domenica 16 febbraio 2014

Cuochi e fiamme dell'inferno

Marco 50 & 50
Se dovessi andare all'Inferno per i peccati di gola, speriamo mi mettano con persone piacevoli ad un tavolo tondo. Mi piacerebbe fare il cuoco ma non potrei mai farlo, non ho le capacità indispensabili, ho poco spirito nei miei trascorsi e poco spirito di sacrificio.Il cuoco è un animale notturno che fa il doppio turno e anche se non si pavoneggia deve comunque sapere che cosa ruota attorno alla cucina, deve sempre guardarsi intorno perché magari c’è qualche collega più furbo che ha scoperto l’aria di volpe, si deve svegliare al canto del gallo per scegliere per primo le migliori materie prime e deve andare a letto con gli ultimi animali notturni che come lui hanno l’olfatto molto sviluppato, passa la sua giornata in mezzo alle fiamme, è una vita d’inferno, il tempo libero una parola sconosciuta in aramaico…maccheronico, ma niente nemmeno così…



Il mio amore per il cibo, come tutte le sensazioni di pancia, qui è il caso di dirlo, mi offusca la mente, mi fa perdere coerenza ed onestà intellettuale, così, armato di posate col calice riempito a vista dalla notevole cameriera di turno, che un turno in fabbrica non potrebbe mai farlo, ma riempirmi occhi e bicchiere si, faccio finta di non sapere che la gola è un peccato capitale, soprattutto se per il cibo spendo un capitale, ma soprattutto che sono la stessa persona che ordina un coniglio (quando la lepre è troppo veloce) lo divora confrontandolo col capriolo in salmì appena gustato (si fa per dire) e ama profondamente gli animali, vivi, ma non solo, purtroppo per loro.

Il fatto che la passione per il cibo vinca sempre su tutto non vorrei fosse la conseguenza di quello abbiamo dovuto imparare col tempo, negare anche l'evidenza, se appoggiamo lo sguardo (e siamo ancora al benvenuto dello chef) su una lolita, neghiamo a prescindere, colti sul fatto, il fatto non sussiste, più probabilmente le passioni non vanno di pari passo con la logica, altrimenti perché uno dovrebbe sposarsi (quota sto a scherzà).

Le contraddizioni sono spiacevoli ma a volte inevitabili, per cui proseguo riservandomi il diritto di contraddirmi, perché a distanza di pochi giorni mi sono ritrovato con due spine nel fianco che fanno male e fanno pensare.

"La Manu" dalla voce splendida (vegetariana nonchè laureata in scienze ambientali ) pur essendo a conoscenza dei miei post ma soprattutto dei miei pre (nel senso che prima divoro poi scrivo), mi ha invitato ad accompagnarla in una delle sue "missioni", il monitoraggio dei lupi sul territorio, per lei di Dogville il suo lavoro è davvero una passione, così ho ripensato alla mia di passione e dal lupo all'agnello il passo è breve, come la cottura, la carne è tenera, l'agnello fa tenerezza e la spina gira nel fianco.

D’altro canto bisogna anche stare attenti a non esagerare perché "se entri nel tunnel della soia non ne esci più…al mattino mica ti svegli, germogli!"

Così, perplesso ma solare, ho declinato l’invito dell’ex del chitarrista, davvero una bella bella persona (l’ex) ripromettendomi di aggregarmi dovesse in futuro monitorare la lunghezza del salto della lepre, ora credo sia meglio abbassare le alette, anche se non siamo nel 1300 il terzo cerchio non è la destinazione finale che prediligo.

Ma la vera spina arriva da lontano, dal Brasile  e per fortuna non sembra intinta nel curaro, la ballerina di samba che non ne vuole sapere la teniamo per un altro post, lui invece è un sacerdote brianzolo in missione a Pouso Alegre dal 1974,  aiuta orfani abbandonati e ragazzi di strada garantendo loro accoglienza fino alla conclusione degli obblighi scolastici, nella comunità da lui fondata bambini e famiglie disagiate trovano cibo, assistenza sanitaria e psicologica.


Padre Mario Zappa, questo il nome del missionario, tornato in Italia per un breve periodo, colpito dalla situazione economica di chi non aveva nemmeno i soldi per mangiare, ha donato alla Caritas, che stava organizzando aiuti per queste famiglie, parte delle offerte ricevute per la sua missione, perché fossero destinate ai più bisognosi. Quando, comodamente seduto al ristorante, pregusto i piatti della stellina in questione, forse dovrei almeno soffermarmi su altre stelle nel cielo, che oltre ad illuminare il mio dopo cena, se guardo bene ad un passo da me, fanno un po’ di luce anche sui più bisognosi in un piccolo e fragile tutt’uno. Salvaguardo egoisticamente  il mio orticello confidando che scenda sempre acqua dal cielo per bagnarlo e sperando che da lassù non decidano nuovamente di mandarne tanta.


Così, visto che in cima al post mi sono riservato il diritto di contraddirmi, col massimo rispetto per gli animali e soprattutto per le persone che hanno o potranno avere, me compreso, il problema del cibo come sussistenza, lascio nel fianco le spine di monito e, prima di brindare alla salute dei cuochi e degli appassionati gourmet, tolgo un paio di spine da questo bel branzino di lenza.

Marco 50&50

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