del Guardiano del Faro
Il cameriere mi accompagnò
dall’ingresso minimalista verso la sala. Quando la vidi pensai di essere arrivato troppo
presto, o che non fosse quella la sala dedicata al servizio della cena. Eppure
il cameriere sorrideva e mi invitava ad accomodarmi. Accomodarmi dove? E come?
Solo una luce fissa sul centro del tavolo a segnalare il desco. Tavolo
apparecchiato con un mollettone bianco, e basta. Ma finalmente almeno la sedia
arrivò. Il maitre mi spiegò che da loro il servizio per il cliente era tagliato
su misura, e così, prima di farmi sedere, cameriere e maitre mi squadrarono per bene
prima di portarmi quella poltroncina su misura, pensata in funzione del differenziale tra
la seduta e l’altezza del tavolo, in maniera che l'armonia risultasse ottimale.
Sul tavolo arrivò finalmente
anche un’altra cosa, ma rimasi ugualmente inquieto, avendo lasciato le mie posate a casa, e temendo che in questo locale non le prevedessero, o che non ne avessero
di ergonomicamente compatibili con le mie mani. Mi sorpresi a pensare: non sono neppure mancino, quindi le potrebbero avere. Intanto arrivò l'alto candeliere metallico a tre rebbi,
che il maitre piazzò giusto nel centro del grande tavolo vuoto. Le accendiamo? E accendiamole, che sarà mai; ecco: adesso
aspettiamo che arrivi la bara e i parenti piangenti, pronto a condividerne lo
sconforto.
Invece, il cameriere mi portò
un’altra cosa: un appoggio laterale basso (tipo quello per le borsette), creato
appositamente per appoggiare le grandi macchine fotografiche, perché lo chef -mi disse il suo delegato alla sala- non voleva assolutamente che i clienti macchiassero la tovaglia con sudore da occhiali
da sole o da vista, con il tablet, l'ipad, le chiavi di casa e dell’auto, e neppure con il grasso superfluo delle macchine fotografiche, per altro ammesse solo dai 1000 euro in su, come obiettivo, e a condizione che l'autore potesse dimostrare il suo status di cliente anonimo.
A quegli scopi aveva dedicato molto del suo prezioso tempo, disegnando e progettando quell’oggetto che poteva consentire al cliente di apparecchiare a suo piacimento i propri effetti personali prima di tirare il fiato e sedersi. Uno chef non sta 18 ore al giorno in cucina solo per cucinare.
A quegli scopi aveva dedicato molto del suo prezioso tempo, disegnando e progettando quell’oggetto che poteva consentire al cliente di apparecchiare a suo piacimento i propri effetti personali prima di tirare il fiato e sedersi. Uno chef non sta 18 ore al giorno in cucina solo per cucinare.
Totalmente a disagio, ed essendo
solo al tavolo (e solo in sala), mi
aspettavo arrivasse con una certa solerzia il menù, la carta e la carta dei
vini; qualche cosa da leggere insomma, perché anche la musica di sottofondo non
era stata prevista dallo chef, forse perché avrebbe potuto distrarre il cliente
dall’attenzione dovuta al piatto.
Il mio desiderio fu esaudito
abbastanza presto, e così mi ritrovai in mano una grande carta con il logo del
ristorante, ma quando la aprii un’altra sorpresa mi attendeva. Il maitre -adesso senza
un sorriso- mi invitò a leggere con attenzione quanto indicato, e mi consegnò
anche una bella stilografica metallica, che mi sarebbe servita per
controfirmare quanto sarei andato a leggere.
Sulla pagina destra della grande
carta c’era una specie di decalogo che iniziava pregando i clienti di non usare
propri stuzzicadenti al tavolo, essendo stati previsti quelli cerati,
disponibili in bagno. Poi si chiedeva di rimanere composti durante il pasto, e
: non mettersi di traverso incrociando le gambe, non posare i gomiti sul tavolo ma solo i polsi, di
masticare con la bocca chiusa, di non parlare mentre si mangia ( che cz… sono
da solo!), che è la forchetta che va
alla bocca e non viceversa, che non si porta il coltello alla bocca, che non si
pesca nei piatti degli altri (arridaje…sono da solo), di non mostrarsi troppo
voraci sulle prime appetitose portate, che non si
fanno commenti sui piatti, che non si augura Buon appetito (a chi…?), che quando
si finisce il piatto le posate si mettono parallele e perpendicolari al piatto
(!?!), che quando si ha finito il piatto non è educato allontanarlo da se. E ancora: di non fare troppo rumore con la
masticazione dei cibi croccanti e nessuno con i risucchi dei brodi; che si inizia a
mangiare tutti insieme (e basta, sono da solo…), e che non ci si passa le mani
nei capelli a tavola. Accidenti, questa brutta abitudine ce l'ho, perché li ho.
L'ultima riga, ben evidente, chiedeva di
firmare il tutto, perché senza la qual firma, non mi avrebbero portato né le posate né
la carta delle vivande. Ancora più sudato, a questo punto risolutivo della storiella potrei finalmente e banalmente accennare ad un risveglio da un incubo, da una situazione onirica e agghiacciante. Non so, per esempio:
"mi risvegliai dall’incubo dei congiuntivi presi a schiaffi e condannati senza i condizionali; poi presi dal frigo una bottiglia qualsiasi e buttai giù un bicchier d'acqua gassata, prima di accendere il p.c, ché potesse lui tranquillizzarmi con immagini confortanti. E invece l'incubo era li ad aspettarmi, diventato visibile anche a occhi aperti e alla luce del giorno, a tutti, sull'implacabile display.
"mi risvegliai dall’incubo dei congiuntivi presi a schiaffi e condannati senza i condizionali; poi presi dal frigo una bottiglia qualsiasi e buttai giù un bicchier d'acqua gassata, prima di accendere il p.c, ché potesse lui tranquillizzarmi con immagini confortanti. E invece l'incubo era li ad aspettarmi, diventato visibile anche a occhi aperti e alla luce del giorno, a tutti, sull'implacabile display.
Ristorante Nerua: Bilbao, una stella Michelin. Credito foto: PassioneGourmet |
Credito galateo a tavola: Giorgio Manara
Sul regolamento c'era scritto che non si possono cambiare i pannolini ai bambini sul gueridon?
RispondiEliminaIl cuoco faceva Foppa Pedretti di cognome?
Perchè ti ci sono voluti 25 minuti, non riuscivi a regolare il poggiapiedi?
Alba
Non erano ammessi né cani né bambini, così fanno prima. Foppa Pedretti potrebbe in effetti essere stato il socio/sponsor occulto, fuori c'era anche un Gulliver con le inutilizzate tovaglie stese. 25 minuti perché dovevo cercare le foto, 12+12. + 1 per le nicchiardise finali di Bras.
RispondiEliminaChe dire Guardiano, se l'arte non è nell'oggetto ma negli occhi di chi guarda, allora posssiamo anche artefattamente dire di aver pagato il conto con l'anima e uscire dalla porta da aprire (ovviamente).
EliminaAlba
Per qualche minuto mi è montata un'angoscia!!! Sembrava vero :-)
RispondiEliminaG.
Premesse : ho bandito il rosso e il telefonino a tavola, esistono (ho verificato) i rebbi del candeliere, pesco dal piatto della quota rosa (una s sola), sono un po’ vorace quando si spengono le cinque luci… rosse, l’ho detto.
RispondiEliminaOggi non tutto mi è chiaro come l’Alba, né tutto si capisce subito, men che meno l’ironia, tempo fa qui sopra ho scambiato Montecarlo per qualcos’altro poi non vedendo hamburger
Marco 50&50
Io non lo sapevo che esistessero i rebbi del candeliere, ma se mi avessero portato del pesce crudo da mangiare senza posate (quindi con le mani) non avrei esitato a dare una doppia funzione ad un candeliere acceso!
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