di Angelo Antonio Angiulli
Ci sono riusciti i bar già nel secolo scorso ad avere il loro spicchio di ristorazione con regole precise ma sovente disattese, malgrado le accese polemiche del settore che si sentiva invaso abusivamente. Anche gli home restaurant si sono insinuati nelle pieghe di un comparto dal ventre molle, dato che ormai nel nostro bel paese è possibile avere iniziative ignorando le regole del sistema, con l’atavica assenza di controlli delle autorità preposte sempre in affanno per mancanza di uomini e di mezzi adeguati.
Timidamente all’inizio ma sempre più arrembante è arrivata la moda dei dilettanti allo sbaraglio con la sola consapevolezza che in casa nessuno viene a controllare neanche se si fa o meno la differenziata. Ma l’immenso genio italico ha provveduto prima di ogni regolamentazione a creare varie piattaforme sul web con le proposte di casalinghe o addirittura di ex professionisti del settore ristorativo, forse desiderosi di liberarsi dai vincoli imposti dalla legislazione vigente.
Tanto tuonò che piovve, finché alla Camera è passato un disegno di legge per regolamentare il settore, approvato a larga maggioranza bipartisan. Apriti cielo! Sono piovute accuse sulla lobby della ristorazione che avrebbe spinto verso il disegno di legge varato, che a detta di una nota piattaforma è stato un attacco alla “sharing economy”, che tra l’altro suona meglio in italiano come “economia della condivisione”, comune anche a molti altri settori della società contemporanea.
Non è piaciuta la legge ad un cofondatore di “Gnammo.com”, che rimprovera al legislatore non tanto l’introduzione dello HACCP nelle case che dovrebbe essere “in chiave domestica”, obiettando “che è inutile insegnare alla signora Maria il corretto utilizzo della cella frigo che non avrà mai”, ma a mio avviso del frigo di casa sì, quanto invece spiegare “come mantenere bene la sua lavastoviglie”, cosa che a mio parere dovrebbe già sapere. A me pare che si facciano le pulci inutilmente sia in igiene e sanità che nel settore fiscale, dato il tetto annuale di 5.000 euro, oltre il quale scattano obblighi abbastanza simili a quelli della ristorazione classica.
Il motivo di questo disaccordo che insita nella cifra esigua, stimolerebbe maggiormente ad incassi al nero, cosa che peraltro già succede in ogni settore della nostra economia. A prima vista non ci sono riscontri di quale percentuale viene trasferita allo stato dagli incassi “delle web famiglie”, ma cercando proprio sul web ove ci sono domande e risposte fra aspiranti e volenterosi neofiti e coloro che hanno già un pregresso di tutto rispetto, si evincono cifre che arrivano a 40 euro a persona, per 10 coperti giornalieri, e c’è anche chi si avvale di un aiuto professionale, data la mole di lavoro.
Se quella della ristorazione è una lobby dedita ai propri interessi, io credo che un occhio sul web dalle autorità tributarie sia auspicabile per questa nuova lobby ammantata di umili propositi, ma che fa incassi da fare invidia a trattorie e ristoranti di lungo corso.
www.conoscounposto.com/milano-cena-da-mahidden-kitchen-supper-club
Per iscriversi alla cena: visitare www.mahksc.it o scrivere a info@mahksc.it Cena a menu fisso (consultabile al momento dell’iscrizione) sui 40€.
AAA
Nessun commento:
Posta un commento