Quel pomeriggio Paperino rinvenne nei sotterranei di Villa Rosa dei diari, leggendo i quali trovò l'ispirazione per crearsi una seconda identità: Paperinik. Tempo dopo, giocando da solo a Monopoli, mi resi conto di averne già inventate almeno quattro di personalità diverse, quanto avverse. Quelle amichevoli mi diedero subito sui nervi, perché noiose e stucchevoli, e perdenti al Monopoli.
gdf 1967
Nel 1967 avevo sei anni e attraversavo tutti i giorni una strada statale di corsa
per andare ad affrontare la fine di quella strada asfaltata che mi portava a confrontarmi con una Prima sensazione che mi dissero importante, ma secondo me molto Elementare. Accompagnato, si, ma solo il primo giorno, e da una moderata emozione per non suscitare dubbi.
Poi da solo, con le mie prime palline di carta impastate di saliva da lanciare dall'ultimo banco e una matita ancora da appuntire, da temperare e svuotare dentro a quel piccolo contenitore di vetro (il calamaio) incastrato su un angolo del banco foderato di formika (lo scrivevo con la k) che avrebbe dovuto contenere inchiostro invece che grafite e legno temperato.
Uscivo dal negozio dove vendevo a mia insaputa dischi in vinile e elettrodomestici smaltati, fatti di plastica e metallo; lampadari di strass, caffettiere in lega leggera dell'uomo con i baffi, vassoi d'argento, acciai Alessi, ceramiche di Limoges, vasi di Baccarat, bicchieri di cristallo di Boemia e molti mangiadischi, e cioè quell'oggetto che rigava e divorava comunque ogni disco, non facendo differenza tra Rita Pavone e i Moody Blues
Poi da solo, con le mie prime palline di carta impastate di saliva da lanciare dall'ultimo banco e una matita ancora da appuntire, da temperare e svuotare dentro a quel piccolo contenitore di vetro (il calamaio) incastrato su un angolo del banco foderato di formika (lo scrivevo con la k) che avrebbe dovuto contenere inchiostro invece che grafite e legno temperato.
Uscivo dal negozio dove vendevo a mia insaputa dischi in vinile e elettrodomestici smaltati, fatti di plastica e metallo; lampadari di strass, caffettiere in lega leggera dell'uomo con i baffi, vassoi d'argento, acciai Alessi, ceramiche di Limoges, vasi di Baccarat, bicchieri di cristallo di Boemia e molti mangiadischi, e cioè quell'oggetto che rigava e divorava comunque ogni disco, non facendo differenza tra Rita Pavone e i Moody Blues
Quella mattina di inizio estate non ci dovevo più andare a scuola,
potendomi così dedicare ad una collezione di Topolino che avevo rinvenuto in un
armadio a muro rimasto chiuso da chissà quanti anni in quella casa che non era
mia, che non era nostra, e non sarà mai stata di nessuno, pensando ad una vita in affitto.
Risalivano agli anni ’50 e i primi '60 quelle edizioni di Topolino che mi fecero spalancare gli occhi e passare interi pomeriggi a leggere e imparare, steso su un letto di immaginazione.
Il mistero di Villa Rosa mi affascinava più di ogni altro titolo. Pensate che Paperino ne divenne proprietario per un errore delle Poste. I sotterranei di Villa Rosa, per me più intriganti di tutti i milioni di dollari di zio Paperone o di tutte le fortune di Paperoga. Meglio la sfiga di Paperino come antipasto. All'opposizione fantasiosa mi sentivo già a mio agio.
Quel pomeriggio Paperino trovò nei sotterranei di Villa Rosa dei diari, leggendo i quali trovò l'ispirazione per crearsi una seconda identità: Paperinik. Tempo dopo, giocando da solo a Monopoli me ne ero già inventate almeno quattro di personalità diverse, quanto avverse. Quelle amichevoli mi diedero subito sui nervi, perché noiose e stucchevoli.
Sembravano tutti più belli e interessanti quei piccoli volumi, forse perché non sapevano di edicola ma un pochino, come dire, quasi di muffa, ma non di tappo, solo di chiuso e quindi avevano bisogno di un poco di aria per esprimersi. Sapevano di chiuso, di maturo, ma non ancora di vecchio.
Topolino mi sembrava uno già troppo opportunista rispetto a Paperino. Uno che sapeva aspettare il momento buono, mentre l'altro, Paperino, più istintivo e irascibile: uno fuori controllo per un niente.
Quella mattina era anche domenica mattina, ma di andare in chiesa non se ne parlava proprio, magari al cinema si, ma non a quello dell’oratorio. Il fascino di quella collezione abbandonata da qualche bambino nato molto prima di me e abbandonata in quell'armadio a muro chiuso a chiave mi fece capire il significato dell'attesa, il fascino del ritrovamento, della bellezza -invece della paura- che si poteva celare dietro al muro.
Anche gli oggetti maturano. Con qualche ruga o qualche riga, ché quando li tocchi o li riguardi non sono molto diversi dagli esseri umani. Quei "Topolino", tra gli otto e dodici anni di invecchiamento si esprimevano al meglio, come oggi una bottiglia di Chablis d'autore.
Risalivano agli anni ’50 e i primi '60 quelle edizioni di Topolino che mi fecero spalancare gli occhi e passare interi pomeriggi a leggere e imparare, steso su un letto di immaginazione.
Il mistero di Villa Rosa mi affascinava più di ogni altro titolo. Pensate che Paperino ne divenne proprietario per un errore delle Poste. I sotterranei di Villa Rosa, per me più intriganti di tutti i milioni di dollari di zio Paperone o di tutte le fortune di Paperoga. Meglio la sfiga di Paperino come antipasto. All'opposizione fantasiosa mi sentivo già a mio agio.
Quel pomeriggio Paperino trovò nei sotterranei di Villa Rosa dei diari, leggendo i quali trovò l'ispirazione per crearsi una seconda identità: Paperinik. Tempo dopo, giocando da solo a Monopoli me ne ero già inventate almeno quattro di personalità diverse, quanto avverse. Quelle amichevoli mi diedero subito sui nervi, perché noiose e stucchevoli.
Sembravano tutti più belli e interessanti quei piccoli volumi, forse perché non sapevano di edicola ma un pochino, come dire, quasi di muffa, ma non di tappo, solo di chiuso e quindi avevano bisogno di un poco di aria per esprimersi. Sapevano di chiuso, di maturo, ma non ancora di vecchio.
Topolino mi sembrava uno già troppo opportunista rispetto a Paperino. Uno che sapeva aspettare il momento buono, mentre l'altro, Paperino, più istintivo e irascibile: uno fuori controllo per un niente.
Quella mattina era anche domenica mattina, ma di andare in chiesa non se ne parlava proprio, magari al cinema si, ma non a quello dell’oratorio. Il fascino di quella collezione abbandonata da qualche bambino nato molto prima di me e abbandonata in quell'armadio a muro chiuso a chiave mi fece capire il significato dell'attesa, il fascino del ritrovamento, della bellezza -invece della paura- che si poteva celare dietro al muro.
Anche gli oggetti maturano. Con qualche ruga o qualche riga, ché quando li tocchi o li riguardi non sono molto diversi dagli esseri umani. Quei "Topolino", tra gli otto e dodici anni di invecchiamento si esprimevano al meglio, come oggi una bottiglia di Chablis d'autore.
Una BMW 2000 CS coupè davanti al mio naso appena uscito dalla porta di casa cosa ci faceva? Non c’era
null'altro intorno di parcheggiato in quella stradina di un qualsiasi paesino di
campagna dove stavo parcheggiato in quel periodo. Grigio metallizzato. Si
diceva argento metallizzato. Non aveva nessun senso logico quell'oggetto messo li in quel momento. Mi dissi, anzi, comunicai a quell'oggetto: tu
un giorno, anzi, mettiamoci d'accordo fin da ora; adesso non è tempo, ma tu tra una dozzina di anni sarai mia, evoluta, un poco diversa, ma sarai tu il mio primo grand cru!
Non fu quella là, ma la sua evoluzione, dodici anni dopo, perché uno
Chablis Village va atteso meno che in quella misura di maturità, mentre invece un grand cru lo si può aspettare un po’ di
più. Anzi, si deve aspettarlo di più, se no lo sprechi. Ne ho sprecate alcune, anche di molto buone tentato dal forzarle ad uno stappo precoce. Arrivò più in là quella là, quella aggiornata, quella colta al momento giusto. Si, però, ma anche questa, accidenti a lei! Questa bevuta oggi sapeva proprio di vinile buono, appena velata dal tempo, avendo avuto la pazienza di aspettarla.
gdf '67
gdf '67
Qualche volta aprendo l’armadio gdf toglie la polvere, la carta e l’identità che non mi aspetto e che preferisco (anche se il cds…) e mi rendo conto che quando fa così non resta che togliersi il cappello e appenderlo nell’armadio nel posto lasciato vuoto dall’identità, a “stento” lo trovo ma scopro anche che non ci sono c. da appendere.
RispondiEliminaM 50&50
.... un altro avrebbe detto, lo chablis bevetelo tra gli otto e i dodici anni di bottiglia che è più buono :-)
EliminaBeppe
La vecchiaia porta solo una cosa buona: la saggezza
RispondiEliminaIl Saggio
Una sola volta mi è passata sotto le mani: quando ho iniziato a lavorare in bmw nel 1984 era già un evento vedere un paio di 1502 e una 1600 nella nostra zona dove il lusso si esprimeva ancora nel girare con il mercedes pagoda o la lancia giulia. Ho appena letto il tuo pezzo di oggi. Anche io ho incontrato una collezione di giornaletti in cui mi sono persa ma avevo dodici anni per fortuna. Stava nel mobile del letto a scomparsa del fratello grande della mia amichetta dirimpettaia e c'era di tutto, dal monello all'intrepido a tex e al porno. Su quest'ultimo è andato a farsi benedire il mio candore ma è stato un purgatorio lungo considerando che la mia prima volta è arrivata a vent'anni. Il mio primo incontro con la bmw è avvenuto che avevo 14 anni: era un 323 e anche io ho sognato di averne una da grande. Ho realizzato il mio desiderio due volte, ora ho un 320d touring e46, ma il mio sogno è costantemente di viaggiarci con la mia famiglia verso una bella vacanza anzichè di venirci al lavoro.
RispondiEliminaCiao carissimo, buon lavoro.
Alba
Per la 323i c'era qualche problema, non mi ricordo se di IVA o di super tassa.
EliminaFu una 320i, nel 1979 tanta roba. E in seguito Cabriolet.
Faceva fatica a rimanere in strada in curva, ma da ferma faceva la sua porca figura.
E l'interno in velluto nero piaceva molto alle ragazze.
Quella ci rimase, ahimè, amava i maglioncini d'angora bianchi.
Che sul velluto nero ci rimangono a lungo.
EliminaMeglio l’angora che una collana di perline rotta o un dolce profumo versato, ma non ci piango anzi sorrido leggendo @ Alba e il fratello diesel della dirimpettaia
M 50&50
Iva al 36% sulle auto di lusso a benzina oltre i 2 litri di cilindrata e superbollo su quelle a trazione integrale, ma ora come allora l'escamotage tipico era intestare la vettura al nonno/nonna di casa o più tristemente al portatore di handicap. Ho visto immatricolazioni che voi umani.....
EliminaIl problema dello sculettamento invece è sparito sia con l'innovazione dell' abs che con l'eliminazione del velluto.
Alba
Lo sculettamento esterno sparì in effetti con il cabrio successivo, ancora 320-6 cilindri(1989) ...in mezzo tante Golf.. ma tu lo sai; mentre quello interno si accentuò per via dei sedili in pelle. Su quelli di velluto non si poteva muovere facilmente. Ci rimaneva proprio appiccicata come il Velkro. Con la K.
EliminaQui si parla di vinile dimenticando le capote chiuse delle jaguar di quegli anni
RispondiEliminaFranck
Frank leggeva Diabolik e sognava di incontrare Eva Kant.
EliminaAlba
Il video original dei Moody fu girato in Place de la Concorde. Sicuramente un caso. Vero?
RispondiEliminaA&P
Nulla per caso
EliminaNeanche il vinile sul tetto delle Jaguar. Quelle coupè 6000 12 cilindri che andavo a guardare, non in vetrina, ma nello sterminato parcheggio degli elefanti agonizzanti, quello là dietro Viale Certosa, da Koelliker. Non costavano già più niente.
Ma li, arrivai veramente troppo tardi per quei poveri oggetti, quando sapevano ormai di torba, come una garza da Pronto Soccorso.
E allora meglio un Bowmore, e poi una birra tedesca.
In quegli anni lavoravo in un'azienda di montaggi industriali, di jaguar ne guidavo 2, una xj 6 cilindri 3.6 ed un 12 cilindri 5.3 che aveva bisogno di koelliker ogni 3 mesi. Una l'ho tirata a 240km/h sulla mestre vittorio veneto ma segnava sul tachimetro "solo" 150 mi accorsi poi che era impostata sulle miglia. Il 12 cilindri invece sulla a26 a 250 vibrava che pareva un terremoto. mi divertivo di più quando mi davano la renault 5 turbo.
EliminaF
Finalmente!
RispondiEliminaLa maestra lo diceva spesso che non era abbastanza applicato alla materia, ma allo spirito!!. Il comportamento poi...............
RispondiEliminaR
Sette in condotta. Cos'è una condotta? Leggo su Wiky
RispondiEliminaQuesta è una pagina di disambiguazione; se sei giunto qui cliccando un collegamento, puoi tornare indietro e correggerlo, indirizzandolo direttamente alla voce ...
e allora?
Sembrava un villaggio invece era una bella città
RispondiEliminaBB