La mia prima volta, seria e consapevole, a
tavola, con la Louise. In precedenza,
solo rapide palpatine, garbate toccate e fughe, in mezzo a decine di
millesimati e bsa.
La Louise
è la cuvée de prestige, creata nel
1979, in omaggio a Madame Pommery.
Solo da vigneti di proprietà, solo Grand Cru
- Cramant e Avize per la bacca bianca (65%), Aÿ per il Pinot Nero (35%) – solo
il cœur de cuvée, dieci
anni sui lieviti, oltre tre anni di dégorgement.
Io e lei, da soli, tête-à-tête.
Basso profilo e discrete aspettative, non sia
mai.
La carbonica sottilissima è un pregio.
La Louise
aspetta il mio naso e, non appena giunge a tiro, estrae una mazza da baseball, percuotendolo
più volte. Tra una legnata e l’altra, giusto il tempo di curare i lividi con
deboli nuances burrose e agrumate.
Capperi, che ospitalità.
Dal pregio allo sfregio – che privilegio! -
il passo è breve, con il colpo del knock-out
che arriva dritto al palato. Lì, la Louise,
s’incazza, posa la mazza, inforca un verde randello, gonfio di nodi e sferra colpi
ferali. Nell’avaro florilegio, anche un eccesso di acidità.
Attendo e paziento, tuttavia, nemmeno il savoire faire del dj potè.
In questa
bottiglia, la Louise non ha espresso
quanto ci si attende – e quanto, solitamente si apprezza - da una top cuvée, cioè a dire, la quintessenza della
sapienza enologica di una maison. Inammissibile
e insopportabile, dopo tredici anni, dosi così massicce e ingombranti di legno.
Quel
dommage.
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