giovedì 31 marzo 2016

Pitti Cibo



Marco 50&50

Vorrei vendere pesce azzurro da una chiatta galleggiante ormeggiata davanti alla Grotta Azzurra.
Come non posso…

Allora avrei pensato di aprire un ristorantino a metà strada tra la chiesa russa e il Casinò a Sanremo, per poter ordinare bisogna fare qualche tiro alla roulette russa, solo allora si avrà diritto alla polenta da passeggio in versione calippo.


Libera concorrenza, la tendenza europea è questa, ma io non sono d’accordo, qualche regola ci vuole, è buona norma in certi casi soprattutto se il contesto merita rispetto, quindi vado Controcorrente, contagiato per vent'anni dai corsivi talmente incisivi da far impallidire un castoro di Mastro Indro da Fucecchio.

Palazzo Vecchio, norma nuova, a Firenze la guerra del cibo invece di far pensare, scatena commenti ostili, dopo l’uomo del monte è sceso in campo anche l’uomo che approva la patata (capitasse a me un lavoro così usurante) perché, dice, non saprebbe come fare con il pesce…ma dico io, deciditi, prendi posizione, tanto che sia "facile stupire" con una patata lo sapevamo già.

Per aprire un ristorante nel centro storico la percentuale di cibo toscano non dovrà essere inferiore al settanta e sarà necessaria l’approvazione di una commissione di controllo composta da cinque saggi (tre dipendenti comunali, la direttrice dello sviluppo economico, la dirigente di settore, il responsabile dello sviluppo centro storico, inoltre un esperto di ristorazione ed un esperto di scienze dell’alimentazione) che supervisionerà e si occuperà anche delle deroghe all’ordinanza sulla filiera corta dalla c aspirata.

Oltre al giudice che dalla sala da bagno allunga lo sguardo intenso e “piacione”  in sala pranzo, molti altri hanno consumato parole e tastiera sull’argomento Pitti cibo, probabilmente senza aver letto l’ordinanza, senza competenza giuridica o civica, ma ci sta e proprio per questo anch'io, che per lo meno sono mezzo toscano, posso dire la mia e in questo capitolo dal titolo “Centro alla finocchiona” penso di poter metter voce, magari sottovoce, tanto per sfogarmi un po'.

Quasi tutti, hanno avuto con l’argomento un approccio di pancia, lo farò anch’io ma prima qualche considerazione: il contesto europeo invita alla libera concorrenza ma questo non significa arrendersi all’assalto dei fast food, se tuteliamo il patrimonio architettonico perché non dovremmo tutelare quello gastronomico, salvaguardando il luogo e il cibo che lì esiste da sempre…inoltre, Firenze centro storico, è sito protetto, art.52 Testo unico beni culturali e quel che è sotto la tutela dell'Unesco va preservato con maggiore cura, evitando, o quanto meno limitando ogni trasgressione.

Sarà dunque vietato aprire nel centro storico di Firenze un ristorante cinese o giapponese o messicano.
Bene.

Altro che "fiorentini vi siamo vicini" come ha scritto qualcuno.

Sarà dunque possibile vendere solo prodotti tipici del territorio che siano a filiera corta, ossia prodotti che arrivino al consumatore attraverso non più di due intermediari commerciali,

Bene.

Altro che "le città sono belle quando c'è tutto" come ha scritto qualcuno che paventa la possibilità che si ritorni a chiamare mescite i bar.

Magari.

Non vedo perché debba essere consentito aprire in un centro storico patrimonio dell'Unesco "la qualsiasi", forse per alcuni decoro è una brutta parola, ma evitare un'omologazione di esercizi dalla tipologia lontana dalla tradizione non deve necessariamente significare di trasformare il centro storico in un'unica trattoria Toscana di basso livello, non significa scoraggiare chi cerca di fare ristorazione di qualità, perchè è proprio la tutela della qualità uno degli intenti.

Forse non sarò stato fino a N.Y. per assaggiarne uno come si deve eppure anche a me piace l'hamburger, ma se camminando per Firenze invece di un fast food fuori contesto, trovo un Trippaio che mi fa un panino col lampredotto è più in là invece di un ristorante cinese mi offrono un vassoio di crostini neri non soffro.
Anzi.

Siena, Piazza del Campo, cammino colpito dai raggi obliqui del sole, al tramonto della civiltà, perché le virgole contano, trentatré, mi appare una Fata Turchina, sarà una contradaiola dell'Onda,  si avvicina e mi porge una bacchetta, hai sentito, mi dice, a Firenze...
Puf
Adesso ci siamo, le rispondo e mi sento addosso settecento anni di meno.

M 50&50

mercoledì 30 marzo 2016

Tenuta Carretta : il nuovo ristorante 21.9 di Flavio Costa -seconda parte -


del Guardiano del Faro


Dalla terrazza del nuovo ristorante di Flavio Costa stavolta nessuna visione periferica come a Lavagnola, e neppure palmizi da lungomare come ad Albisola. La visione sul piccolo comune di Piobesi non è che sia straordinaria, ma in compenso ci sono le estensioni di vigneti a dare un senso compiuto alla connotazione territoriale con un plus da scorgere laggiù in fondo, dove finiscono i colli e spunta altissima la punta del Monviso.

Vista vasta, complessa e profonda. Da qui la cucina di Flavio Costa può guardare più lontano che in passato. Le condizioni ci sono, perché le cucine sono grandi e ben attrezzate, e soprattutto perché la brigata di cucina conta già da subito almeno cinque assistenti.

In queste condizioni ogni piatto può essere progettato o concepito in maniera più profonda e complessa pur non diventando complicato da intendere. Fondi tirati alla perfezione, abbinamenti di più elementi che si sostengono o si contrastano a seconda delle necessità, e poi l'utilizzo raffinatissimo -e studiato nel minimo dettaglio -di fiori, germogli e foglioline ed erbe aromatiche che rimpiazzano gli storici "alberelli" di Lavagnola. Alcune erbe sono coltivate qui ... non è certo lo spazio a mancare.

Sapori netti, decisi, identificabili a occhi chiusi. Costruzione del piatto convinto e convincente, senza cadere nelle banalità, pur dovendo far i conti con il territorio, che qui marca la cucina tradizionale come un terroir si imporrebbe su un vitigno.

Un menù di tradizione a 50 euro non può mancare, seguito da altri a crescere, a seconda dell'impiego della materie prima o della quantità di piatti inseribili, a discrezione del cliente, che comunque può pescare anche singolarmente ogni pietanza anche dalla vasta carta.

Ma a meno di due mesi dall'apertura, Flavio in cucina e il suo abilissimo maitre sommelier Igor Vendemia devono già rilevare una tendenza chiara, perché alla fine è il pubblico che decide che cosa mangiare, e siccome Flavio arriva dalla Riviera è abbastanza normale che un'alta percentuale di clientela si rivolga ai piatti di pesce, ma non era immaginabile che la percentuale si attesti da subito all'80 per cento della richiesta. 

Ma per Flavio, che sia pesce o carne fa poca differenza, anche se personalmente ho sempre preferito approfondire la sua capacità, la sua sensibilità istintiva di interpretare i prodotti del territorio piuttosto che il mare. Sicuramente con il tempo le cose si assesteranno, e così anche la clientela -straniera o indigena- si renderà conto che anche e soprattutto i piatti di terra sono quelli che hanno un senso gastronomico superiore, degno della fama di Flavio, anche se quel baccalà al contrario ...

La carta dei vini è improntata su quella già esistente ad Albissola, qui integrata con molti altri vini piemontesi, oltre -ovviamente- a quelli della Tenuta che ospita il ristorante. In via di ultimazione anche la modernissima sala per eventi e cerimonie che potrà ospitare una ventina di tavoli tondi da dieci coperti, tutti con vista sui vigneti e le colline circostanti. Sala accuratamente separata dal corpo del ristorante, da cui si accede dal ricevimento, che si apre ad un elegante salotto con british bar e accesso alla decine di camere collocate al piano superiore.

Flavio infatti desidera che tutto proceda al meglio, fluido ma in maniera disgiunta. Eventi da una parte e servizio alla carta nel ristorante gastronomico che vada oltre, e che non debba subire influenze negative dovute al traffico. L'ampia terrazza consentirà a breve di godersi le belle giornate pranzando all'aperto, o cenandovi nelle fresche serate estive. Di giorno, all'aperto, tornerò non solo per fare foto decenti, ma anche perché una volta non basta quando ti è piaciuto, e la doppietta, quando ce la fai ...


In sala : Claudio Fontana e Igor Vendemia, a cui si aggiunge Federico Nisi


Continetta refrigerata

Bollicina bulgara niente male

Molti gli accompagnamenti all'aperitivo ... di ricotta e bottarga, di baccalà mantecato, di foie gras, di trota, di salmone ...


... e infine questo delizioso cono friabile farcito di verdure in bagna caoda

Burro Occelli lavorato con erbe e sale grosso

Un buon bianco "intruso" dal Veneto

Deliziose piccole ostriche tiepide con zabaione di porri di Cervere ... adoro le cose piccole

Gran colpo di classe con il midollo al cucchiaio, cannella e caviale

Ottimo anche il merluzzo fresco con asparagi di Santena cotti e crudi, riduzione di mandarini selvatici

Suadenti gamberi con purè di piselli e salsa di nocciola tonda gentile ...

Pane appena sfornato, in due versioni -anche al pesto - grissini e focaccia

Il Roero di Tenuta Carretta e un Merlot sorprendente dalla Bulgaria

Raffinatissima versione del "baccalà al contrario" con barbabuc e brodo di scorze di parmigiano ...

Intermezzo di classe, con gli asparagi di Santena in riduzione alla liquirizia

San Pietro con broccolo fiolaro e salsa Champagne

Si sale ancora con la pancetta di maiale brasata con mela cotogna e sedano rapa, e fondo di cottura first class ... fiori ed erbe per nulla posticci

Top class, tra uova e tartufo ci si perde e si affonda il cucchiaio, a lungo.


Con questo c'era una scaloppina di foie gras allo zabaione amaro ... di Cynar se ricordo bene, ma la nikon ha detto no, mentre io pensavo nì.

Ravioli allungati di coniglio, di forma e contenuto, con erbe amare ed ennesimo fondo rimarcabile


Foto inguardabile, ma questo piccione con tre diversi tuberi in bianco me lo volevo ricordare

Sorbetto di pera e frutti canditi ... questo me lo sarei ricordato anche con una foto peggiore

Carote cioccolato e chinotti : signature dish


gdf mannaggia ai faretti

martedì 29 marzo 2016

Tenuta Carretta e il nuovo ristorante 21.9 di Flavio Costa - prima parte -


del Guardiano del Faro


Benvenuti alla Tenuta Carretta della famiglia Miroglio. Decine di ettari di terreno e di vigneti circondano la cantina, la villa, l'albergo e il nuovissimo ristorante 21.9 di Flavio Costa. Ritrovo Flavio qui. Roerizzato o langhizzato, oltre i limiti lessicali e ai margini geografici. Un ligure piemontesizzato insieme ad un piemontese ligurizzato.

Una piacevole collisione, come è sempre stato tra noi, mai ruffiani : non ce la potremmo mai fare a mentire o mentirci. C'è meno scazzo del solito nel suo sguardo, così come la prima volta che lo osservai entrando all'Arco Antico, -approssimativamente il 14 marzo 2004- quando mi portò con disinvoltura un anomalo "amuse bouche" stellato di primavera : fave e salame. Fave e salame a Savona, messi dentro un toast croccante. Arrivavo da una cosa così in Bourgogne, a Fleury, dove Madame Chantal osava un toast de saucisson che valeva 2 stelle Michelin, insieme al resto, quindi perché stupirsi.

Mi dissi. Questo lo vorrebbe essere ma alla fine non è ligure di testa, anche se la testa in cassetta è tra le sue idee fisse. Beh, in effetti, un prosciutto al coltello trionfa in sala anche qui, come dire: ti fermi li? Ma di cucina parleremo più avanti, sperando di prenderci: io in foto -vittima dei faretti e dei piatti fondi- e in didascalia, mentre lui nelle esecuzioni, garantisco, non ha sbagliato un colpo, solo mezzo.


La fotografa insiste a riprendermi dalla parte stempiata, ma andiamo oltre i dettagli tricologici dettati dal tempo, perché il luogo, più dell'autore -si noterà- non manca di fascino. Spazi aperti, brezza primaverile, impatto ambientale discreto, almeno all'interno della tenuta, mentre all'esterno si sta costruendo parecchio, in questo piccolo villaggio di 1300 abitanti, collocato strategicamente tra Alba e Canale, tra Langhe e Roero, di cui Piobesi fa parte per delimitazione geografica.

Piobesi d'Alba, nota ai gourmet per circa un anno e mezzo grazie alla presenza sfuggente di Carlo Cracco, dove divorai il meglio della sua cucina a Le Clivie, che non ho più ritrovato e non ritrovo.  E poi proprio qui, dove anche il Siccardi si conquistò una stella, dentro questi muri.

Da queste parti -Roero Langhe- non mancano ne' grandi cantine ne' ottimi alberghi, ma è soprattutto la gastronomia ad attirare -insieme ai prodotti della terra- turisti da ogni parte del mondo, in un distretto eno-gastronomico senza paragoni in Italia.

Del luccicante ristorante e della cucina che Flavio Costa propone ne parlerò nella seconda parte, perché prima di tutto va valutato il contesto, così distante da ogni concetto di ristorazione ligure. Flavio, gestore dei due ristoranti e dell'albergo, disporrà qui di un bacino di utenza che crescerà in maniera esponenziale, e questo dettaglio non è un dettaglio, perché cambia di molto il panorama, anche senza vista mare : l'ingrata e insipida vista mare.

I primi clienti, da subito, vogliono vedere nel piatto il pesce e annusare il sentore del mare senza il caos del lungomare. Otto su dieci qui domandano pesce. Scopriranno prima o poi quale talento della cucina del territorio si cela dietro le spesse porte vetrate di questa cucina.

Ma intanto i vini della tenuta, che si possono veder nascere in cantina, che si possono acquistare o assaggiare nel wine shop, cominciando a prendere confidenza con l'accento locale, cominciando ad assaggiare un Arneis, un Roero, un Barbaresco, un Barolo, con un inaspettato sconfinamento in Bulgaria, dove una quota di famiglia Miroglio produce vini ricavati da qualche cosa come 1200 ettari di vigne. 

Me ne parla Igor Vendemia, già incrociato dalle parti di Cervere e perfino nei paraggi di Paraggi, nella fugace apparizione al Carillon, uno dei ristoranti di alta gastronomia più rapidi della recente storia italiana. Con il Barba pensavo di aver battuto un record a Volpedo, ma anche il Giuse e Igor a Portofino non si sono voluti fare mancare l'emozione forte del touch end go. L'end non è un refuso.

Ma adesso andiamo da Gaia, la terra.

Nei vigneti con vista su Piobesi, ma sullo sfondo spunta dai colli il Monviso 

La fascinosa villa che domina la tenuta 

L'ingresso del complesso che contiene la cantina, lo shop, gli uffici, l'albergo e i due ristoranti. 

Una mappa aiuta a non perdersi 

Sulla sinistra la cantina. A destra, al piano terreno ci sono le ampie cucine, le due sale ristorante, la zona colazioni, il british bar il ricevimento. Al piano le 10 camere e junior suite


Uno sguardo al wine shop 


Dicevo, andiamo da Gaia,
la gentilissima e sorridente Gaia, che è di Barbaresco solo per caso ... a stappare una prima bottiglia di Arneis Cayega, cavallo di battaglia dell'azienda. Tanto per rompere il ghiaccio in una giornata tiepida di inizio primavera


 Gaia di Barbaresco e le immagini storiche della Tenuta 

L'Arneis premiato da Decanter 

Banco degustazione 


In via ultimazione la grande sala che sarà dedicata unicamente ad eventi e cerimonie, che potrà contenere agevolmente una ventina di tavoli tondi da 10 coperti l'uno, con margine. Erano già decine le giornate vendute, ma da quando è arrivato Flavio, le richieste -ovviamente- si sono moltiplicate.

Salotto e bar, ricevimento e ingresso al ristorante gastronomico, accuratamente separato dallo spazio eventi. 

La sala colazioni 

Una camera standard 

Junior suite

Ogni camera ha un nome proprio di vigneto 

Junior suite 

Ed adesso caro Flavio andiamo a tavola ...

gdf
fine prima parte