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"Il salame, un’icona italiana sfruttata e depauperata. Tempo, sacrifici, tradizione e pazienza sono le armi di Bettella nella battaglia contro le manipolazioni industriali che abituano i palati a sapori artefatti. Oggi il vero salame rivendica la sua dignità e nobiltà, dicendo “no” a comode strategie speculative.
NO a maiali leggeri cresciuti in fretta a suon di preparati e crusca, e con poco grasso. Il Salame Nobile Bettella è figlio del Maiale Tranquillo® che dona tutta la bellezza dei suoi 300 kg di peso, tra carni mature, ben marezzate e grasso fissato, quest’ultimo frutto di una dieta salubre senza nuclei né mangimi."
"Il salame, un’icona italiana sfruttata e depauperata. Tempo, sacrifici, tradizione e pazienza sono le armi di Bettella nella battaglia contro le manipolazioni industriali che abituano i palati a sapori artefatti. Oggi il vero salame rivendica la sua dignità e nobiltà, dicendo “no” a comode strategie speculative.
NO a maiali leggeri cresciuti in fretta a suon di preparati e crusca, e con poco grasso. Il Salame Nobile Bettella è figlio del Maiale Tranquillo® che dona tutta la bellezza dei suoi 300 kg di peso, tra carni mature, ben marezzate e grasso fissato, quest’ultimo frutto di una dieta salubre senza nuclei né mangimi."
E' il Maiale Tranquillo, quello over size, quello che vive a lungo, che per un maiale non è comunque moltissimo: 28/30 mesi. Ma poi, il suo salame sopravvive nelle umide cantine per altri 18 mesi dedicati alla maturazione. Vuol dire assaggiare una cosa, un prodotto che si avvicina "tranquillamente" ai 50 mesi, quindi oltre i quattro anni.
Un salame grande, un grande salame, insaccato in budello cucito a mano e stagionato a lungo tra le nebbie che non mancano quasi mai in autunno ed in inverno tra Parma e Cremona. E' Bettella, prevedibilmente.
Una marinatura che se non ce la fai con l'aglio lascia stare, ma se ce la fai non riesci a smettere.
Non si vive di solo salame. C'è qui anche il mitico risotto al fondo bruno di Bergese, poi recuperato in forma discreta da Flavio Ghigo, quello che gli valse il premio di risotto dell'anno (nel 2003) nella guida Riso Gallo e qui perfino alleggerito da Daniele Lunghi, che utilizzando le conoscenze e le tecniche di oggi contiene i margini della decenza alimentare senza perdere il senso di un piatto che è unico. L'unico risotto che riesco sempre a finire nel piatto.
E non si vive neppure di solo riso. E allora invece del dolce un dolcissimo torcione di foie gras mi cuit da un allevamento in Loira, lavorato in maniera sublime da Daniele qui alle Antiche Volte di Fossano. Da gustare così, anche con nulla e senza moderazione.
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