lunedì 11 aprile 2011

Il vino del giorno : Chablis Billaud Simon


- del Guardiano del Faro -



La nostra ragione d’essere : potervi offrire un’emozione cristallina e aerea di uno Chablis”.

Queste le buone intenzioni espresse in apertura del sito del Domaine Billaud Simon . Intenzioni e promesse quasi sempre mantenute, relativamente a quanto consentito dalle annate e dalla moderata virata verso la cultura biodinamica, che come ben sappiamo non sempre migliora il vino e che ha comunque bisogno di tempo per connotare positivamente una coltivazione. Non è che cambia tutto dalla sera alla mattina o dopo una certificazione. “ L’interpenetrazione della biodinamica con la cultura tradizionale ragionata ci assicura una costante evoluzione qualitativa dello stato sanitario delle nostre vendemmie “. Quest’altra frase mi lascia un po’ in mezzo al guado, vagamente ambigua ma apprezziamo ugualmente le intenzioni e lo sforzo, sperando che non sia un adeguamento alle mode e dunque andiamo con fiducia nella cantina del Domaine in Rue de Reugny, defilato qualche centinaio di metri del centro di Chablis, nel moderno edificio che contiene altrettanto moderne attrezzature, anche meccanizzate, in grado di gestire il quantitativo non indifferente di vino prodotto annualmente. Qui si parla di almeno 100.000 bottiglie annue ricavate dai 19 ettari di chardonnay piantati su parecchi tra i migliori cru, premier cru e grand cru chablisienne . Proprio questo importante quantitativo, frutto dell’importante patrimonio di vigne, oltre che dai rendimenti che a Chablis non sono propriamente ridotti, rendono i vini del Domaine Billaud Simon tra i più reperibili in fascia alta, dove i nomi riferimento sono sostanzialmente tre : Raveneau, Dauvissat e William Fevre . Ecco, volendo forzare il concetto, Billaud Simon lo potremmo collocare giusto dietro a questi tre fenomeni, fenomeni già molto diversi tra loro e che dietro ad essi trovano un altro Domaine in grado di fornire prodotti di personalità e di classicismo di primo piano . Un primo piano sul comune che vale 500.000 bottiglie dei 25 milioni che vengono mediamente imbottigliate Certo, poi qui sarebbe il caso anche di ricordare altri nomi notissimi agli appassionati : Laroche, Long Depaquit, Droin, Grossot ecc… ma la regolarità di livello medio così alto come dai primi quattro secondo me non è stata ancora raggiunta da altri Domaine. Qui invece, dal più umile petit chablis al più blasonato grand cru il fil rouge, pardon, le fil jaune non ha interruzioni e continua a vibrare in maniera costante e crescente.

Cuvée o singoli cru ci danno la precisa espressione dei caratteri classici dell’appellation, dove le differenze, come più volte rimarcato, non sono così facili da intendere così come in Cote de Beaune. Non mi stancherò di ripetere che a Chablis e nel Maconnais è lo chardonnay che riesce a marcare il terroir, diversamente che nella Cote de Beaune dove sarà sempre prioritario il terroir sul vitigno, che si adeguerà e si lascerà “marcare” dalle profondità di quelle divine terre . Quindi senza farsi tante spremute di cerebro si può serenamente provare a distinguere semplicemente le diverse intensità, le esposizioni, le maturazioni , gli stili, ma io ancora devo conoscere qualcuno che alla cieca individui i 7 grand cru , anche del medesimo produttore, che in questo caso potrebbe essere Fevre, che ha terreni in tutti e sette, gli manca solo Moutonne, ma quello è Monopole Long Depaquit , quello si abbastanza riconoscibile, ma proprio per uno stile diverso di intendere un grand, così come da Laroche, dove l’intervento in cantina e gli elevage marcati tendono ad ingrossare un vino che invece vorrei intendere più a spalla stretta ed addominali definiti piuttosto che come un wrestler a fine carriera. Questa finezza ricercata che nei vini non manca nelle produzioni Billaud Simon, dove il frutto, la mineralità, l’acidità e il delicato elevage si fondono bene quasi da subito rendendo i vini piacevoli già da subito ma possono andare a completarsi meglio sull’arco di una decina d’anni. Prendiamo ad esempio questo village 2007 che a distanza di quattro anni dalla vendemmia si rende ben poco disponibile ad una facile degustazione, tenendo ben saldi i caratteri prima di acidità e mineralità spinta piuttosto di rotondità o mollezze . Ancora giovanissimo e quindi in grado di rivelarsi con il tempo, nonostante qui si parli di un vino base e non di premier o grand cru. Come al solito lo stile di un Domaine di rilievo lo si incontra e lo si riconosce già dal piano terra, quello più accessibile, a partire da 15-20 euro di spesa. Per i premier cru e grand cru bisognerà logicamente salire anche di prezzo, ma con la certezza di incontrare grandi vini, da attendere per goderne al meglio della loro evoluzione o da giovani se stiamo cercando freschezza e acidità minerale pressoché atlantica.




- gdf -

1 commento:

  1. Raveneau è un altra cosa, altro pianeta, però questo si beve bene, anche se non è così facile da trovare come dici..
    B

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