del Guardiano del Faro
Che se non vi ci ha ancora mandato nessuno stavolta vi ci
mando io, molto volentieri, a 80 chilometri netti dal faro ma senza neanche
uscire dalla medesima provincia, in un equilibrismo stradale precario me ben
riuscito. Qui su, a circa 800
metri s.l.m. ma con la possibilità di salire ancora a
cercare aria più fresca e panorami ancora più ampi e profondi.
Intanto in paese, per non sentirvi troppo “foresti”, sarà
bene trovare subito la destinazione per l’ora di pranzo, per capire esattamente
con quale lingua si esprimono gli indigeni, abbottonati alla loro pacifica
bandiera bianca. La così detta “cucina bianca di Mendatica”, quella cucina che
si approvvigiona con i prodotti della mezza e dell’alta montagna, lungo il
cammino della transumanza.
L’aria sa di letame fresco, mentre l’unico suono
percepibile ritmicamente e’ il muggito di qualche mucca, in alternanza al
belato cocciuto della pecora brigasca. Il maiale invece arriva già tagliato fine o rinchiuso tra un legame e l'altro, nel
piatto, mentre sulla tavola il mezzo litro di ormeasco è già stappato e caraffato, in attesa solo di essere bevuto.
Il corso applicato sulla cucina bianca di Mendatica è
incominciato. Patate, porri, latte, panna, burro, formaggio, funghi, farine,
erbe, verdure, noci, castagne… un po’ presto per le castagne, che sono ancora
ben difese dentro la loro custodia spinosa, mentre il Castagno è molto
ospitale.
Qui dentro si fa un po’ di tutto, dai salami ai formaggi,
al burro d’alpeggio al gelato artigianale. Si può mangiare -dentro o fuori-
tutto quello che la signore in cucina avranno messo insieme, con quello che offre il
territorio. Non fate domande, sarete gradatamente sommersi da una ventina di
preparazioni diverse che faranno intendere quanto è vasto il repertorio della
cucina bianca, tanto da riempirci libri e ricettari. E se arrivate presto, sedetevi fuori; loro saranno comunque pronte, e come dicono loro: adesso cominciamo a darvene...
Il risultato è commovente, dal primo celestiale morso di
pan fritto con formaggio di pecora o pancetta di maiale, all’ultimo morso di
torta al burro e mirtilli selvatici di montagna. Dice: quelli che crescono spontanei su ai mille metri sono più piccoli ma
sono più buoni di quelli che crescono qui vicino al paese…le due Signore sono di poche parole, quindi se dicono qualche cosa, sarà il caso di ascoltarle con attenzione.
Un sapore che ti resta nelle mani, una linea comune di
gusti e sentori che ti restano sulle dita anche se te le vai a lavare più
volte. E’ quel sentore antico, quello della pastorizia, quello del latte che sa
di alpeggio, quello che ti porti a casa attaccato alla camicia. C’è ancora
sentore di letame uscendo, ma non storcete il naso e pensate a quanto andava
cantando De Andrè, e non prendetevela se vi ho mandato a quel paese, perché pure
a me ci hanno mandato, e l’emozione mi è piaciuta.
Questo non è un ristorante, questa è l'ambasciata della conoscenza e della saggezza storica della gente di queste montagne. Un patrimonio di cultura e di conoscenza che viene tramandato in maniera concreta, parecchio concreta. E non è neppure il solito agriturismo aperto solo il venerdì e il sabato sera, e poi la domenica a pranzo. Qui invece troverete sempre qualcuno ad attendervi.
N.B. nella sequenza mancano le immagini di alcuni dei 18 piatti di assaggi arrivati in tavola senza fare in tempo ad aprir bocca. Mancano sicuramente le verdure ripiene, la polenta con formaggio di pecora, la capra e fagioli... e qualcos'altro. Il tutto per 25 euro, vini compresi.
I formaggi fatti nel moderno laboratorio dell'azienda agricola
Il Bruss
Il salame maison
Bruss e patate di montagna
Le verdure dell'orto bollite...
Pan fritto
Con la meravigliosa pancetta...
Come una farinata, ma di farina di cicerchie e aglio...
Ottimi funghi "sanguin"
Le melanzane in pastella
Salsiccia e fagioli
Raviole (con la e) di erbette, burro d'alpeggio e salvia
Streppa e caccia lì ! Il piatto simbolo della "cucina bianca"
Emblematica torta di patate, porri, latte, formaggio...
Torta al burro d'alpeggio e mirtilli di montagna
Le mele e le noci del giardino
E dopo le 18 portate ci vuole dell'Arquebuse
gdf
grazioso e prezioso, e poi sapessi quanta gente che già c'è stà
RispondiEliminaBB
Fanculandia.
RispondiEliminaAlba
Pochi sanno che da quelle parti esistono valici ben, me ben superiori ai 2000 metri, come sulle Alpi Valdostane, ma da cui però si vede il mare. Franck
RispondiEliminaA volte qualche “stalla” è più affidabile di qualche stella, per non dire del cupì, se per te non è un problema ripetere l’esperienza del vino in caraffa…
RispondiEliminaMa forse non ho afferrato, se è una ferrata, ritiro il paracadute in tintoria e arrivo da sopra.
M 50&50
Molto interessante, è da più di sei mesi che studio la "cucina bianca" conosciuta grazie a Chiara e Aimone dell'azienda agricola Vio a Bastia piano piano sto elaborando un piccolo menù da proporre fra un mesetto circa qui ad Albissola
RispondiEliminaFlavio
Si, le ricette sono molto interessanti.
EliminaChiaro che le Signore lassù fanno quello che sanno fare, come gli hanno insegnato, e grazie così.
Però con una mano come la tua, e tenuto anche conto di quanto il cromatismo sia un tema molto sentito dai cuochi contemporanei, si tratterebbe solo di aggiornare, ma neppure moltissimo, solo dargli un po' di forma e di concentrazione.
Il Bianco della Cenere è un libro, che ne contiene due.
E l'immagine grande che chiude questo post ne è la chiusura del contenitore.
Se già non ce l'hai, fattelo mandare.
Trovi tutte le informazioni sul web
Il tema occitano lo trovo più vago, questo è molto più preciso, sviluppabile sul territorio di un solo comune che inizia a 700 metre s.l.m. e finisce a 2200. Tanta in roba in mezzo.
...Tanta roba li in mezzo: c'era un doppio senso non rispettato
Eliminaconfesso che é soprattutto per questi reportage dall'entroterra che seguo questo blog. Grazie.
RispondiEliminaE' bello che ognuno trovi un proprio buon motivo per passare al bar degli armadilli ;-)
EliminaMerci
Che bello,che fame,che ingredienti,mi vien da dire questo!
RispondiEliminaTMC