Leggo da anni il blog di Fabio Rizzari, rintracciabile tra gli anfratti del vasto sito-portale de L’Espresso. Quel blog è quasi del tutto monotematico, nel senso che l’argomento vino viene si sviluppato in mille maniere, ma sempre (o quasi sempre) di vino si tratta.
Siccome Rizzari è una persona che si porge pubblicamente in maniera saggiamente autocritica nonché spiritosa - diversamente da altri blogger gonfi d’ego- Fabio la butta spesso sul lato ironico la faccenda.
Periodicamente si rende conto
che l’aggettivazione usata dai suoi collaboratori impegnati nella stesura delle
schede che andranno inserite nella Guida annuale dei i vini de L’Espresso diventa bizzarra.
L'attribuzione usata da chi si fa prendere la mano da un eccesso di trasporto o di entusiasmo diventa pressoché grottesca, da fargli rizzare i capelli.
L'attribuzione usata da chi si fa prendere la mano da un eccesso di trasporto o di entusiasmo diventa pressoché grottesca, da fargli rizzare i capelli.
Per rimediare o per lo meno
limitare la tracimazione dell’aggettivazione creativa dai bicchieri, i curatori
della Guida intervengono dove colgono definizioni avventurose, che immagino
taglino o correggano. Fatto questo però, il buon Rizzari non butta nulla di ciò, ma lo
rende noto al pubblico, ovviamente evitando di citare la “fonte” di tanta
fantasia repressa, ma non facendoci mancare un sorriso, chiosando su ogni
trapezismo letterario che stava per venire stampato sulla Guida annuale.
Della divisione del mondo eno
da quello gastronomico ne ho parlato spesso, sottolineando quanto l’incredibile
scissione tra i due momenti sia evidente, momenti che dovrebbero invece coincidere, ma che in fase di consuntivo si allontanano.
E così, per cercare
epiteti curiosi in campo gastronomico bisognerà cambiare tipologia di
blog da esaminare, rendendomi subito conto che l’aggettivazione qui è molto più
semplificata e meno creativa. Noto che un piatto non sarà più solamente
buono o cattivo, ripugnante o eccellente, ma che può anche essere interessante.
Ma come sarà una piatto
interessante? Beh, immagino che nella testa del degustatore quel piatto
provochi sensazioni anomale, nel senso che qualche cosa gli sfugge, al punto da
non sapere più se quel piatto è buono o solo mediocre, suadente, ammaliante, invitante, disturbante, confortante e qualche rara volta rotondo; nel gusto e nella forma.
Quando non è così il piatto diventa interessante, come un quadro o una scultura che nasconde significati che al primo colpo d’occhio non si manifestano platealmente, cosa che invece un piatto cucinato dovrebbe comunicare al primo sguardo e alla prima inalazione del profumo che emana.
Quando non è così il piatto diventa interessante, come un quadro o una scultura che nasconde significati che al primo colpo d’occhio non si manifestano platealmente, cosa che invece un piatto cucinato dovrebbe comunicare al primo sguardo e alla prima inalazione del profumo che emana.
Un quadro o una scultura si
potranno esaminare con tutto il tempo necessario per modificarne la percezione ablativa, dall’interessante a qualche altra aggettivazione più precisa e decisiva per poterci
costruire sopra una cosciente critica, mentre il piatto se te lo studi un’ora,
o si fredda o si scalda, e comunque sia, dopo dieci minuti il cameriere te lo
leva da sotto il naso se non l’hai ancora toccato, distraendo la concentrazione del degustatore appoggiato al bordo del tavolo su un gomito e con il pollice a sostenersi il mento.
La probabile verità si nasconde sotto il fatto che
il degustatore non ci ha capito un belino di quella complicata composizione edibile, ma non volendo ammettere che quel piatto non lo ha per nulla convinto nell'aspetto e nell'odore, comunque lo assaggia,
nel tentativo di svelarne i caratteri più criptici, ma ahinoi, senza riuscirci,
e quindi il piatto resterà etichettato e catalogato nel misterioso limbo dell’interessante.
A
volte il piatto diventa addirittura intrigante, come una bella ragazza con lo
strabismo di venere, forse perché l’autore della composizione culinaria ci ha
nascosto consapevolmente qualche ingrediente che solletica la mente del
degustatore al punto di fargli immaginare scenari sotterranei non ancora emersi ai più.
Alla fine mi accontenterei della definizione di un piatto che finisca con il provocare l'aggettivazione "divertente" , almeno da farci sopra due risate. Allegria!
Alla fine mi accontenterei della definizione di un piatto che finisca con il provocare l'aggettivazione "divertente" , almeno da farci sopra due risate. Allegria!
gdf
Che dire? Interessante :-)
RispondiEliminaFranck
Gran bel pezzo!! Bravò..
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