Quella sera di inizio settembre il telefono di casa squillò verso le 19. Era un amico ticinese frequentatore storico di tutte le grandi tavole svizzere che con il regolare accento ticinese milanesizzato a scatti, un po’ Rezzonico e un po’ Bernasconi, mi annunciò che finalmente aveva riottenuto il diritto a sedere ad un tavolo da Fredy Girardet e me ne voleva gentilmente girare la prenotazione affinché mi potessi rendere conto del perché era così difficile mettere un piede dentro a quel ristorante di Crissier, così come da Jamin gerenza Robuchon. La prenotazione era fissata per un martedì sera di metà dicembre. Solo quattro mesi mi disse : è una buona opzione Roberto, non perderla, me racumandi , fa no al ciula!
I luoghi comuni negativi sulla ristorazione svizzera sono i più blasfemi d’Europa, perché se c’è una nazione in Europa che ha mantenuto e sostenuto i massimi standard di ospitalità sui diversi livelli possibili è proprio questa. Istruzione, storia, cultura, etica, professionalità. L’unica critica oggettivamente accettabile è la carenza di grandi giacimenti di ricette e di piatti storici indimenticabili, ma del resto i condizionamenti esterni verso questa nazione sono sempre stati tali da renderla multi-etnica e pacificamente succube delle diverse lingue, culture estere o internamente espresse.
Oggi
Sostanzialmente il condizionamento che ha influito positivamente per la nascita di una così grande qualità diffusasi anche in discreta quantità si deve allo storico rigore delle scuole alberghiere di questo paese, almeno dal punto di vista gestionale e del servizio, ma dal punto di vista gastronomico le positive interferenze delle cucine di radice francese, italiana e tedesca hanno pesantemente contribuito a creare una rete di grandes tables di medio o alto livello tout court, anche se oggettivamente spesso prive di una personalità e di una specificità o di un radicamento alle tradizioni di campanile.
Il grande sviluppo e la fama internazionale si deve proprio alla zona da cui il faro Girardet cominciò a illuminare tutto il Lago Lemano, dal Municipio di Crissier, presso Losanna, località giustamente onorata anche da una uscita autostradale, come a Vonnas, anche se proprio non indispensabile, ma meglio così, meglio arrivarci con una freccia benevola, confidenziale, utile più ai gaudenti che agli utenti.
Quindi non solo Girardet da quelle parti, personaggio che meriterebbe dieci articoli in sequenza, che meriterebbe una citazione continua di aneddoti e particolarità uniche, come quando si disse che fece mangiare Nixon e Kissinger in cucina perché ovviamente era la completo, o quando svegliava di notte il suo successore, Philippe Rochat, perché aveva finalmente intuito come far restare rigida e croccante una ventresca di tonno dentro quello strumento a piastre ondulate dove oggi nei bar ci bruciano i toast, o semplicemente essendo così snob da poter vantare il ruolo di uno dei ristoranti più esclusivi del mondo senza apparire sulla Guida Michelin, che fino a metà degli anni ’90 si fermava a Ginevra.
Oltre a lui, grazie al suo degnissimo scudiero Philippe Rochat ( ma non può essere la stessa cosa ) e ora al giovane lanciato al Bocuse d’ Or 2011, Franck Giovannini classe 1974, la successione sul placido Lago Lemano sembra procedere bene, così come dal suo storico vicino/rivale tristellato Gerard Rabaey de Le Pont de Brent. Oggi declassato per il medesimo motivo di cambio di comandante, rimane il locale che più di tutti mi ha segnato la memoria da quelle parti, perché il mio feeling con cuochi bretoni o normanni rimane saldo quanto inspiegabile.
Ma prima dei due fenomeni di Crissier e Brent bisognerebbe anche ricordare il successo di Ravet. Il fascino di un viaggio fino a Echallens, perchè ancor prima che discendesse a Vufflens le Chateau, la classe classicissima di Bernard Ravet ha sempre attirato fiumi di clienti con il semplice sistema di comunicazione primaria : dalla bocca all'orecchio. La consacrazione parziale nel bellissimo relais prossimo al lago , la magnifica cantina, le deliziose camere, le colazioni indimenticabili e il congedo con piccola offerta dei vini della proprietà sono cose che vanno oltre ogni buona maniera conforme alle attese di un Relais Chateaux e 2 stelle, ora severamente declassato ad una.
Personaggio più particolare e fuori dalle concezioni classiche di quei luoghi è lo stravagante napoletano Carlo Crisci, sempre alle prese con i suoi look originali arricchiti da scioccanti occhiali dalle montature più sconcertanti che ne hanno fatto un tratto caratterizzante del personaggio. Non diversa la sua cucina già fuori dagli schemi da subito, essenziale ed estetica, premiante da oltre 15 anni : ci sono un un paio di stelline napoletane in quel di Cossonay, a Le Cerf.
Emozioni ancora molto, ma molto più estreme quelle che si potrebbero vivere sulla tavola più famosa di Vevey. Vevey, la città della Nestlè . A due passi dal museo alimentare della multinazionale del food, sotto i vecchi portici del centro c'è il locale di Denis Martin, chef super innovativo e tecnologico quanto il laboratorio sperimentale Nestlè. Menù psichedelici a disposizione di chi sia stufo di mangiare il classico e il contemporaneo. Altre due stelle a creare una concentrazione di stelline più affollata della Via Lattea.
Ci fossero problemi a prenotare da questi fenomeni guarda un po’ chi arriva da Valence ? Niente meno che la piccola grande cheffina trois etoiles trois generations, Anne Sophie Pic, qui sul lungo lago di Ouchy al Beau Rivage, per ora a quota due ma non metterei limiti alla provvidenza e non vedo limiti al caratterino convinto della ragazza.
Su Ginevra le cose sono andate a volte come le gestioni di certe banche di quella città, non proprio sempre limpidamente e placidamente quanto il corso del Rodano: qualche getto improvviso e ricaduta verticale . Una grande continuità la mantenne invece l’ottimo Le Béarn di Jean Paul Goddard ma tutto intorno è sempre stato un ricambio dentro e fuori dai grandi alberghi o in località periferiche, le prime alimentate dalla ricca clientela d’affari, le seconde dove in effetti il fascino poteva supportare meglio qualche abbassamento di qualità meno tangibile se compensato dalla bellezza del panorama o dalla natura circostante. Fuori gamma la bellezza e la costante e discreta qualità dell’Auberge du Lion d’Or a Cologny del duo Byrne-Dupont, tuttora monostellato e dove credo di aver mangiato una delle migliori cucine fusion d’Europa.
Diverso il discorso per il sommo Domaine de Chateauvieux di Philippe Chevrier, in lieve collina fuori dalla città, tra vigneti senza pretese e grande cucina, solida come i vecchi muri che la contengono, cucina anche a vista e sala classica. Grande Tavola 2 stelle, anche questa.
Ritornerei invece a parlare di Montreux per chiudere, perché L’Ermitage di Etienne Krebs è un altro luogo del cuore, non il migliore, non il più bello, non il più indimenticabile, ma quella villetta lungo lago , a Clarens , continua ad avere il suo perché.
Diverso ancora il discorso allargandoci ad un territorio poco più lontano, perché gli spunti montanari non mancherebbero ma la tirerei troppo alla lunga, però un eccezione geografica per quel simpatico valdostano-guascone di Roland Pierroz la voglio fare : presidente Relais Chateaux Svizzera e 19/20mi Gault Millau non andò mai oltre la prima stella Michelin nel suo bellissimo chalet di montagna a Verbier, il 19 forse no, ma grande trasgressivo con cognizione si .
Dall’altra parte del lago c’è
restiamo sul lago Lemano:
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