoti dentro un contenitore dove dimenticare le
cose negative e ricordare solo quelle belle, come alcune frequentazioni
parigine piuttosto che altre sulla Costa d’Azzurra degli anni ’70 e ’80.
Ma uno sguardo verso il
futuro arriverà anche qui, probabilmente per mano della terza generazione della
famiglia Pani. Il ragazzo ha 21 anni ed è già entrato nella costellazione dei
giovani allievi (commis) alle prese con la galassia di locali parigini seguiti
da Alain Ducasse, quindi comunque un classico contemporaneo, se così possiamo
identificare con due parole lo stile Ducasse, che di principio già non si
discosta molto da quanto pensato dal patron Marco, che dirige anche la cucina,
indirizzando i propri cuochi su ricette si complesse ma non troppo complicate,
quanto buone ed appaganti.
Anche un'insalata qui si serve e si condisce al gueridon, mentre il piatto principale attende in caldo sotto alle cloche
La copertina della carta e del menù
Oltre alla carta esistono anche due menù tariffati a 30 e 52 euro. Un click per legger meglio
Che nostalgia ...
Momo, il commis di sala serve l'aperitivo
... con olive taggiasche in salamoia
... con un cornetto di pane caldo e burro Bretone ...
... e crudità di verdure in bagna caoda ...
Il sorprendente lobo di foie gras affumicato, con insalate di fiori ed erbe, e guanciale tostato
Da Dolceacqua non solo Rossese, ma anche un buon vermentino di Terre Bianche (Rondelli)
Dettaglio sullo spiedino di scampetti e St.Jacques, chicco d'uva e crema di ricci di mare in concassé di pomodoro fresco
Il piatto completato da "grissini" di pane tostato
Sontuosa fricassea di aragosta con tagliolini al burro e chiffonade di basilico
Il maitre Gioacchino alle prese con un servizio al gueridon
Al piatto con questo rombo gratinato su purè di patate e funghi, salsa al caramello di Champagne. Un altro piatto distintivo del Marco Polo.
Ci sarebbe anche un carrello dei formaggi, ed uno dei dolci, ma per oggi ...
... mi accontento di questo fresco stecco di sorbetto di uva fragola
... pensando alle parole del patron: " la prossima volta che ..."
Dalla terrazza
Da decenni sulla rossa, fino ad oggi con tre forchette distintive di un certo comfort complessivo
Ristorante Marco Polo
Lungomare Cavallotti, 2
XXmiglia
Tel +39 0184 352678
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E' un bell'accontentarsi ... ... chapeau alla storia che non si può dimenticare
RispondiEliminaFranck
Ma saranno ancora buoni quei vini degli anni settanta???
RispondiEliminaGeorges
Mah, indipendentemente dalla conservazione alla giusta umidità e temperatura, tra quelli che vediamo indicati in carta sarebbero i Bordeaux 1979 quelli più longevi. Mouton e Lafite, che ho bevuto parecchi anni fa. Erano annate pre-Parker. Grandi vini, tutti in finezza. Gli '82 DRC gestione Leroy sono una bella incognita. L'annata fu così così per i rossi di Borgogna, ma il manico di Notre Dame di Pinot Noir potrebbe sorprendere per l'esile trama, come un centrino all'uncinetto.
RispondiEliminaProprio oggi mi è capitato di leggere in un articolo su Colagreco, la frase “dettagli che non sono dettagli”.
RispondiEliminaFatte le dovute proporzioni, prendendo pure le distanze chilometriche tra i due locali, ritrovo qui il concetto “dimenticato o etichettato per obsoleto” da molti, resta da capire se avrà ragione chi scrive dal faro a darne una motivazione generazionale e quindi una neppur troppo lenta ed inevitabile fine di tutto quello che ho sempre pensato possa fare la differenza.
E’ vero posso gustare un buon piatto su una palafitta in riva al mare cotto e mangiato in maniera casalinga, oppure godere a piene mani, che non è una battuta, affidandomi al contorno, al locale, al servizio, all’accoglienza, alla tecnica di cottura e di preparazione della salsa, ma anche proprio al contorno, un purè di patate&funghi con salsa allo Champagne, i grissini sotto i ricci, fiori ed erbe multicolor…
Le due ragazze copia incolla incontrate oggi decreteranno il futuro di posti come questo, ma il look da adolescenti mi stava traendo in inganno, poi ho guardato meglio, una aveva mani curate e un orecchino di giada…dettagli
E' un posto dove nel parcheggio non mi sorprenderei di vedere lo squalo.
RispondiEliminaSembra molto meglio dello spaghetto all'astice delle solite pizzerie milanesi, dai, una ficassea d'aragosta così fa salivare, eccome......
RispondiEliminaA.
Un ottimo mix a cavallo fra due regioni e una nazione,direi non ci si può lamentare,tovagliato e piatti in retrò, ma con gusto,a me piace, e la mano mi sembra davvero ottima e con passione.
RispondiEliminaTMC