Due anni di dégorgement, 60 Pinot Noir, 40 Chardonnay, malò svolta, mai meno di cinque anni sui lieviti.
La cromia illustra e legittima – nomen omen - ampiamente l’appellativo in
etichetta.
Parte bene, con disinvoltura, ricchezza e
coerenza di aromi, tanto al naso, quanto al palato. Burro spalmato su croccante
crosta di pane, una goccia di miele posata su frutta secca, con la presenza,
immancabile, dei fruttini rossi e di una virgola esotica, mentre l‘impianto
minerale sembra garante, fin da subito, dello sviluppo del flacon.
Parte bene, sembra garantire, poi, misteriosamente,
l’umore cambia e tutte le belle premesse promesse, si smarriscono chissà dove
e, lentamente, ma fatalmente, assisto al dileguarsi dei favori aromatici, con i
sorsi che perdono espressività.
Conoscendo bene i prodotti di questa maison, ti confesso che questa boccia mi
ha infilato in contropiede. Come d’abitudine, una rondine…, parrebbe, e
potrebbe, essere la spiega, talvolta
impersonale e di comodo, fatta mille volte, nonchè un sicuro rifugio che mette al
riparo tutto e tutti.
Qui, nondimeno, non mi convince e mi conduce
oltre la boccia singola, oltre lo scialbo cerchiobottismo.
Qui c’è un elemento che, a mio modo di
vedere, pesa parecchio: il millesimo, tanto splendido in Borgogna, quanto a
macchia di leopardo in Champagne. E per quei 2005 bevuti finora, sottolineo
come, perfino le bolle di quei produttori, cui si riconosce un certo manico,
presentino, al momento, più di una difficoltà, più di una incognita.
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