martedì 8 novembre 2011

Web Version

- del Guardiano del Faro -

Io e i miei tre neuroni rimasti fuori dall'ultimo gintonic stavamo ragionando sulle diversità che esistono nello scrivere in un modo diretto al web o diretto a destinazione cartacea. Più di impatto, istintivo e meno meditato il web, giù dritto come uno schiva paletti in uno slalom parallelo per vedere chi arriva prima, e non importa come o con quale stile. Conta il momento, conta chi fa più clamore, poi il web tratterrà per se una copia, ma quasi nessuno la andrà più a cercare con spirito critico dopo il momento flash della sua pubblicazione, e in ogni caso non pretenderà di rivivere il momento, e guarderà il post come una scatoletta di fagioli scaduta.

Diverso meditare e sedimentare su quello che potrà rimanere per sempre su alcuni fogli di carta ben rilegati, contenuto che quasi istintivamente assumerà un profilo più omogeneo, più tranquillo, più pacato. Quasi con lo scrupolo di ritrovarsi a rileggere quelle stesse cose dopo mesi o anni, tirando giù dalla libreria quel volumetto che all’origine era piaciuto ma che a distanza di tempo potrebbe deludere, quindi meglio andarci piano con i termini, evitando anche troppi riferimenti temporali che potrebbero far diventare il testo come la scatoletta di fagioli.

Poi c’è l’altra via, e cioè riprendere quanto scritto per il web e ammorbidirlo, ri-meditarlo, levargli gli spigoli e i bordi più taglienti e adeguarlo ad una lettura più rilassata. Tenendo pure conto che sul cartaceo non ci si può avvalere con la medesima disinvoltura dell’appoggio di immagini ad effetto, foto assortite e colonna sonora, video di concerti o brandelli di film evocativi. Bisogna farsi capire e trasmettere emozioni senza tutti questi supporti, queste sovrastrutture così facili da applicare sul digitale e i suoi supporti multimediali.

Oppure il contrario, perché la mia mente non è così binaria, nel senso che si; forse si potrebbe pensare per il web ma scrivere ugualmente per il cartaceo rimanendo sufficientemente incisivi, ma inevitabilmente, quando si pensa ad un testo abbastanza lungo da poter essere contenuto in un libro e non in una schermata si finisce con l’addolcirne i toni, diluirne inevitabilmente l'acidità, perché la lunghezza stessa dei testi lo imporrebbe, così come l’inconscio desiderio di essere capiti da un pubblico meno ristretto o meno attento ai sottintesi.

Ma anche perché non si può disputare una gara di canottaggio con lo stesso ritmo imposto dalla partenza bruciante e degli ultimi cinquecento metri a perdifiato, segmenti di gara dove è necessario essere molto più brillanti ed efficaci che durante la parte centrale del percorso, dove ci si può permettere un passo più regolare. In quel caso per necessità fisiche, in questo caso per necessità mentali.

Però si potrebbe scrivere per il cartaceo e poi rendersi conto che forse prima sarebbe stato meglio ripassare dal web, per verifica, per mettersi ancora una volta al vento prima di rifugiarsi al riparo delle copertine.

E quindi facendo tre volte il tragitto, avanti e indietro, si potrebbe riuscire a evitare di cadere in sprazzi di vuoto, come viaggiando in zone di scarso interesse paesaggistico.

Il lettore potrebbe essere attratto da una partenza curiosa o intrigante, ed essere ugualmente soddisfatto da un finale imprevisto, divertente, angosciante, appagante, ma comunque non scontato o troppo banale, ma nel mezzo del cammino mi spiacerebbe rimanesse impantanato in un guado fangoso.

Quindi, riprendendo a tranci di format web un capitolo pensato per il cartaceo, supportandolo di sovrastrutture – immagini e musica – modificandolo con dettagli e dialoghi appuntiti o provocatori, e spostando per un momento tutto l’interesse verso queste 5000 battute attraverso una serie di accorgimenti dialettici si potrebbe alzare la soglia d’interesse ? Oppure riportando poi il brandello di capitolo all’interno di un volume dove gli argomenti sono molti si finirebbe con rendere disarmonico l’intero libro ?

Perderebbe fluidità e procederebbe a strappi e sussulti diventando un percorso isterico di alti e bassi che farebbe venire le vertigini al lettore? Oppure attrarrebbe di più proprio perché disarmonico e perché dietro ad ogni pagina la prevedibilità sarà l’ultima cosa aspettarsi? Questo volendo pensare di scrivere per chi legge e non per specchiarsi.

Non so, il laboratorio è aperto, vedremo cosa ne uscirà. Il rischio è mio, che col tempo ho individuato il web come palestra, come test, come collettore di comunicazione e contenitore di bozze, neppure corrette. Cosa succederà convertendo la demenzialità in comprensibilità? E poi quando un testo sarà reso fruibile e più comprensibile sarà il caso di rivederlo in maniera nuovamente incisiva prima di riportarlo su carta? Avanti e indietro, più volte, fino ad arrivare a non si sa bene cosa, rischiando di perdere di vista anche l’obiettivo, avendolo avuto, ma se quest’ultimo fosse lasciato all’immaginazione del lettore forse avrei risolto.

- gdf - ... web version.




3 commenti:

  1. A proposito di narrativa, a me piacciono queste due frasi, prese dal libro che sto leggendo ora:

    "La narrativa riguarda tutto ciò che é umano e noi siamo polvere, dunque se disdegnate d'impolverarvi, non dovreste tentar di scrivere narrativa"

    "Tu non scrivi al tuo meglio per amore dell'arte, ma per restituire con gli interessi il tuo talento al Dio invisibile, affinché ne disponga come meglio crede"

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  2. Qual é il libro?
    "Il volto incompiuto" (BUR)

    E l'autrice?
    Flannery O'Connor

    ciao guardiano

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