- gdf 2012 -
Per i più, trattasi di
contenitore di vetro con un collo allungato, una base curva e una parte
centrale panciuta. Il tutto stabilizzato e rivestito tradizionalmente da un
robusto involucro di paglia e in seguito riempito di mediocre vinello. E’ storicamente
riconosciuto proveniente e originario della Toscana, probabilmente sia il suo contenuto
che il contenitore; sicuramente il contenuto. Non è certa l’esclusività, infatti
il Fiasco ha il medesimo significato anche in altre nazioni europee, con o
senza Chianti.
In queste nazioni si viaggia
tutti a destra: capita in Francia, in Germania, in Italia ecc, però quando
incontri qualcuno a piedi sul marciapiede affollato quasi tutti tendono a
incrociarti contromano. Invece di tenere la loro destra quasi tutti ti scansano
andando verso la loro sinistra. Non l’avete mai notato? Io si, forse perché ho
fatto il cameriere, mestiere nel quale se non ti metti d’accordo prima dove
passare quando incroci un collega rischi la collisione e, se la provochi, la
serata finirà in un grande Fiasco. Ma poi scopro che lo stesso significato
secondario è in uso anche in Inglese, anche in Gran Bretagna, quelli
contromano. Ecco dunque spiegato tutto!
Il Fiasco divenne in breve tempo
– già dall’inizio del Novecento – emblema del vino italiano all’estero, e il
successo del Chianti, almeno per qualche decennio, non fu assolutamente un Fiasco.
La dimensione del Fiasco fu altrettanto importante per la sua diffusione: prima
da due litri, poi da un litro e ottocento ed infine da un litro e mezzo, come
un Magnum, che però non è un Fiasco, neppure per l’Algida.
Ma neanche se il litro e mezzo è
di Monfortino o di La Tache
si tratta di un Fiasco ma bensì di un Magnum, perché far rendere uno sproposito
le poche unità di euro necessarie per fare un litro e mezzo di vino riuscendo a
moltiplicarli per un centinaio di volte del suo costo di produzione è il
contrario di un Fiasco.
Così come al Magnum neppure ad un
altro derivato del Fiasco andò poi così male; si chiamava Fiaschetteria, locale dove si vendeva il
Fiasco: o lo si sbicchierava accompagnato a due fette di salame o ad un piatto
cucinato. Adesso si chiamano “enoteca wine bar” e tutto sommato non se la passano
male nonostante il lungo periodo nel quale il Fiasco ha lasciato spazio ad idee
più contemporanee.
Il Fiasco fu abbandonato solo per
motivi di praticità - così poco stabile se coricato, difficile da stoccare e da
trasportare - ciò nonostante i suoi pregi: ottima attitudine all’infrangibilità
e discreta protezione termica. Quindi, tutto sommato si potrebbe essere anche
fieri di un Fiasco, non volendosi adeguare ad una sconfitta ma volendosi guardare
alle spalle, specchiandosi e piacendosi nonostante il culo basso, che non è
sinonimo di profilo basso.
Meglio un Magnum di un Fiasco? A
Tom Selleck andò bene in versione P.I, così come a Clint Eastwood con la 44
Smith & Wesson. Per non dir nulla di Henri Cartier Bresson e la sua agenzia
di gnocche, ma come la mettiamo con la Rayton Fissore da
Cherasco? Dove la specializzazione sono oggi le lumache con i porri di Cervere
e anni fa lo furono i SUV assemblati come Franckenstein?
E’ sempre una questione di punti
di vista, quelli che cambiando prospettiva cambiano la percezione dell’oggetto
e che ci possono far vedere le cose da un’angolazione alterata, che a sua volta
altera la materia con la sola concentrazione mentale. Quindi prima di valutare
se si tratta di un Magnum o di un Fiasco meglio accertarsi che non si tratti di
un equivoco, di non aver preso fischi per fiaschi, ma di aver preso
effettivamente fischi per un vero Fiasco.
La Rayton Fissore S.p.A. è
stata un’onesta società fondata nel 1976 dal pregiudicato Giulio Malvino, a
Cherasco (CN), che sposò una delle figlie del titolare della nota carrozzeria
Fissore di Savigliano (CN), la quale ebbe una piccolissima controversia giudiziaria
nel processo del 1993 a
Torino che coinvolse il Gruppo Tanzi, il presidente della Banca San Paolo di
Torino e l’onorevole DeMita, in quanto imputata di essere una specie di società
“contenitore” per fondi monetari di provenienza ignota da dirottare verso le
casse della Democrazia Cristiana. Curioso il fatto che l’unico
veicolo di spicco della Rayton Fissore fosse il Magnum 4x4 di cui 1/4 degli
esemplari furono venduti proprio alle Forze dell’Ordine: Polizia di Stato,
Guardia Forestale, Guardia di Finanza, ecc.. Il Magnum fu a tutti gli effetti
il primo SUV italiano nato addirittura nel 1985, ma siccome il termine SUV
(Solo Utili per Vendemmiare) non era stato ancora inventato, la classificazione
ufficiosa del mezzo era: Merda per Sterrati 4x4. In effetti i tempi non erano
ancora (im)maturi per proporre al mercato un tipo di veicolo del genere: la
moda dei SUV non era ancora partita e se non si andava effettivamente a zappare
o a cacciare cinghiali, la necessità di avere un mezzo del genere era pressoché
nulla. Se paradossalmente qualcuno avesse intravisto un tizio fermo per strada
in un Hummer o un BMW X5 odierni ad esempio, probabilmente gli avrebbe chiesto
di vendergli un paio di zucchine. L’innovativo prototipo del Magnum 4x4 basato
su telaio militare fu proposto dalla Rayton Fissore prima alla Iveco, ma la
risposta fu: “Ehi..
Noi produciamo camion!” e poi alla Fiat,
e la risposta fu: “Ehi..
Noi produciamo auto!”. Non sapendo che cazzo fare, la Rayton decise di proseguire
da sola. Disegnata dal fruttivendolo americano Tom Tjaarda, il Magnum
mandorlato era un carro allegorico composto da pezzi derivati da altre
macchine. I fari anteriori della 1a serie erano della Lancia Trevi, nella 2a
serie subentravano quelli della Fiat Regata e le frecce della Fiat Uno; fari
posteriori dalla Citroen BX, maniglie esterne ed interne della Lancia Delta e
differenziali dell’Iveco Daily 4x4, del quale ne condivideva telaio e gran
parte della meccanica. I motori a benzina erano un Fiat 4 cilindri da 2.000 cc.
da 138 cv. oppure “l’economico Busso” Alfa Romeo 2.5 lt. V6 da 160 cv, per il
diesel ci pensò Iveco. Prodotto in Italia ufficialmente fino al 1993 e
succesivamente solo su commissione in pochi esemplari, ebbe un seguito negli Stati
Uniti dove fu maggiormente apprezzato e commercializzato a marchio
LaForza con motori della Madonna provenienti da supersportive Ford fino alla
chiusura dell’azienda LaForza Automobiles nel 2003. Accessori come interni in
pelle equina, aria condizionata, vetri elettrici, impianto stereo a scomparsa
(e mai più ritrovato), volante regolabile e lunotto termico facevano già parte
della dotazione di serie della Magnum 4x4, ma dei 6.000 esemplari prodotti in
Italia ben pochi hanno lasciato ricordi positivi ai loro possessori.
Soprannominata la “Uno gigante”, per via della somiglianza con la celebre
utilitaria Fiat, la
Rayton Fissore Magnum era propensa sovente a far emergere
guasti meccanici (trasmissione, freni, gruppo termico, vasi di espansione)
e ad avere consumi eccessivi. Da alcune fonti sembra che la nuova società
costituitasi a Cherasco, la LaForza International S.p.A. voglia proporre
prossimamente dei nuovi SUV artigianali basati sul Magnum, ma molto più elitari
e costruiti in piccole quantità con prezzi da capogiro che si aggirano intorno
ai 100.000 dollari. L’augurio per i dirigenti della Casa piemontese e di avere
“LaForza” di risollevarsi e magari spararsi un colpo di “Magnum” alla testa.
recensire così ristoranti, che succederebbe?? :-))
RispondiEliminaB
Niente sapendo motivare e documentando così bene le critiche, diversamente sarà querela, sicuro!
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