Marco 50&50
La luminosa sala |
Sulla strada per la Pinetina mi sembra di riconoscere una bionda che fa l’autostop, avrà dimenticato qualcosa nello spogliatoio, penso, ma non mi fermo, la curiosità è più femmina di Wanda Nara, ho le mie priorità…
La risposta al servizio, o meglio, alle modalità dello stesso, arriva esaustiva in tempi brevi, dunque inconsueti.
La mia richiesta via email circa la modalità di apertura e le proposte in carta del suo nuovo ristorante I Portici viene gentilmente evasa (qui nel senso di espletata e non di fuggita dal carcere) dallo chef comasco ma in fondo, come me, mezzo toscano, dieci anni in provincia di Siena lasciano il segno, mi segno le coordinate e dirigo la prua verso Appiano Gentile, l’esito di una cena non è mai scontato, non ho aspettative ma curiosità, chissà se questa seconda serata, ma per me prima, targata Lopriore nella nuova location sarà divertente.
Non ho mai avuto l'occasione di conoscere l'allievo tenuto in palmo di mano su una foglia d'oro da Gualtiero Marchesi, non sono mai stato a vedere uno dei cuochi più bravi d'Italia all'opera a Maggiano, non ho potuto sentire il suo Canto pervadere i chiostri della Certosa, finalmente stasera, Lopriore, per tre anni di file tra i migliori cinquanta del mondo, cucinerà anche per me.
Sarò in grado di comprendere accostamenti arditi, sfumature acide, percepirò positivamente l'amaro senza che mi resti in bocca...oggi più che mai sarà difficile capire l'idea di cucina e le motivazioni di un percorso studiato e poi eseguito dallo chef che si presenta così sulla carta delle vivande che ci viene consegnata:
“Questa carta nasce dal desiderio di trasmettere nei piatti la mia giornata e di proporvi un concetto nuovo di creatività gustativa che prende forma nella tavola conviviale, che non vuole rappresentare un concetto astratto ma il semplice riappropriarsi della gioia di stare insieme”
Paolo Lopriore
“Zucchine alla scapece (ma arriveranno melanzane) uvetta profumata alla sambuca, menta, salsa di acciuga e origano.
Tortelli con pane e pecorino, tartufi di mare, essenza di mandorla
Coniglio arrosto nel suo intingolo, pomodori gratinati e patate bollite
Pesca…”
Un solo menù, quindi, nessun’altra scelta, un unico prezzo, cento a coppia, oltre ad acqua, caffè e vino; in carta tre bollicine, tre bianchi, tre rossi, uno per tipologia, volendo, può essere servito al calice, le porzioni fotografate sono per due persone, per scelta “aziendale” piatti e posate vengono cambiati solo in occasione del dolce.
Frittino di benvenuto con salsa al rosmarino e sale
Pane di una sola tipologia ma buono, tiepido e fragrante che verrà nuovamente offerto al momento del servizio del coniglio
Melanzane, in accompagnamento semi di finocchio, salsa all’acciuga, limone candito e pane affumicato all’aceto
Tortelli con pane e pecorino, per completare il piatto, volendo, tartufi di mare, essenza di mandorla, alghe?, pecorino
Coniglio con “ramerino toscano tenero e freschissimo” e con i suoi splendidi fegatini, in accompagnamento il suo intingolo, un solitario pomodorino, una spaesata coppietta di patate bollite.
Pesca, the alle rose, salsa alla vaniglia, amaretto tostato, lamponi salati
Caffè lasciato al tavolo per potersi servire a piacere, ottimi i tartufini che ci verranno gentilmente RIofferti in occasione della seconda tazzina
Si rimane a bocca aperta, non esclusivamente per lo stupore, qualcosa da mettere a punto credo ci sia, cercherò di spiegarmi.
Essendo alle prime armi, dovrò affilarle, arma bianca su carta bianca, onestà intellettuale e maggior chiarezza possibile, pochi giochi di parole e doppi sensi, tenendo sempre presente che in sala e in cucina hanno lavorato per noi.
Siamo stati accolti con garbo, in un locale arredato con gusto, i tavoli sono ben distanziati e spaziosi, la musica in sottofondo permette di conversare, il personale di sala è gentile, abbastanza sorridente, c’è stata qualche ininfluente sbavatura sui tempi, viene portata via la carta dei vini prima che io abbia ordinato, ci viene proposto un caffè mentre stavamo ancora aspettando il dessert, per un chiarimento su un piatto (non sono poi molti) hanno dovuto chiedere in cucina.
Lo chef mi scrive che il menù varierà di giorno in giorno, che in agosto saranno aperti solo la sera, chiedo in sala se il “degustazione obbligato” è scelta definitiva, mi rispondono gentilmente che dopo potrò parlarne in cucina, ma al momento del conto lo chef non è più a vista nella bella cucina a vista…secondo giorno di apertura solo serale e chi ha studiato a tavolino e in cucina questa “formula” diciamo inconsueta, non è al suo posto e disponibile a spiegarla e a parlarne con i clienti, nel suo stesso interesse.
Comprendere, quindi, è stato per me più difficile, ma sono riuscito a percepire, come avviene con la poesia non è necessario capire per poter apprezzare…
Dunque cosa mi ha insegnato questa parabola…ad esempio che il pane affumicato all’aceto è stato particolarmente gradito e centrato nel gioco con le melanzane, che i tortelli non sono arrivati al tavolo alla corretta, per me, temperatura di servizio, che il percorso A-Z è comunque equilibrato, che la scelta in chiusura con la frutta è azzeccata, che il lampone salato ha un suo perché, che in effetti una cena così diventa conviviale e stimola anche il cervello.
Mi ha insegnato che sul piatto forte, il coniglio, l’unico piatto dove oltre al discorso gioco-cerebrale-conviviale era necessario esprimersi al meglio lo chef non ha sbagliato anzi…
Resta una perplessità, un solo menù dovrebbe consentire di effettuare un servizio preciso e spedito, i pochi piatti potrebbero essere “spiegati” in modo più articolato o “sentito”.
Un solo menù dovrebbe consentire anche di contenere i costi, quando ci si avvicina alla soglia dei centocinquanta a coppia il cliente ha qualche aspettativa in più, quel che si è visto soddisfa ma si rimane con la sensazione che il costo in rapporto all’offerta sia leggermente squilibrato, in sala ho notato alcune facce perplesse, quelle del cliente medio, le porzioni sono giuste ma per difetto, ripeto, qualcosa da mettere a punto credo ci sia.
Ad onor del vero, però, non girano le “rotelle” ma le rotelline del cervello e ci si diverte, serata, quindi, in fondo piacevole e frizzante, come il Fric, un rosé dell’Azienda Agricola Casebianche, da uve Aglianico, bio, rifermentato in bottiglia con il proprio mosto, non sboccato e non filtrato
Sulla via del ritorno, come sempre, ripercorro la strada dell’andata in senso inverso, e i piatti degustati in sequenza canonica antipasto-dolce, aver dato priorità a Lopriore, in fondo, è stata, al di là di tutto, scelta azzeccata, la notte del sette agosto è fresca e luminosa, l’Armadillo curioso abituato ad altre temperature, attraversando la Pinetina pensa che manchi solo un po’ di calore perché l’umidità abbia un senso, poi la rivede, bionda, luminosa e tonda come la luna, stavolta l’Armadillo curioso si ferma e mentre anche la temperatura s’impenna raggiungendo temperature texane, lei si sfila lentamente la maglia di Icardi e lui si toglie la corazza.
M 50&50
Il virgolettato di Paolo Lopriore, alla luce delle tue doglianze "tecniche", dimostra ancora una volta di più che un cuoco o chef che dir si voglia, deve avere meno afflati barocchi e filosofici, ma piuttosto una maggior concretezza "culinaria".
RispondiEliminaE magari cucinare qualche cosa in più della filosofia fine a se stessa. Qui si va sul concettuale. Decido io per te cosa devi mangiare, e io pago. Georges
EliminaIo posso solo ringraziare pubblicamente Marco di esserci andato.
RispondiEliminaImabarazzante tra le righe e sopra
RispondiEliminaFranck
Georges ha ragione, ma io conoscevo il meccanismo avendogli scritto prima, devio imparare e sono curioso, è un progetto che potrebbe funzionare abbassando un po' il tiro, ci si affida ad uno chef che risparmiando potrebbe far risparmiare anche un po' il cliente, ma dovrebbero arrivare svariati assaggini caldi e freddi dalla cucina, vini inclusi, quel che non va si salta.
RispondiEliminaCosì, quattro piatti secchi è dura, se a uno non piace il coniglio cosa fa, va a casa con una melanzana, due tortelli e una pesca...
Che significherà quel RO nell'insegna?
RispondiEliminaAl
Recensione illuminante e di una compostezza senza pari. Giù il cappello
RispondiEliminaDi fioretto in clima olimpico, risparmiandosi qualche legittima rasoiata ... e appunto, che significa quel ro nell'insegna?
EliminaUn altro degli interrogativi, oltre ai dubbi su un menù dal quale non si può transigere, ne avrei voluto parlare con lo chef, che ha le sue ragioni se per ascoltare il suo nuovo Canto Appiano e Gentile, nelle prime due serate c’erano solo posti in loggione…la formula, comunque, che banalizzando si avvicina a quella di un giro pizza, potrebbe funzionare, mi siedo arrivano cose, le assaggio, ci vedo un cucchiaio per aperitivo con un pezzetto di coniglio e delle erbe amare, una mini coppetta con uno spicchio di pesca e lamponi salati, una quindicina di piccoli assaggi però, non quattro, che potrebbero consentire allo chef di esprimersi al meglio e liberamente, divertirsi e farci divertire, se uno o due su quindici non vengono graditi o percepiti poco male, incontrare i gusti di tutti con quattro proposte è realisticamente più difficile e, oltre tutto, limitativo per chi, come Lopriore ha estro.
Eliminail RO nell'insegna va letto insieme alla V e al punto che lo precede, quindi V.RO
RispondiEliminaCosa significhi non lo so, possiamo immaginare "vostro" (vostro ristorante)?
jpjpjp
Ringrazio l'attento jpjpjp al quale chiedo, nel "tuo" ristorante, (dimenticavo, dotato di giardinetto per fumatori), gradiresti un menù "obbligato"...
EliminaVa sottolineato l'approccio di Marco, curioso, disponibile, critico con garbo, ma soprattutto mi piacciono i punti interrogativi personali, il dubbio sulla propria adeguatezza o meno, la perplessità costruttiva. Un po' quello che mi era capitato da Spazio Milano. In quel caso la spesa era però meno critica. Sta di fatto che, allo stato, non ci andrei
RispondiEliminaL'aspetto economico, in questo caso, è perfino secondario, nel senso che 50 euro per quattro piatti di cucina d'autore, uno degli autori di cucina più acclamati dalla critica, (italiana) sarebbero anche un buon affare. Sono gli altri aspetti, appena accennati da Marco come una punta d'iceberg a dare la dimensione vera di questo luogo
EliminaVero. Ma se lo si nota si entra in quel famoso rapporto felicità /prezzo caffarriano (sic?) che nel caso sembra sia bassino
EliminaPotremmo coniare un nuovo rapporto?
EliminaNon so, Il rapporto Costernazione/Prezzo ? Chiedo ...
La perplessità che traspare è 50 introspezione (non avrò capito io...) e 50 rammarico (mi chiedo ancora come sia possibile che lo chef non abbia almeno pensato che confrontandosi, non necessariamente con me ma con qualcuno degli altri sei tavoli, ne avrebbe tratto vantaggio e, forse, misura...)
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