-gdf-
Si usa dire che la perfezione non esiste, invece negli
ultimi anni questo termine si è sempre più diffuso proprio in un settore dove l’opinabile
e il concetto dell’oggettività sono preponderanti. Difficile per un cuoco fare
due piatti identici, eppure proprio sul versante gastronomico la perfezione
pare si possa incontrare piuttosto spesso.
A partire dai molti blog specializzati in pizze, polpette
e tagliatelle, dove di “ricette perfette” pare ne siano state rintracciate e codificate a
centinaia. Il concetto di perfetto, quando non è un parfait francese, indicherebbe qualche cosa di compiuto o di
ineccepibile. Difficile infatti mettersi contro un Bastianich al contrario o un
Bruno Barbieri di fronte, perché ormai ogni tre parole che escono dalla loro
trasmissione Master Chef -infarcita di mille flash pubblicitari più o meno
evidenti- uscirà il termine “perfetto” o “alla perfezione”. A ruota inseguono le ricette televisive perfette di Giallo Zafferano e non sono da meno quelle del famoso chef Paolo (ma chi è costui?) di Knorr. E pure dal serioso food blog de L'Espresso, in questi giorni non ci vogliono far mancare la ricetta del bombolone perfetto.
L’etimologia del termine ci porterebbe verso il latino,
mentre la genealogia al greco, ma comunque non sposterebbe il nostro
orientamento verso la sintesi di un concetto astratto ma bensì verso un oggetto
concreto. Un bullone e una vite, quando si avvitano uno nell’altro sono un
concetto condivisibile di perfezione, e anche replicabile pressoché all’infinito.
Più possibilista Aristotele, che dava almeno tre
interpretazioni; pensavo di più. Può essere perfetto ciò che è completo, ciò
che contiene quindi tutte la parti necessarie, oppure ciò che è così buono e che
null’altro possa essere migliore, e infine ciò che ha raggiunto il suo scopo.
E se l’ha scritto Aristotele nel libro sulla Metafisica
ci possiamo fidare? Mah, intanto vorrei far notare quanto il termine venga
abusato sulle vie di comunicazione, e che quindi tra non molto tempo ci farà
venire la nausea. Per combattere la nausea da perfezione vorrei allora proporre
anch’io una ricetta perfetta: la polpetta perfetta per la precisione.
Come si possa far diventare perfetta una preparazione
rustica come la polpetta in realtà ce lo dice un grande chef, che intanto ci
invita a non utilizzare materiale di recupero (gli avanzi di qualche pietanza
del giorno prima) ma materie prime fresche da trasformare con un preciso
criterio.
La polpetta in questione si chiama Pojarski, e si prepara
con carne magra di vitello o di pollo. Per 200 grammi di carne
tritata finemente andranno aggiunti nell’impasto 50 grammi di burro di
alta qualità e 50 grammi
di mollica di pan carré ammollato nel latte, strizzato e passato al setaccio. Si
profuma con un poco di noce moscata e del pepe bianco, che non macchia di
puntini la polpetta perfetta. Un pizzico di sale e poi le polpette possono
gradatamente prendere la loro forma classica, che dovrà essere identica per tutte, se no non sarebbero perfette.
La polpetta perfetta va quindi dorata in burro
chiarificato, e servita ben calda. Il Maestro che mi ha condotto verso la
polpetta perfetta, la polpetta Pojarski, non poteva essere che Gualtiero
Marchesi, che invita anche a non metterci dell’aglio tritato nell’impasto,
perché non farebbe in tempo a cuocere, e quindi ci disturberebbe l’alito, che
non sarebbe più perfetto ma perfettibile, come ogni ricetta.
gdf
Seergio Maria Teutonico no?
RispondiEliminaB