di Angelo Antonio Angiulli
"Un tema che ritengo importante è il lessico del comparto gastronomico con le sue distorsioni e l’uso improprio nella terminologia delle specialità cosiddette “creative”. Sovente non lo sono per niente, trattasi invece di plagi o rifacimenti. Purtroppo la facilità di rimestare nel ricettario ratificato dalla tradizione, non corrisponde alla difficoltà di codificare le nuove creazioni, oops, imitazioni. Precursore suo malgrado fu il Carpaccio, dalle abusate proliferazioni con verdure, pesci vari, e notevoli incursioni nei salumi e formaggi. Si dirà che è diventato semplicemente un linguaggio corrente per dare l’idea del taglio usato nelle preparazioni, dimenticando che questa definizione si rifà all’omonimo pittore del 400/500, ed omaggiato con un piatto a base di controfiletto di manzo da Cipriani in occasione di una sua mostra a Venezia. Forse che usando tale termine, ci si crede in comunanza creativa con l’illustre ristoratore? Più realisticamente, sovente è il risultato di cuochi dediti alla creatività senza possedere i fondamentali dello scibile culinario. Un po' come gli studenti, che senza adeguate nozioni di grammatica e sintassi latina, e senza essersi cimentati con i più abbordabili De Bello Gallico o De Bello Civili di Giulio Cesare, pretendono di tradurre con relativo successo Cicerone Seneca Tacito Virgilio, etc, E come dimenticare il vezzo sempre più diffuso di abbinare al pesce i latticini, mozzarella burrata e similari, dando origine ad un abominio dietetico che vieta l’unione di proteine animali di differente origine. La conseguenza che poco interessa alla creatività degli chef, è l’allungamento della digestione e dell’assimilazione dei nutrienti a causa degli enzimi e succhi gastrici diversamente interessati, ognuno con la propria funzione digerente. Forse in un settore che promuove a executive chef chi non è mai stato un semplice cuoco in possesso della relativa esperienza, le semplici nozioni alla base di una corretta alimentazione sono meno importanti della personale creatività, quando almeno c’è veramente. Il compianto Veronelli diceva che a lui interessava la bontà di una preparazione e un po' meno la sua digeribilità. Tuttavia non è salutare svegliarsi in piena notte alla ricerca di un ristoro, tracannando acqua a gogò per spegnere i fuochi di una digestione difficoltosa. Anche questa dovrebbe essere la preoccupazione di uno chef o cuoco che ha a cuore la salute dei suoi commensali, che ipoteticamente dovrebbero ritornare alla sua tavola con rinnovato entusiasmo. Tralasciando, se è possibile, la dimostrazione di essere mostruosamente bravo, se non di più, del collega vicino più omaggiato nel cielo stellato"
Triple A
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