- del Guardiano del Faro -
Avvertenza: questo post anomalo per un blog, in quanto conta quasi 12.000 battute scritte, e altre sottintese, volendo proprio leggerlo, sarebbe meglio passarlo prima dentro una stampante per una miglior resa del senso voluto.
Il termine Kursaal è spesso associato e inteso come elemento architettonico tipico di località termali o balneari del centro e del nord Europa progettato e costruito già dal xix secolo. Non aveva una funzione unica bensì si trattava di quello che oggi definiremmo un edificio multifunzionale. Si entrava nel sontuoso ingresso e si incontravano immediatamente un maestro d’accoglienza e giovani addette al guardaroba. Dopo di che si poteva passare al bar, alla sala da ballo, al teatro, al ristorante o al casinò. C’era di che abusare dell’intera giornata senza annoiarsi , sempre che il portafogli non avesse avuto motivo di offendersi. Se poi il kursaal si fosse trovato , come capitava spesso in nord Europa, direttamente su una spiaggia del mar del Nord, anche il servizio balneare poteva completare la ricca offerta di servizi turistici degna di quegli anni folli, degni di essere vissuti intensamente e senza pensieri, tra una guerra e l’altra e profondi drammi assortiti.
Qualcuno di questi kursaal oggi esiste ancora inteso come struttura e qualcuno è ancora funzionante. Mi manca quell’atmosfera non vissuta, anche se sono consapevole che non sarà una esperienza replicabile . Però un piccolo viaggio con la memoria lo riesco a fare ugualmente. Dai! Giù dal faro ! Pochi chilometri e ne incontro uno strettamente simile a quelli del mar del Nord, così anomalo sul mar Ligure. Certo, non può essere quello fantastico di Blankenberge , dove nonostante le prevedibili insidie delle mareggiate osarono comunque molto di più, andando incontro a questo braccio retratto dall’Oceano Atlantico.
Con un pensiero al kursaal belga entriamo in questo dai caratteri profondamente mediterranei: la bellissima struttura circolare protesa sul mare, il bar in mezzo, i tavoli concentrici e su due livelli, le vetrate che danno aria e luce, le terrazze, il mare sullo sfondo, la musica di classe diffusa con discrezione, ma che potrebbe diventare violenta, a seconda dell’orario o del tema della serata. L’edificio è originario degli anni trenta e mantiene anche dopo la ristrutturazione un discreto fascino pur se potentemente modernizzato al punto di disporre di un meccanismo che in pochi minuti sarà in grado di completare l’apertura totale del tetto , che in piena estate lascerà entrare la luce delle vere stelle al posto delle lucette elettriche visibili a copertura chiusa.
Mi piazzo li, in buona compagnia, a fianco delle vetrate che danno a Ponente e mi calo nella consueta calma mentale del flaneur ma puntualmente la mente scimmia parte verso orizzonti che pensavo dimenticati, perduti. Basta un colpo secco a provocare uno choc al cervello e per far scattare a molla l’apertura dei cassetti , come in quei mobili con il segreto.
Ma procediamo con ordine. Lei leggeva un libro davanti a me e io parlavo al telefono, c’era da sistemare il pranzo di Pasqua ma a lei sembrava non interessasse per niente l’argomento, stava leggendo cose fondamentali sull’India e sull’arte italiana. Ancora non si è fatta una ragione del fatto certo che è più facilmente e velocemente raggiungibile in aereo Nuova Dehli piuttosto che Firenze in treno. Pareva non ascoltare i miei discorsi al telefono, salvo ritmare dei “no!” periodici sopra a qualsiasi proposta emergesse dal mio placido monologo pasquale. Volevo pensare a qualche posto affidabile, niente di straordinario, siamo saturi di tante cose vanitose, ci basterebbe che non ci tirino il capretto in faccia a Pasqua , andrebbe bene anche un piatto di maltagliati al pesto e un coniglio a la ponentina.
Riesco appena a concretizzare il progetto che la gentile signorina di servizio rischia di far saltare tutto il mio lavoro psicologico con un coup de teatre travolgente. Evidentemente troppo abituata e troppo sicura di se perché da anni randagia con astuzia in quell’ambiente decide di voler passare ad una velocità sciagurata tra il tavolino e la piantana che reggeva il secchio con il ghiaccio e la bottiglia del mio vino bianco.
PATAPAM!!
Tutto volato via in forma di ondata ghiacciata in direzione dell’elegante signora che leggeva il libro sullo yogananda di turno, impassibile, ma sorprendentemente senza colpire ne me ne lei, se non con qualche schizzo d’acqua ghiacciata.
Da parte della direzione una immediata offerta di reintegro della bottiglia del vino. No, grazie, non ne bevo un’altra, un caffè corretto e un sorriso mi basta, stavolta è andata bene, niente drammi, solo un bello spavento.
Quella sera al Casinò di Evian, sorta di kursaal francese fronte lago, che ospitava anche la dependance stellata e mangereccia del Royal Hotel Evian, mi permisi di fare lo splendido ed arrivare con una Porsche cabrio presa velocemente in affitto a Ginevra per far colpo sulla giovanissima nuova fiamma. Giovanissima, quindi in preda ad un look che potevo apprezzare per comodità durante il pomeriggio ma che per una serata in quel luogo proprio non mi quadrava. Quindi si cambia, io dentro tirato a lucido come Brian Ferry con al braccio la Lolita haute de gamme. Subito entrambi in imbarazzo perchè ti rendi conto subito che la fauna che ti circonda è più ricca di esteriorità che di classe. Il solito rituale dell’arricchito con escort gonna corta e tacco a squillo che legge il menù e la carta dei vini con lo stesso interesse che avrebbe rivolto verso l’elenco del telefono del distretto delle Alpi Savoiarde. Ma non badiamoci, è la nostra serata. Lolita in abito da sera nero con accessori e svolazzi addirittura eccessivi, gioielli , pizzi e merletti. Ma in fondo meglio così, così si sentiva più donna nonostante quel corpo adolescenziale e anche principessa per una notte.
Casino' Evian, sponda sud del Lago Lemano.
In anni di frequentazioni francesi mi sono spesso chiesto come mai non ci sono quasi mai donne all’interno di una brigata di sala ( ma anche di cucina ), salvo che la gestione non sia familiare bien sure. Ebbene, i motivi li potete facilmente immaginare nei prevedibili atteggiamenti da galletti dei ragazzi che così facendo provocherebbero spaccature nell’armonia della brigata stessa, ma quella sera intuii che ce ne potesse essere uno in più, e cioè la rivalità femminile. Ma non tra le impiegate, bensì tra la impiegate e le clienti. Se poi quella in sala ha anche un ruolo di responsabilità o addirittura di direttrice di sala apriti cielo ! Ebbene, non la voglio fare lunga descrivendo troppo in dettaglio l' elegante signorina delegata probabilmente a far da ponte tra sala ristorante e l’adiacente sala casinò, non interessandomi se si trattasse della “prima donna” del bar o del ristorante, ma in ogni caso prendeva comande ed era in abito diverso rispetto al resto del personale, molto più elegante. Si occupava anche di portare al tavolo alcuni aperitivi, spesso distratta dai look abbaglianti di alcune signore ai tavoli, non proprio alle prime armi, e che per nessun motivo al mondo avrebbero accettato di passare inosservate . In prossimità del nostro tavolo tirò dritto sulla gamba di un gueridon e PATAPAM! Lanciò tutto quello che c’era sopra addosso alla mia Lolita in black cadendovi ai piedi. I soccorsi partirono immediatamente e si protrassero a lungo nel locale adibito a toilette femminile: acqua, smacchiatori, phon, pettini, spazzole, asciugamani. Questo almeno per quello che posso immaginare tenuto conto del lungo tempo che passai da solo al tavolo leggendo la carta dei vini. Per quel che mi riguardava, rimasto miracolosamente incolume dal disastro, mi limitai all’espressione del Generale in Hollywood Party con la moglie caduta in piscina “ Salvate i gioielli!” Ma così, per sdrammatizzare il momento di tensione con il sommelier, non avrei voluto vedere graffi in faccia e strappi di capelli tra ragazze così carine, che non decadessero nella lotta nel fango insomma. Il sommelier imbarazzato più dal mio sorriso sarcastico che dal trambusto provocato dalla sua collega mi domandò infine quale vino avessi scelto dopo l’aperitivo. Montrachet ! Non importa quale, tu porta qui una bottiglia di Montrachet, guardiamo avanti, pas belle la vie?
Finalmente un ritorno dalla toilette. Dopo oltre un ora ed una occhiata rivolta all’antagonista che rividi solo sui campi da tennis quando a Monica Seles si presentava la possibilità di schiacciare in faccia uno smatch ravvicinato a Steffi Graf. Sarà tutto pronto domattina, consegnato, lavato e stirato, e ovviamente pagato da loro mi dice in un sospiro. Bene, dico io, dai poteva andar peggio. La cena va via in fretta, ci si conosce da poco, c’è altro in mente, la bottiglia di Montrachet fa il suo bel lavoro di chaperon. Addition ! Merci! Voici mesdames et messieurs…votre addition. Vi preghiamo ancora di scusarci dell’incidente. Naturalmente il vino è offerto.
Cannes, l'ultimo piano del Carlton.
La Belle Otero, ultimo piano del mitico Carlton, a Cannes, di nuovo dalle parti di Pasqua . Anche qui noto che curiosamente il piano ultimo è diviso tra ristorante bistellato e sala casinò. Qui la direttrice è una bellissima ragazza, anche altissima , come al solito abbigliata diversamente dal resto della truppa per render chiaro al mondo che è lei la numero uno. Ruolo di riferimento identificabile dall’abbigliamento, dal carisma, dall’autorità del suo sguardo e da quello di riguardo e rispetto che gli rivolgevano i camerieri, ma a mio avviso trampolata su tacchi troppo alti per resistere una notte al servizio di una sala così grande e così fitta di trappole architettoniche. Cominciando dalle nicchie a balconcino dell’attico del Carlton , dove venivano inseriti di misura tavolini mignon per coppiette in cerca di uno spicchio di cielo e di mare più che esclusivo, i tavoli ben distanziati all’interno, questo si, ma con sotto uno scricchiolante pavimento in parquet irregolare coperto elegantemente da tappeti , pavimenti che coperti in questo modo nascondevano le insidie in maniera ancor più infida. Insomma sta per andare in onda il sequel del solito film proiettato prima in nero e poi in bianco, il resto sarà sicuramente in rosso , infatti gli aperitivi sono un Bloody Mary e un Kir Royal
Me lo sentivo, da come si guardavano me lo sentivo, due tailleurs a confronto come in un duello texano all’ultimo sangue. E PATAPAM che la più bella della Belle Otero va a prendere dritta di punta un gradino di mezzo centimetro del parquet nascosto sotto i fitti tappeti. Vassoio in volo planato sul tavolo, bicchieri schiantati con tovaglia e abito bianco ridotti come le vittime della strage di San Valentino, dommage per il mio kir royale che ha dato il suo contributo non secondario alla colorazione della tovaglia e del completo bianco di Max Mara della ragazza . Fuga in toilette e procedura d’urgenza come immaginabile: è bianco, è Max Mara, dell’acqua, subito, lo stiamo perdendo, fermate l’emorragia . Io resto li , incolume al disastro a guardare cinicamente cosa si inventano; tutta esperienza che servirà quando toccherà a me gestire in sala le emergenze . Grandi! Questi, a sala piena in estate , a due stelle Michelin, in uno dei più lussuosi alberghi di questo pianeta mentre 30 persone li guardavano a occhi sgranati hanno improvvisato uno show da applausi. Geniale, non nascondono, esaltano il disastro! Arrivano in due e trascinano via l’intero tavolo lasciandomi li da solo sulla mia poltrona senza compagna e senza tavolo. Ritornano però in un lampo con un altro tavolo già apparecchiato!
Pausa, respiro lungo, e poi finalmente il maitre mi si rivolge: Messieurs, nell’attesa che torni la signora le posso portare qualche cosa da bere ?
Si , grazie mi porti un Montrachet, lo scelga pure lei, mi fido!
Il finale lo potete immaginare, Medames et Messieurs vogliate scusarci, speriamo abbiate comunque passato una eccellente serata, che la cena sia piaciuta, e ble bla bla, naturalmente il vino è offerto.
Il Montrachet è un vino che mi piace in queste occasioni perchè è un vino riparatore, non consolatorio, solo compensativo e anche molto cinico, perché poi quasi mai è eccezionale, e quindi è un peccato doverlo pagare. In tutta la vita ne avrò bevuti forse tre su trenta veramente degni della fama immensa che lo accompagna. Il Montrachet è un vino complicato da bere, il piacere spesso svanisce di fronte al prezzo, perché quel poco che c’è costa sempre moltissimo, e i produttori che ne hanno a disposizione qualche rango di vigna la sentono questa responsabilità, non possono imbottigliare una ciofeca e poi pretendere dai 300 euro in su all’origine, questo di media, perché le punte toccano ben altre cifre. Non è mai pronto, lo devi aspettar almeno dieci anni e se te lo fanno assaggiare da giovane non sai mai bene se stai facendo un acquisto intelligente. Se lo trovi in carta al ristorante di annata già ben evoluta invece si, a volte può essere ottimo, ma non sempre, anzi, le sensazioni di chiusura, di scollinamento, di imperfezione aromatica, di concentrazione eccessiva, di maturità di frutto esasperata , di elevage troppo marcato. Insomma, è più l’ansia che la soddisfazione, e troppo spesso anche avvilimento .
E allora torniamo al nord, di nuovo sulla costa del Mar del Nord, a Deauville . Qui il nome del locale e dell’hotel non lo posso fare . Qui, al bar va tutto bene, possiamo passare al tavolo. La direttrice passa al tavolo a salutare i clienti ed in prossimità del nostro fa una mossa teatrale con le braccia e un passo indietro per onorare la nostra presenza. E’ un’altra di quelle cose che ho imparato a non fare mai in sala, quando stai ad un tavolo, salutando, spiegando o prendendo una comanda, non allargare mai le braccia platealmente e soprattutto non fare mai un passo indietro senza guardare. Ci potrebbe sempre essere un commis di passaggio con un grande vassoio che gli impegna pesantemente entrambe le braccia, non avrebbe scampo se gli si ponesse davanti un ostacolo improvviso che potrebbe anche farlo cadere. Proprio così, non fare MAI mosse azzardate in sala, potresti anche farlo cadere…PATAPAM!
Sommelier!! Du Montrachet s’il-vous plait !
gdf
Chissà cosa penseranno da Pignataro e su Passione Gourmet :-))
RispondiEliminaper quanto mi riguarda sto pensando al fatto che il gdf è un maestro.
RispondiEliminaDa passionegourmet
F.N.
Di la verità, ti è bastata la prima immagine ,il resto non serviva :-)
RispondiEliminaMaestro!
RispondiEliminaAllora vale pena di bere o no il montrachet?
Roby!
RispondiEliminaNon ci togliere le sicurezze
A.
Meine Damen und Herren, Mesdames et Messieurs, Ladies and Gentlemen! Guden Abend, bon soir, We geht's? Comment ca va? Do you feel good? I bet you do! ...
RispondiElimina