del Guardiano del Faro
Sembrerebbe uno slogan buono per vendere più opzioni all'interno di uno dei contenitori più belli e più buoni dell'ospitalità italiana. L'utilizzo che ne faremo oggi è complementare a tutto quanto può offrire Villa Crespi, Tonino Cannavacciuolo e tutta la sua quarantina di impiegati.
Si, perché con ogni probabilità la vecchia ha ormai cambiato idea in maniera definitiva. Mai dire mai, però stavolta sta esagerando. Non risponde più agli auguri di Natale e neanche a quelli di Pasqua. Qualche cosa di strategico deve aver meditato a lungo prima di decidere di definire alla sua maniera un'altra epoca; Lei, che tante ne ha viste, e così bene le ha sapute gestire.
Non chiedo nulla più di tre volte
consecutive, non aspetto più di tre volte una risposta. Dicono che il tre sia il
numero perfetto, anche in cucina e non solo per le stelle: mai portare due o quattro ravioli, due o quattro
quenelle. Perché se sei stato bravo nella vita saranno proprio quattro quelli
a portare il tuo corpo sulle spalle fino a ridarlo alla terra. Se invece avrai esagerato con il cibo
ed il vino ce ne vorranno almeno sei. E se ancora ti sarai alienato da tutti e da tutti i migliori cibi e i massimi vini, allora ti porteranno
in station wagon, facendo bastare un'autista. Dispari.
Questo è il motivo per cui il
pari e patta non mi va sempre bene. Uno dei due deve soccombere, specie quando la posta
in palio è altissima la partita non la si può chiudere zero a zero. Comunque non la biasimo, prendo atto della sconfitta, ammorbidendo il contraccolpo con le scuse di ricorrenza; perché è comprensibile che dopo aver doppiato al largo di parecchie
boe gli ottanta è corretto assicurarsi un futuro che sia il più possibile
sereno e tranquillo in vista della vecchiaia.
Dopo una bella cifra dispari di flirt
tutt’altro che platonici, la via per Auxey si è con ogni probabilità chiusa ai miei occhi.
Nuovi mercati, nuovi ricchi, nuove strategie; semplificazioni e concentrazioni. Posso capire, faticosamente però.
Niente paura, Tonino non è impazzito, non sono croccantini alieni, è solo un effetto di luce creato dai faretti, una luce come l'arcobaleno che negli anni ha unito e diviso alcuni amici con i quali ho condiviso le assegnazioni di Nostra Signora. Amici e conoscenti che possono cominciare a rivolgersi altrove, perché i canali non è che si siano
interrotti: il vino si trova, è il come che non mi sta bene.
Anche i prezzi in dieci anni sono
molto cambiati. Di dieci volte si sono moltiplicati in diversi casi. Quindi ragionando con il naso verso l'alto della volpe all'uva, nessun rimpianto, perché è come aver avuto a che fare con la modella diventata
vip in seguito; averla avuta a disposizione quasi a gratis.
Quando era più giovane e sembrava comunque costoso portarla in giro, ma in realtà era disponibile a prezzo da giro aperitivi, mentre ora che lo san tutti com'è e quanto è diventata costosa... beh! Adesso il gioco non lo trovo più divertente.
Quando era più giovane e sembrava comunque costoso portarla in giro, ma in realtà era disponibile a prezzo da giro aperitivi, mentre ora che lo san tutti com'è e quanto è diventata costosa... beh! Adesso il gioco non lo trovo più divertente.
Un po’ ovunque hanno aperto gli
occhi davanti ad un'evidenza che col senno di prima mi appariva così chiara già 25 anni fa. E' in
Borgogna che si producono i migliori vini bianchi o rossi secchi del Pianeta
Terra. Che non potessero essere intesi in forma di vini speculativi come gli
intrugli bordolesi prodotti in milioni di bottiglie pare sia ora percepito come un
fatto marginale da parte degli investitori, così come, mi auguro, la cultura
media sulla materia specifica.
A colpi di sei cassette da 12 all’anno,
nonostante l’ingordigia, un bel numero di flaconi è ancora lì a dormire in un bel posto, non grazie a me,
ça va sans dire, e quindi il razionamento è cominciato. Razionamento che andrà
equilibratamente versato dove tutto sia valutabile in ugual misura, dalla più vecchia alla più giovane, gradatamente, ma all'interno di Grandi Tavole, le migliori.
Per cominciare da qui, dove la cucina è da sogno più che da incubo, coraggiosa nelle scelte degli ingredienti (frattaglie di ogni genere, anguille, rane, lumache...) e pienamente riuscita nella sua esecuzione. Non pericolosamente avanguardista ma ricca di buon senso e di buon gusto contemporaneo, quello che ti riempie i tavoli, e dove la sala -nel senso del servizio- vale la cucina, cosa ancor più rara e preziosa di una buona o eccellente cucina, questa, che a mio parere raggiunge quote più alte rispetto ad alcuni tre stelle Michelin della Penisola.
Matteo Pastrello sa maneggiare con cura le rare bottiglie, e poi, insisto, anche il cadre vuole la sua parte. L'occhio vuole la sua buona parte, guardando attraverso il bicchiere, attraverso le vetrate del Villa Crespi, ma soprattutto dentro ai piatti di Antonino Cannavacciuolo, ormai tutti e solo suoi, alcuni assolutamente sublimi.
Un ristorante di cucina profondamente italiana, che - mi ripeto a distanza di poche settimane su questo blog e sullo stesso tema - taglia idealmente da nord ovest lungo le pianure e l'Appennino fino a farci tornare da lui, in Campania, a casa sua, ma facendoci anche capire quanto la Francia (L'Alsazia in particolare) e il Piemonte, abbiano influito positivamente in tutto quanto progettato, costruito, e realizzato.
Matteo Pastrello si rivela anche nel ruolo di maitre, qui alle prese con Danilo Meo di Palatofine |
Matteo Pastrello sa maneggiare con cura le rare bottiglie, e poi, insisto, anche il cadre vuole la sua parte. L'occhio vuole la sua buona parte, guardando attraverso il bicchiere, attraverso le vetrate del Villa Crespi, ma soprattutto dentro ai piatti di Antonino Cannavacciuolo, ormai tutti e solo suoi, alcuni assolutamente sublimi.
Un ristorante di cucina profondamente italiana, che - mi ripeto a distanza di poche settimane su questo blog e sullo stesso tema - taglia idealmente da nord ovest lungo le pianure e l'Appennino fino a farci tornare da lui, in Campania, a casa sua, ma facendoci anche capire quanto la Francia (L'Alsazia in particolare) e il Piemonte, abbiano influito positivamente in tutto quanto progettato, costruito, e realizzato.
Eros sfacciato di ostrica Tzatziki, rapanelli e caviale.
Scampi crudi alla pizzaiola con acqua di polpo
Seppie, patate, bottarga, crema acida e caviale
Coscette di rane, salsa di pomodoro verde e riso cotto nel latte di capra
Plin alla genovese, battuta di carne piemontese e cremoso di parmigiano
Linguine di Gragnano, calamaretti spillo e salsa di pane di segale. Il piatto firma dello chef.
La triglia finemente cesellata si appoggia sulla melanzana farcita di pomodoro attendendo l'arrivo di una pioggia di provola affumicata
Variazione di piccione, foie gras al grue di cacao, salsa Banyuls
Anguilla, terrina di patate, rafano e agrumi
Dal french wine maker Christian Moueix ( compreso Petrus ) ci si può attendere solo un americano di upper class
Dall'annata alluvionata.
I grandi vignerons sono quelli che sanno gestire le difficoltà. Pas da Rayas rouge in quell'anno, solo questo ricamo lungo un Rodano furioso.
Uno dei due carrelli dei formaggi, già preparati e messi nelle migliori condizioni di temperatura e di aerazione fin dalle 12.30
Il testamento dei Carillon
Intermezzo di pina colada nel bicchierino di cioccolato bianco. Ho addentato anche la cannuccia sperando fosse di liquirizia...
Ravioli di mango, sorbetto mela verde e sedano
Fiori, olive e olio: un dessert salato
Mondo di passione...
C'era aria di grande table, un po' alla francese. Canard su una borsa da viaggio, Le Coq su un porta bottiglia griffato Georges Blanc. Ah! Le rane di Blanc, ma pure quelle di Tonino non si discutono, si amano e basta.
Le sensazioni si decantano e si descrivono con il senno del giorno dopo. Ma allora che cos'è questo retrogusto di incenso e reglisse che non mi molla neanche dopo 24 ore? Madame bussa al cervello, non vuole soccombere neppure a questa grande cucina. Si direbbe il Bonnes Mares quello che ha mandato il segnale più forte al mio cervello, con discrezione ma allo stesso tempo in maniera autorevole e sicura. Notre Dame du Pinot Noir ha sempre ragione, anche quando i suoi disegni ci appaiono oscuri e misteriosi.
gdf
Si si sempre più convinto di quello che avevo scritto precedentemente,tutto è uno spettacolo,le salse sono da delirio visivo,nessuna cosa è fuori posto o fuorifuoco,la cucina ne troppo farcita di modernismo ma di classe e gusto e questa anche a mio "gusto"è quella che mi gusta di più!Pardon il rigiro di parole :)
RispondiEliminaTMC
Tre stelle in autunno
RispondiEliminaCSI
praticamente il menù mangiato il 25 aprile. Il libro con dedica Dalong lo ha portato a scuola per mostrarlo in classe, la foto con Cannavacciuolo è bellissima. tornando al tuo pezzo ci trovo dei riferimenti sessuali che spaziano in diverse categorie. Credo inoltre che avendo a disposizione a parità di km villa crespi ed il noma la classifica di frequentazione sarebbe a favore di tonino.
RispondiEliminaF.
Quell'ostrica su sfondo rosa carne è puro porn food
RispondiEliminaGigi
La cannuccia è veniale, piuttosto com’erano le corna di cervo del dessert salato… e, già che ci sei, dilla tutta, perché storicamente le coscette di rana…
RispondiEliminaM 50&50
Diciamo al mondo che il sucré salé fumé san acidité non reggerebbe, ma qui anche i toni amer sanno gestirli
RispondiEliminapotrei cortesemente chiedere due paroline sul bonne mares , così giusto per sognare un po .
RispondiEliminagrazie
Alessio
Siamo qui apposta.
EliminaPartirei dalla fine, e cioè dalla persistenza inaudita che ti lascia nel cavo orale fino a 24 ore di distanza; e anche se ci bevi due caffè nel frattempo, quella nota tipica di molti dei vini di Nostra Signora, e cioè l'incenso e la liquirizia, non se vanno facilmente dal palato. E a guardarlo non si direbbe, essendo si più concentrato di colore dei vini village del Domaine Leroy, ma molto meno di altri mostri sacri della Borgogna, quelli passati pesantemente in legno nuovo. L'evoluzione dell'annata 2002 è stata molto lenta, ma adesso l'apertura dello spettro del bouquet è tornato esuberante come all'inizio, quando già virava più sui fiori rossi e su note esotiche. I fruttini rossi qui non sono mai stati in evidenza. Forse un poco di mora selvatica ma non gli altri. Ora, a dodici anni dalla vendemmia la gamma di profumi si è evoluta verso una prima impronta di terziarizzazione che non maschera più nulla del terroir, in piena evidenza. i fiori sono diventati più eterei: sembra di entrare in chiesa durante un funerale solenne e quando incenso e fiori saturano l'ambiente. Potrei andare avanti ancora, ma diventerei noioso e stucchevole, mentre questo vino non lo sarà mai, quindi mi adeguo.