lunedì 9 dicembre 2013

Quella giacca di cashmere


del Guardiano del Faro


Ecco dove l’avevo messa. Ci ero così affezionato a lei ma non mi ricordavo più dove fosse stata ritirata, lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Ero andato fin lassù dove ne producevano artigianalmente il tessuto per sceglierne personalmente il colore e la trama tra mille trame.

Quante volte ci andai da quelle parti, dimenticandomi però qualche importante dettaglio, o qualche indirizzo che non sembrava fondamentale da conoscere, fuori dal circuito delle griffes più gettonate.


Di cashmere, Loro Piana pied de poule. Vi siete mai chiesti perché quel tessuto si chiama proprio così? Beh, andando alla ricerca delle origini delle cose si vengono a scoprire delle verità che sono così banali quanto ovvie. E così scoprii che era proprio la zampa di gallina, in francese, quella a delinearsi dalla navetta, con effetto di colore ottenuto grazie all'uso di filati in colore contrastante che concorre a formare il caratteristico disegno che ricorda una zampa di gallina.


Parigi, si, avrei potuto comprarla già pronta e finita sugli Champs Elisées, ma sarebbe stato troppo facile in quel modo, così come molto classico quel tipo d’atteggiamento snobistico che mi portava a frequentare solo i più noti tra i noti. Invece le cose stavano prendendo forma gradualmente, per piccoli passi, senza scorciatoie, partendo dal tessuto pied de poule, nel luogo dove veniva prodotto e rifinito, ai piedi dei monti dove venni al mondo, pied de monts.



Poi venne il momento della fodera e dei bottoni, che il mio sarto di fiducia mi aveva invitato ad andare a cercare in una piccola bottega di poco defilata da Piazza del Duomo a Milano. Capita spesso che le chicche più esclusive non siano proprio in piazza, ma appena dietro, come un vicolo, come un Piazza Duomo; succede anche da queste parti.



Non me lo ricordo il nome del piccolo negozio, però la qualità e la scelta di una serie di bottoni e di fodere; quella si che me la ricordo nitidamente. Bottoni dorati, ma solo sui bordi, e fodera ton sur ton, e dal peso giusto per sostenere il possente intreccio di cashmere. Dettagli sui quali il mio sarto non transigeva, così come sulla precisione del taglio, aderente il giusto per far passare solo una sottile cravatta di Hermès tra i reverse e la camicia di cotone poppeline.


Se hai freddo mettiti un cappotto, mai ti taglierò addosso una giacca sufficientemente larga da poterci infilare di sotto un pulloverino! Non sei un impiegato di banca!  L’eleganza è anche sofferenza, e in quella taglia ibrida 46/48 ci stavo dentro con qualche ansia e qualche slacciatura di bottone post pranzum, compresa quella vezzosa sui polsi, dove le asole erano vere e i bottoni liberi di entrarvi o uscirvi.


Eccola quella giacca, che ancora adoro anche se non mi va più bene in questo momento di vita Vintage, dove mi sto dedicando al recupero di ombre lunghe e di pacate emozioni che arrivano da lontano, ma che mi sono ancora così vicine.

Entro qui al San Marco di Canelli e mi sfugge quasi una lacrima pensando a quella giacca, così simile a questo luogo, che ricopre in un sol colpo d’occhio tutti gli standard Michelin degli anni ’80 e ’90. La domanda non ha risposta: perché mai venni venni qui prima di oggi?

Il nobile caseggiato ricco di fascino e storia, il doppio ingresso, il salottino d’attesa, il caminetto acceso, l’apparecchiatura della tavola compiuta proprio come ti aspetteresti fosse messa a disposizione del cliente parigino uscito in direzione di un Relais di Campagna per un pranzo di qualità ma senza sussulti.

E la cucina, fedele a se stessa, elegantemente servita con l’ausilio di cloche, di gueridon, di tegami al tavolo, e da tanta gentilezza e competenza da parte dell’ottimo maitre. 

Non manca neppure lo slancio controllato del moderato patron Pier Carlo, che arriva a momenti alternati per assicurarsi e rassicurare che tutto sta procedendo come è sempre stato, con flemmatica calma ancor più britannica che piemontese, mentre la moglie Mariuccia guarda i suoi ragazzi in cucina mentre ripetono la poesia a memoria, senza perdere il filo dei lunghissimi e finissimi tagliolini.



Profumo di burro e di tartufi, in un ambiente che conforta e ricorda quello che sembrerebbe ma in realtà non è troppo filo francese, come confermerebbe l’ampio ventennio di stella Michelin, ma che invece sa di profondo Piemonte, ancora una volta il grande Piemonte in tavola, con i suoi prodotti unici anche se apparentemente umili, ai piedi dei monti.


Provare ad assaggiare il cardo gobbo di Nizza Monferrato e rendersi conto che  in questo periodo dell’anno nessun carciofo può arrivare a questa finezza di sapore, da accostare ad una crema di formaggio, con uovo e tartufo, che non deve mancare in questo periodo e tra queste colline. I plin nel tovagliolo, di un romanticismo assoluto, ma a scaldare il cuore e lo stomaco ci sarà anche la tazza di brodo concentrato.



La mia giacca vintage continua a piacermi, e noto che non si è neppure rovinata  o consumata sui bordi, e neanche all'altezza dei polsi. La dovrò solo allargare un pochino, e non importa se non riuscirò a richiuderla stretta stretta sul pulloverino che ha sostituito l'esile cravatta di Hermès.

Il dessert e la piccola pasticceria sono quelli là, quelli che ti aspetti, come l’albero di Natale a dicembre, mentre loro verso fine servizio stanno modificando un angolo del locale: stanno montando il Presepio.


Mi bevo un calice di Moscato di Canelli, cos’altro qui a Canelli,
 accarezzando affettuosamente la mia cara giacca di cashmere vintage.

Meraviglioso cestino, pieno di leggerissime e sincere golosità da forno


Il corroborante aperitivo, con salsiccia e patate, farinata al rosmarino, crostini con robiola e noci, salame nostrano e uova di quaglia in crema di carciofi...

Crema di Parmigiano con uovo poché, cardi gobbi di Nizza e chips di topinambour, prima dell'arrivo della grattata di tartufo...

I romantici plin nel tovagliolo, brodo a parte rinforzato da schegge di vecchio parmigiano

Tajarin 40 tuorli, burro e tartufo. 
Il patron Pier Carlo osserva il brillante maitre nel servizio al tavolo


Gran fritto di baccalà e verdure d'inverno

Agnello alla riduzione di Barbera e tartufo nero, cardi al prezzemolo e patate al sale, chips di carote

la piccola pasticceria dominata dai due torroni morbidi maison di Mariuccia, anche da asporto... non dimenticatelo.

La crema bruciata alla vaniglia, il suo gelato, le lingue di gatto e le amarene della credenza...


gdf



7 commenti:



  1. Il post partum fa deprimere, il post pranzum fa sorridere, un post emozionare.
    M 50&50

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  2. Signori si nacque: post bellum ( dopo guerra ...)

    A.

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  3. Questo è un posto dove andrò sicuramente. Grazie per la segnalazione

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    1. La storia va conosciuta. Vacci, e mi raccomando i due torroni

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  4. Ehhhhhhhh.....!!!! Ma allora lo fai apposta? Madonna quante volte son stato da Piercarlo. Quando andavo su a SERRA MASO di Canelli dal Bera per il suo MOSCATO e l'ASTI o il CORTESE era la mia tappa obbligatoria. Diciamo 20 anni fa. Se mi giraaaaa!!! Grazie per avermelo ricordato. Ciao
    LAMAX61°

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    1. Quando passi di qua vedi che qualche bella sorpresa la trovi ;-)

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  5. Per questo ci passo. Ciao vecchio nipotastro :-D

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