- del Guardiano del Faro -
Un bollente mezzogiorno del mese di luglio in un qualunque giorno di metà settimana. Le due belle signore dall’accento britannico varcano la soglia verso le tredici ma verrà chiesto loro di sostare per qualche manciata di minuti dalle parti dell’ingresso. Ormai il locale è al completo, ma loro non si vogliono comunque perdere un pranzo al D’O. E quando finalmente un tavolo sarà loro affidato, lo chef col fisico di un dominatore dell'area di rigore gli si avvicina amabilmente e parla loro con una voce molto bassa, ma nel contempo esibendo uno sguardo così convincente da costringerle a fissarlo lungamente negli occhi blu. Non importa cosa dica, se siano in grado di seguire il suo labiale o avvertire il delicato tono dei suoi argomenti, loro sono già felici così, di specchiarsi nel suo sorriso disarmante; se lo mangiano con gli occhi prima ancora del suo menù a 32 euro, prima ancora di scolarsi velocemente una bottiglia di bianco friulano.
La coppietta curiosa ma attenta
al portafogli ordina il piccolo menù da 11 e 50, uno degli altri segreti del
successo del locale. Lei è felice ma gli sta montando la curiosità dopo aver
provato il riuscito virtuosismo di quelle due piccole ma deliziose
preparazioni. Adesso che ha preso fiducia e coraggio vuole spingersi oltre,
guarda negli occhi il suo compagno mentre fa un cenno ad uno dei camerieri
agili e veloci come gazzelle; che gli portino la carta, e che la festa
continui!
Quei due al tavolo d’angolo
sembrano habituè, ma ancora faticano a farsi una ragione sulle funzioni e sulla
forma inconsueta di quella forchetta che è anche un cucchiaio, e si ostinano ad
usarla addirittura anche come coltello, strumento presente ma ignorato. Affrontano così la melanzana caramellata, con qualche difficoltà
e molti sorrisi. Il bicchiere ha il bordo tagliato di traverso, questo si,
questo è più facile da capire e pratico da usare, perché ti evita di buttare
indietro la testa quando vai a cercare gli ultimi centilitri di vino che si
sono nascosti in fondo al calice. Ci sono regole che si recepiscono più
facilmente di altre.
Nessun piatto soffre di carenza d'affetto né difetta in cura del dettaglio,
al mio tavolo come a tutti i tavoli. Tra i clienti ci si sbircia nei piatti, la
convivialità supera la barriera della sciocca riservatezza. Ogni stoviglia ha
forma e taglio diverso, un verso e una profondità mai casuale, a seconda della
densità e della sostanza che gli sarà appoggiata sopra o versata dentro. Scopro
che cacao, pasta fresca, melone e crema di legumi trovano un inaspettato
accordo, ma non ora, è come se lo avessero stabilito ormai da tempo, tra loro quattro, ma che nessuno se ne
fosse mai accorto prima.
L’Archichef, Davide Oldani, appare
e scompare: ora in cucina, ora al tavolo, ora alla torre di controllo. Il telefono fuma. Il
librone delle prenotazioni è aperto sulla data del 21 e 22 dicembre e non da
scampo agli sbadati e ai ritardatari, neanche per le date precedenti, da settembre a Natale. Le uniche pagine
bianche sono utili ai dipendenti per ricordarsi quali sono i giorni di chiusura settimanale e quali sono i periodi di ferie durante l'anno.
Tutti pagano in contanti, fa
parte delle regole del gioco. Mi chiedo ingenuamente come si possa by-passare serenamente la legge sui
versamenti in banca superiori ai 1000 euro, perché ad ogni servizio quella
cifra è ovviamente largamente superata, giustificando la presenza di non meno una decina di impiegati a regolare libro paga. Ma l’unica preoccupazione del cliente
che se ne sta andando è di riservare un tavolo per una serata del prossimo mese
di gennaio, mentre l’unica preoccupazione di Oldani sarà trovare una collocazione adeguata a quella prenotazione.
La leggerezza, le armonie e i
colori sono il manifesto di questa cucina POP che ti lascerà un ricordo solo
nelle immagini e non nel fondo dello stomaco. Immagini fotografiche dei sei
piatti provati che mi terrò per ricordo, perché lo chef non ama rivederle
on-line, per motivi suoi, ed io intendo rispettare le sue regole del gioco. E
se mi mancasse qualche riferimento, la bibliografia che mi potrebbe essere
d’aiuto non mancherebbe di certo.
E in mente un dessert che più pop di così non si può: da far rivivere il ricordo di " buongiorno Italia buongiorno Maria", ma messo giù con una cognizione e con una tecnica che vuole essere altro invece che un Cutugno Toto pop-olano ma piuttosto un soft rock, come il resto, Toto non Cutugno. Anche se la cucina di resistenza è altra, ma questa tiene duro e non concederà facilmente spazio a distonie.
E in mente un dessert che più pop di così non si può: da far rivivere il ricordo di " buongiorno Italia buongiorno Maria", ma messo giù con una cognizione e con una tecnica che vuole essere altro invece che un Cutugno Toto pop-olano ma piuttosto un soft rock, come il resto, Toto non Cutugno. Anche se la cucina di resistenza è altra, ma questa tiene duro e non concederà facilmente spazio a distonie.
Grazie chef, pranzo molto buono, agile ma non frettoloso:
fresco di giardino, leggero di grassi, colorato di frutta, profumato di erbe e
delicato come la tua voce, priva di acuti e di toni aspri, l'espressione di un carattere da raccontare senza l'ausilio di immagini.
........
E infine il mio menù, non ho
preso appunti, come sempre, e quindi vado a memoria fotografica:
Melanzana caramellata, pomodoro, Grana
padano riserva D’O caldo e freddo.
Gnocchetti arrostiti, composta di
mirtilli, semi di papavero e foglie di senape in salsa cremosa.
Vellutata tiepida di fagioli
estivi, strozzapreti al cacao, melone freddo .
Nasello al vapore, delicato
gazpacho bianco, tre foglie di rucola e due cubetti di albicocca fresca.
POP: sorbetti di pomodoro,
basilico e fiordilatte su tappetino di genoise e spaghetto fritto.
Chibouste di cocco, sedano crudo
ed in sorbetto, noce moscata e pomodoro confit.
Concordo con la tua analisi, ancora una volta. Le scelte dello chef-patron-selfmademan-p.r.man-condottiero, sono indiscutibili, perchè vincenti e, piaccia o non piaccia, i tempi d'attesa sono li a dimostrarlo. Per uno amante della materia prima e del minimalismo come lo sono io, alcuni abbinamenti risultano di non facile decifrazione, però so anche che Davide sa ascoltare ogni singola voce e da vecchio marpione del lavoro ristorantizio, è capace di imbastirti un menu tagliato su misura.Con me si è sempre comportato così. Davide non è proprio il tipo che lesina parole e spiegazioni.E' un po' che voglio riprovarlo. E poi, diciamolo chiaro e tondo, è assai difficile nella zona milanese, trovare un analogo rapporto qualità, prezzo e quel pizzico di fantasia -innovazione che non guasta. Non tutto gli riesce come vorrebbe ma sa anche rischiare con scelte al limite del banale ed in questo lo ammiro. Molti son quelli che dicono: " Ma alla fine sempre di cipolla trattasi". Sono di più quelli che la apprezzano e questo è un dato di fatto.
RispondiEliminaCiao.
LAMAX61°
Beh! Messa giù così le foto tornano a non essere indispensabile. E' bello immaginare quello che non si vede.
RispondiEliminaGiorgio
@Giorgio- son sempre stato convinto che le foto devono essere di altissima qualità o è meglio il racconto. Sicuramente il GdF avrebbe fatto il meglio possibile ma ha preferito rispettare (molto saggiamente) la volontà dell'ArchiChef.Col racconto non ti crei delle aspettative e neanche parti influenzato più di tanto. Saluti
RispondiEliminaLAMAX61°
Menù in pratica vegetariano, ma meglio del Joia, si sa ma non si dice.
RispondiEliminaFR.
Questa sequenza in effetti si, ma le alternative non mancano.
RispondiEliminaAlmeno quattro i piatti con carni.
Ma una dozzina quelli vegetali, non credo a caso, e non strettamente vegan.
Sarà l'estate, sarà che sono le donne che decidono di tornare o no in un ristorante.
Oldelain
RispondiEliminaF
Equilibrismi in punta di mouse.
RispondiEliminaIl libro di Oldani i illuminerebbe sulla massiccia presenza di verdure, le ultime pagine sono dedicate agli sfridi.