Inutile a quel punto dargli un finale quando manca in contenuto centrale per
collegare tutto quanto ad una presa di corrente. Lo avverti già da prima che
non funzionerà, quindi perché provarci lo stesso. Come lo finisco? Con un colpo
di coltello inferto alla schiena da uno chef che ha perso testa e stelle in Rue
Royale?
No, il mio viaggio con l’ispettore Michelin si ferma qui al faro e torna
mestamente nel cassetto, tanto lui era già in pensione, e quindi che cosa gli
cambia a rimanere li, condensato di grassi ma resistente alle intemperie di una
vita spesa sulle autostrade francesi, che sono comode, ma piene di autogrill
dove si mangia di merda.
Il viaggio con l’ispettore partiva da un concetto letterario che non
sono grado di reggere, una cosa troppo complicata, come romanzare un infinito
dialogo senza annoiare il lettore, senza trovare una sintesi soddisfacente,
annoiandomi scrivendo, forzando l’idea di altri.
Parallelo ma diverso nella maniera, quella dello scrittore Fabrizio
Scarpato, che ne ha fatto un feuilleton del suo ispettore, probabilmente anch’esso
in pensione, feuilleton che si completa ogni giorno, diversamente da un diario che cerchi una conclusione, perché il suo potrebbe spegnersi adesso oppure proseguire a
tappe, all’infinito, come tanti piccoli circuiti stampati collegabili, su
plastica o su carta, come si usava fin dai primi tempi dell’elettronica applicata
all’intelligenza o al diletto di un cervello in cerca di qualche coda di giornata
più complicata di un cross word di Bartezzaghi.
Quando mi chiese: ma come ti
funziona il cervello? Pensai a quel momento di età immatura in cui degli
insegnanti credevamo di potermi inculcare una logica neppure loro. Non era età
matura per riuscire a far si che tutti i collegamenti che ci dovevano si essere
ma non vedersi, e pure funzionare. Quando avevo finito il compito non mi restava
altro da fare che collegare il tutto – il circuito stampato - alla presa di
corrente, al mondo che ti avrebbe detto si con una luce accesa o un no
spegnendola a tutto il circondario, causa corto circuito.
In quel momento non importava più quanto ci fosse voluto per disegnare
sulla piastra uno schema fatto da un altro, riproducendo un’idea altrui su
quella piastra verde o marrone che diventava di un altro colore se immersa in
un acido amaro, forandola con una sottilissima punta attivata da un trapano
elettrico. Componenti di vario genere ed
utilizzo, anche loro elettrici e quindi variabili di umore. Un saldatore e un
rotolino di filo di stagno per tenere insieme il tutto.
Poi, se si accendeva bene, se no cercare il guasto su un circuito
cerebrale stampato nuovo poteva non essere così facile, così convinto di avere
seguito tutto il filo del discorso al meglio, di un altro, senza dubbi.
Un passaggio poteva essere stato saltato guardando lo schema, un
componente poteva non esser stato ben saldato. Il rischio della saldatura
fredda era sempre possibile anche da parte di chi abile a farle brillare,
invece le vedevo a volerle vedere, perché una saldatura fredda è opaca.
Quel condensatore, quella resistenza, apparentemente collegati al resto
del mio amplificatore che però non funziona, e così la radio non suona. Componenti
che sembravano ben allineati a tutto quanto, invece erano
rimasti scollegati.
Cercare la fonte del problema e cercare di risolverlo, oppure rifare
tutto; il tempo necessario sarebbe stato probabilmente simile prima del
silicio. Riprovo ma capisco che faccio prima e volentieri tutto e daccapo,
anche se una seconda prova alla presa di corrente mi attrae, pur sapendo che mi
potrei pure bruciare la dita la seconda volta, quando il salva vita è già
saltato due volte.
Il circuito stampato, di Ieri o di oggi, ne esistono di rigidi, di flessibili, di mono
faccia o a doppia faccia; si possono fare come si vogliono i circuiti
stampati, diventati finalmente flessibili, e questo mi piace, mentre l’opzione
a doppia faccia no. Comunque obsoleti.
Se ho tempo però mi piace rifarlo anche se funziona, perché se potrebbe
essere abbastanza facile arrivare al compimento del progetto utilizzando il
molto spazio messo a diposizione, ricostruendo scolasticamente un disegno messo
a disposizione da altri, sarebbe forse più intelligente metterli da parte e ... ripartendo da zero le
cosa cambiamo, cercando di giungere al
medesimo obiettivo, di funzionamento, però cercando di arrivarci usando il
minimo spazio possibile – su una sola faccia -
quello sufficiente perché le tracce non si sovrappongano, ché
creerebbero corto circuito, mente tutti i componenti, opponendo maggiore o
minore resistenza, possano ben volentieri incrociarsi, condensarsi, trovando una
sintesi, almeno loro
gdf 12 min
gdf 12 min
Menomale, di ispettori ce ne sono fin troppi e, senza offesa per quello di Fabrizio, sembra necessario che debbano avere problemi con le donne per fare decentemente il loro lavoro. Se potessi scegliere mi fidanzerei con un ispettore di produzione ma il mio ispettore dei sogni rimane Jacques Clouseau (qualcuno esclamerà … echissenefrega!)
RispondiEliminaAlba
Cara Pantera Rosa in ascolto, anche senza speeddate ti ho trovata, credo di avere i requisiti, brucio i libri nel camino come Pepe Carvalho, leggo Scarpato, ho firmato la petizione per la salvaguardia dell’Armadillo.
EliminaSe ti piace gdf e soprattutto se dodici minuti possono bastare (si scherza) spero di diventare tuo amico di tastiera, ma non voglio nasconderti nulla, purtroppo anche per il sottoscritto le donne sono fonte di ispirazione continua e al contempo causa di problemi.
50Coliandro50Manara (100echissenefrega)
p.s. : stanotte ho sognato gdf che giocava al piccolo chimico ma ieri sera non ho spellato i peperoni
Formeremmo un bel trio, io mi porto sempre dietro i cavi della batteria auto...e adoro i peperoni arrostiti.
RispondiEliminaAlba
Non capisco niente di circuiti stampati, di peperoni arrostiti e nemmeno di donne. Però ringrazio per la citazione (al netto della qualifica di "scrittore" per la quale potrei chiedere i danni morali). E se poi Bartezzaghi si incazza...ecchissenefrega. :-)
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