Mangiare la Terra. Da qui nasce la divagazione che l'amico food designer taggiasco Mauro Olivieri immaginò alcuni anni fa. Altri due amici -curiosamente conosciuti in tempi diversi e per motivi e occasioni molto diverse- hanno preso sul serio la provocazione, anzi, l'idea, e tutti insieme hanno portato avanti un progetto che ha raggiunto il suo scopo : riuscire a farci mangiare la Terra.
Da una parte il Mastro cioccolatiere Silvio Bessone da Vicoforte, che ci ha messo tutta la sua esperienza e la sua conoscenza sull'intera filiera di lavorazione della fava di cacao. Dall'altra parte il Mastro oliandolo Franco Roi da Badalucco, che ha fornito l'olio e le olive necessarie, innanzitutto per caratterizzare la Terra di Taggiasca, olio che entra anche nelle altre terre.
Tocca a me raccontare queste Terre? Beh, grazie,
perché l'argomento è molto stimolante, così come lo sarà per i cuochi che
vorranno cimentarsi sul tema, sviluppandolo in cucina.
Che consistenza hanno queste terre? Esattamente quella della terra umida. Morbida, profumata e dalla compattezza irregolare, proprio come è la terra quando non è troppo asciutta e che quindi si raggruma con diversa densità e spessore.
Che consistenza hanno queste terre? Esattamente quella della terra umida. Morbida, profumata e dalla compattezza irregolare, proprio come è la terra quando non è troppo asciutta e che quindi si raggruma con diversa densità e spessore.
Quella di Taggiasca sa proprio di olive, sa di entroterra. In Provenza direbbero "garrigue", e cioè quella mescolanza di profumi che fondono erbe aromatiche, alloro e sottobosco, all'ombra degli ulivi.
Quella di Langa è ugualmente coerente. Un po' più friabile e asciutta, dove si avverte la nocciola e una sfumatura di vecchio Barolo, evocativo.
Quella di Portofino è decisamente più vacanziera, arricchita dal profumo d'arancia e di uva matura e passita. Noblesse oblige, e quindi anche una sfumatura di prezioso Sciacchetrà non poteva mancare.
Quella di Langa è ugualmente coerente. Un po' più friabile e asciutta, dove si avverte la nocciola e una sfumatura di vecchio Barolo, evocativo.
Quella di Portofino è decisamente più vacanziera, arricchita dal profumo d'arancia e di uva matura e passita. Noblesse oblige, e quindi anche una sfumatura di prezioso Sciacchetrà non poteva mancare.
Però, ragazzi, troppo facile
utilizzare queste terre per farci dei dessert fighetti. Sarà su capitoli diversi
che lo svolgimento diventerà più cerebro che materiale, mantenendo sempre
prioritario il gusto complessivo del piatto più della sua concettualità. Anche
le foto di taglio o di traverso sono andate fuori moda, torniamo con i piedi
ben fermi per terra, sulla Terra.
Terra di Taggiasca: cacao in grani, zucchero di canna, cacao in polvere, olive Taggiasche denocciolate e asciugate, olio e.v.o. Roi, pinoli tostati, bucce di limoni liguri ...
Terra di Portofino: cacao in grani, zucchero di canna, cacao in polvere, croccante di Sciacchetrà, olio e.v.o Roi, scorze d'arancio, mandorle tostate ...
gdf
Ma non sarà troppo dolce?
RispondiEliminaFranck
No .... insomma, quella di Portofino un po' di più, forse per via dell'aggiunta di Sciacchetrà (un lusso). Le altre no, specialmente la taggiasca, quella più tosta, mentre la langarola riflette bene il carattere piemontese. Franco da Badalucco e Silvione da Vicoforte conosco bene il proprio territorio, e si sente. Adesso attendiamo i primi piatti in tavola, a breve.
EliminaHum,interessante,ricordo i primi insegnamenti sul web di Bessone quando la cucina e il cioccolato non erano sui palati e nella bocca di tutti.
RispondiEliminaTMC
Ciao chef, beh, a guardare i primi risultati in link direi che il prodotto si presta ...
Eliminahttp://www.mauroolivieri.it/le-terre-dallitalia-applicate-allalta-cucina/