Lunedì sera, siamo in tre e a piacere si aggiunge piacere,
quello della compagnia e condivisione di un’esperienza, e quello di percepire
una crescita professionale, rispetto all’ultima visita, che ha colpito tutti.
Oggi è il primo compleanno
di questo ristorante, di cui non ho ancora detto il nome tra l’altro, e quello
che ho colto è maggior consapevolezza e una più marcata identità del giovane
cuoco Cristian Fagone.
Siamo a Impronte, ecco il dove.
Ora in teoria dovrei completare le 5 W, ma non qui al bar
dove voglio essere libera da questi formalismi ed essere felice di incontrare
chi entra e chi esce, parlandogli con passione, la stessa che ricevo dalle
persone che racconto.
Si parte per Bergamo, e si partirà spesso per questa meta,
visto che la bellissima città mi sta adottando. Tante le mie soste del cuore da
sempre e tante le nuove frecce che hanno fatto centro, regalando novità,
freschezza e frizzantezza ad un territorio già enogastronomicamente importante,
ma anche un po’ fermo a dirla tutta.
Anche il locale ha un impatto contemporaneo e quindi
predispone già mentalmente ad un percorso in tal senso.
Un unico ambiente molto minimal ma anche caldo ed elegante, che
punta molto su materiali, soprattutto il legno, oggettistica, con opere di
artisti locali, e luci, per un mix tra cucina e arte che ha il comune
denominatore della bellezza.
Tavolo reale per l’occasione, proprio sotto la vetrata che
apre un quadro sulla cucina, permettendo alla sala di godersi lo spettacolo
live della preparazione dei piatti e di catturare le espressioni dei volti, gli
scambi di sguardi e le parole che non si sentono ma si colgono.
Ma dopo la prima uscita lo spettacolo passa a tavola e sono
i piatti a rapire lo spettatore, che cambia l’approccio d’osservazione perché più
concentrato sulla degustazione e meno alla scena della cucina, con un’eccezione
al momento in cui si abbassano le lampade scaldavivande a infrarossi che significa
l’arrivo imminente a tavola della prossima portata.
Ordiniamo?
Ovviamente no perché lasciamo sia Cristian a decidere per
noi. Ho un debole per l’effetto sorpresa e ormai lo sapete, anche perché mi
permette di entrare nell’intimo del cuoco ed è assai eccitante.
Vi premetto che sarà un viaggio dei sensi e quindi se siete
pronti iniziamo.
L’inizio è giocoso, sia al palato che visivamente, non solo
come presentazione ma anche come “impiattamento” su sassi, marmo e pietre.
Ci lasciamo prendere dalla professione e quindi via di
scatti e condivisioni social, ma come vi ho già detto questo aspetto scema man
mano anche per noi e il piacere della tavola e della compagnia prende il
sopravvento.
E per fortuna che succede, perché questo lavoro dev’essere
sempre e prima di tutto emozione.
Primo duetto: tortilla di polenta con crema di zucca, semi
di zucca tostati e riduzione di arancia, e bignè salato ripieno di salsa
tonnata con granella di nocciole.
Secondo: cestino di sfoglia, senape di Dijon, diaframma marinato e scorza di limone, e cavolo rapa acido, paprika affumicata e crema di tartufo bianco.
Secondo: cestino di sfoglia, senape di Dijon, diaframma marinato e scorza di limone, e cavolo rapa acido, paprika affumicata e crema di tartufo bianco.
Terzo: bon bon di frolla alle nocciole con burro alle
acciughe e estratto di sedano, mela verde, zenzero e limone, per rinfrescare e quindi
far alzare il sipario sulla degustazione.
Cosa capiamo da questo inizio? L’acido e l’affumicato si
ripetono e si ripeteranno e vengono ben inseriti nei piatti, esaltando le
preparazioni in modo molto ragionato, oltre ad essere tocchi intelligenti che
solleticano il palato. Ci siamo!
Chiudete gli occhi e per un momento mettete da parte tutti i
sensi tranne l’olfatto.
Il nome del piatto è proprio il piatto, perché manca
l’estate, la griglia fumante, il fuoco e le fiamme, ma non il ricordo di una
grigliata, riprodotta anche visivamente con il fumo nel piatto, ricreato con
aghi di pino accesi e la base che non è porcellana ma legno.
Costine, patata ratta
alla brace, pane e vino.
Ora passiamo invece a un impatto gustativo inaspettato,
vista la combinazione degli ingredienti, dalla terra al mare.
E’ una corteccia in questo caso il piatto e il contrasto che
alla lettura può sembrare azzardato in realtà al palato è ben equilibrato e
armonico.
Carpaccio di filetto
di manzo garronese, maionese d'ostrica, foglia d'ostrica e salicornia.
Torniamo alla brace, ma soprattutto ad un fiore vegetale
pienamente stagionale. Un piatto molto gradito perché offre la possibilità di
accontentare anche i più green facendo apprezzare l’attenzione a tutti i
possibili clienti e alla materia prima.
Carciofo alla brace,
maionese di mandorle e pan fritto.
Passiamo ai primi ed è il momento di rifugiarci nel comfort
food.
I nostri tortellini
in brodo.
Fatti davvero a regola d’arte, con un sfoglia sottilissima,
un ripieno molto deciso e saporito e un brodo classico di gallina ma non
troppo, perché ristretto alla maggiorana e con polvere di caffè, che danno quel
tocco di personalità che ci ha soddisfatto assai.
Mare profumo di mare … io non ci credevo ma posso sognare…
E succede ancora grazie ai sensi, ad un profumo avvolgente e
ad un sapore che sa di estate, di scoglio, di sale e di mare …lo ripeto per la
terza volta in tre righe ma non riesco a trovare un sinonimo adeguato. Se
preferite e fate i pignoli uso questa “la vasta distesa d’acqua salsa”.
Era, il classico: cozze e vongole.
E’, il creativo: tartare di mazzancolla e ostrica. La sua
acqua, unita a quella dei due frutti di mare sopra citati, viene utilizzata per
mantecare il tutto. Il frutto viene servito crudo e grattuggiato ghiacciato
sullo spaghetto. Non finisce qui perché c’è anche la foglia d’ostrica, che
completa un primo piatto davvero interessante.
Era uno spaghetto
allo scoglio.
Fin qui tutto uguale. Ora sul secondo ad ognuno il suo.
La mia assegnazione?
Dentice nostrano
cotto al sale, erbe fresche, maionese all'aceto di mele e carciofi fritti.
Mi ha letto nel pensiero perché era quello che avrei scelto
e quindi parto già con un approccio entusiastico.
La materia prima è davvero ottima ed è valorizzata con la
cottura più azzeccata. Un piatto molto delicato e che definirei femminile, con
le erbe che erbe regalano freschezza e la solita punta di acidità che serve ed
è sempre graditissima.
Continua la diversificazione anche sul dolce, e anche qui si
chiude secondo il mio desiderio inespresso ma chissà come colto o percepito.
Torniamo su sapori semplici e rassicuranti, che sanno di
casa e scaldano il cuore.
Millefoglie di mele
caramellate, infuso di mele e cremoso alla cannella.
Sono arrivata alla fine senza ancora nominare Francesca
Mauri, moglie e perfetta padrona di casa e di sala. Il suo sorriso, la sua
delicatezza e semplicità regalano un senso di benessere ed è una coccola che
deve assolutamente esserci a completare il piacere della tavola.
Sulla carta dei vini lavorerei un pochino, per arricchirla
di etichette con un’impronta diversa e che ricalchi perfettamente quella della cucina,
anche se le premesse sono buone.
E come può finire il viaggio se non a cucina spenta e tutti
insieme a tavola?
Cristian e la moglie ci regalano il piatto più bello e
buono, che degustiamo attraverso le loro parole e compagnia. Arriva dritto al
cuore il sogno realizzato insieme, la loro determinazione ed entusiasmo per un
progetto che è davvero una fresca impronta sulla città.
Buon compleanno!
Impronte
I: Via Baioni 38, 24123 Bergamo
T: 035 0175557
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