- del Guardiano del Faro -
Il quadro qui a fianco si chiama “ L’isola dei Morti “ . Bocklin ne dipinse sei versioni, anzi cinque, perché la sesta si chiama “ L’isola dei vivi “ . Queste opere furono eseguite tra il 1880 e il 1886 e affascinarono personaggi del calibro di Freud, Lenin, Clemanceau, Dalì , D’Annunzio e Hitler, che se ne comprò perfino una versione, nel 1933. Quella qui raffigurata è la prima versione, datata 1880 ed è esposta al Kunstmuseum di Basilea. Forse è proprio per lo stato di profondo disagio emotivo che mi provocò la visione di questo quadro prima di andare a cena da Hans Stucki il motivo per cui il ricordo di quella serata è rimasto sfocato. Città di frontiera Basilea, dunque dove sei, in Germania o in Francia ? Cosa devo parlare? Tedesco o Francese? Ma sei in Svizzera, puoi parlare anche Italiano !
Ma è difficile crederlo in mezzo ai diversi quartieri dove il teutonico e civilizzatissimo centro storico è compresso dall’industria e dal commercio bilingue, tutto stride come le vecchie rotaie dei tram nei confronti delle altre migliaia di recenti rotaie che avvolgono la città in un enorme gomitolo di snodi ferroviari, le autostrade sopra e sotto la città, i ponti sul Reno, la chimica delle industrie farmaceutiche che periodicamente lo contaminano. Disturbante ma sufficiente per comprendere che le condizioni economiche per sostenere una grande tradizione di ospitalità non dovrebbero mancare, ma alla fine delle fini l’unico degno compare degli altri grandi chef svizzeri come Girardet, Rabaey e Conti Rossini fu solo Hans Stucki . Bellissima la villa appena fuori dal centro, eleganti salette e apparecchiatura reale. Finezza ed eleganza anche in tavola, ma dalla mente affiora solo il ricordo di una grandissima mano nel trattare pesci e crostacei, dal taglio alla cottura, alla raffinatezza delle salse. Passata l’epoca Stucki il locale mantiene oggi ancora una delle due stelline, anche qui arrivate prima dell’esistenza della Michelin Svizzera, grazie al servizio frontaliero della Michelin Francia, e se non ricordo male anche di quella Tedesca, che così rese doppia la presenza di Bale, Basel, Basilea o come volete chiamare questa città presente su più guide del periodo. Appena fuori città, molto bello anche il ristorante contenuto nel castello di Binningen, dove ti aspetteresti anche l’uscita in sala del fantasma piuttosto di uno scafatissimo maitre italiano più bravo a infilarti in tasca gli indirizzi dei migliori night club tedeschi d’oltre frontiera piuttosto che stappare decentemente una bottiglia di Champagne. Glaciale invece il minimalismo assoluto e optical in bianco e nero del Teufelhof , con camere senza televisore ma con a disposizione vasta scelta di libri in tedesco, o il calmo classicheggiare de le Quatre Saison nel moderno Europe Hotel, o meglio ancora la magica atmosfera dei salotti del Trois Rois , degna di Simon Templar e di un nugolo di spie d’oltre cortina in transito tra gli aeroporti di Ginevra e Basilea per confondere il controspionaggio americano e francese. Oggi la città mantiene comunque un certo fascino e un interesse gastronomico non secondario, avendo ancora appunto il “nuovo” Stucki monostellato di Tanja Grandits insieme all’inossidabile Quatre Saison e al Bel Etage. A corredare degnamente il panorama e ridare buoni motivi per tornare a Basilea oltre per il Kunstmuseum anche il due stelle di Peter Knogel al Cheval Blanc.
Berna invece, la capitale teorica di questa nazione spezzata in Cantoni così diversi non ha mai avuto un locale di riferimento internazionale, accontentandosi di proporre una fascia media alla classe politica che frequenta alberghi e ristoranti con la testa altrove. Oggi va però molto meglio se è vero che sono ben tre i monostellati in città e altrettanti quelli non troppo lontano dalla capitale. Ne provai alcuni con risultati sorprendenti, sia di cucina che di collocazione , perché non è raro in Svizzera interna entrare in locali dimessi che hanno tutto l’aspetto di un dopolavoro ferroviario dove gli anziani giocano a carte, fumano il sigaro spento e bevono un Chasselas versato dalla bottiglia con tappo a vite, salvo poi scoprire nel retro una elegante porta in vetro che nasconde una nicchia con cinque o sei tavoli dove magicamente arriveranno in tavola meraviglie sorprendenti tra cristalli preziosi e ceramiche di Wedgwood. Verso il confine francese, a sud ovest di Basilea, in direzione delle manifatture delle sveglie da polso ecco un altro punto fondamentale della storia dell’alta ristorazione svizzera, nel Jura e non lontano da Neuchatel ( Le Noirmont) dove l’orologio di Georges Wenger continua fare le due, due stelle piene.
Dalla capitale dell’industria e commercio, a quella amministrativa e politica, fino ad una delle piazze finanziarie più importanti del mondo, e conseguente presenza dei portafogli più spessi del pianeta. Tavole stellate come se piovesse ( sono tre attualmente i bistellati ) ma mai un tre stelle ed un solo personaggio veramente sopra media , da decenni, Horst Peterman . Neanche proprio in città ma nella calma lacuale di Kusnacht, così poco nota al punto che nella mitica edizione Michelin Svizzera 1994 fu collocato nella mappa riepilogativa sul lago sbagliato, un curioso caso di omonimia di località, ma quella giusta è appena fuori Zurigo, in una piccola piazzetta a due passi dalla rive del lago.
Qualche altro personaggio fuori dagli schemi che mi piace ricordare da quelle parti , dove è la cultura tedesca a dominare il ritmo della giornata e dove si potrebbe anche andare a cena alle 18,30 sul tiepido Lago di Costanza ; questo personaggio potrebbe essere, anzi, è sicuramente Andrè Jaeger, che a Sciaffusa ha sempre prodotto una delle migliori cucine d’Europa con gli occhi a mandorla, una delle rappresentazioni più sfrontatamente asiatiche ( per motivi di cuore ) quelle viste nel suo Rheinhotel Fischerzunft.
E infine, idealmente rientrando da questo tour oltre Gottardo, ma passando di ritorno dal San Bernardino non si può dimenticare Felix Real nel suo elegante Relais Gourmand nel centro della capitale del Liechtenstein, in mezzo ad alveari di cassette di sicurezze e rivendite di diamanti in confezione retail. Al primo piano, infatti Real … Au Premier, perché al piano basso c’era un improbabile bar anche abbastanza sgangherato che ancora una volta nascondeva una scaletta che saliva nel sontuoso salone con moquette rossa alta quattro dita, luci soffuse a lampada da tavolo e cucina classica che ti lasciava il gusto del fondo bruno in bocca fino al giorno dopo, risvegliandosi placidamente nelle piccole camere del Real… au deuxieme.
La pittura di Bocklin e "l’isola dei morti“ ti creo' un così profondo disagio emotivo da condizionarti la cena da Hans Stucki? Vedendolo pero' capisco perchè ne volle uno Hitler, inquietante quasi quanto l'urlo di Munch..
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