venerdì 31 gennaio 2014

20 scatti didascalici da Il Sogno di Timi


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Patè di fegatini di rombo con verdure all'agro


Sigaretta di triglia farcita di pomodori secchi, purè di topinambour...


Triglia sfiletatta e farcita di porri su crema di patate... peperoncino


Tortelli di pesce spatola e radicchio, crema di broccoli, pomodori confit e granella di pane...


Spaghetti al cipollotto e peperoncino


Straordinario 1996...

Rombo, carciofi, maggiorana

Sorbetto d'arancia e alchechengi

Gran finale a sorpresa!

Shpetim Xhazosi
Il Sogno
Via Brunenghi 151
Finale Ligure (SV)
019 695472


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giovedì 30 gennaio 2014

La cucina d’inverno di Flavio Costa


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Anche stavolta i soliti noti sono in ritardo. Non ho sospetti, posso tranquillamente leggermi un libro prima che arrivino. Non sopporto di vedere un film già iniziato, preferisco aspettare che essere atteso. 

Ho tutto il tempo per sfogliare questo bellissimo volume su Olivier Roellinger e cogliere la sua immagine in un mare d’inverno che in Bretagna è ben altra cosa rispetto alle Coste del Savonese. Apro la tenda e faccio  ogni foto con un raggio di luce sconosciuto lassù

Mi chiedo se Flavio ci sia andato fin lassù o se il libro se lo sia comprato in libreria a Savona. Siccome  ce l'ho davanti glielo chiedo.

Si, Flavio ci è stato lassù, ma anche lui fa parte di quella generazione (cuochi o appassionati di cucina) che oggi è sui quaranta, e che una volta arrivati a Cancale hanno purtroppo trovato chiuso. Nel senso che Roellinger si era già ritirato a vita privata e del suo immenso sapere aveva lasciato solo qualche timida traccia aleggiare dentro Chateau Richeux.

Le mura di Saint Malo e il ritorno dalle Indie non sono esattamente contorni identificativi paragonabili alle mura del Castello del Priamar di Savona e ai profumi di questo mare e di questa terra, che sa più di erbe che di spezie, più di olio che di burro, però quando ho assaggiato una cosa che si chiama sedano rapa, ricci di mare e pistacchi un pensiero incrociato mi è balenato in mente, ed è di nuovo riapparso ancor più nitido al momento di assaggiare il cioccolato, carote e chinotto.


Farla dentro è raccomandato e raccomandabile. Le spezie non appartengono alla cultura di questi luoghi, ma la sensibilità e un misurato senso del gusto si possono applicare anche ad elementi molto diversi, senza dover tornare o partire per le Indie, senza per forza dover partire e tornare dalla Bretagna. Per imparare a dosare giustamente l'olio o il burro è sufficiente avere in mente quale risultato si vuole ottenere.

Scampi, rape, limone, olio nuovo


Questi piatti, questa cucina, Flavio la potrebbe realizzare anche nel bar a fianco invece che in questo involucro bianco rosso e nero (spesso criticato) appoggiato sull’Aurelia e con terrazza vista mare. Non cambierebbe nulla. Come la stessa clientela, che non è cambiata molto nonostante la più pratica collocazione, mentre qualche noto critico ha avuto qualcosa da ridire su molte cose partendo dal contesto, arrivando (nel caso dell’Espresso) a ridurre la valutazione della cucina di Flavio Costa due volte nelle ultime due edizioni, come se le "note" non fossero più essenzialmente riferite alla qualità della cucina, che qui, sulla costa nord del Mediterraneo, anche d’inverno è tra le migliori da Barcellona alla Costiera Amalfitana.

Era ieri, è oggi, sarà stasera.



La fresca recensione della "nostra Sophie" mi ha incuriosito, e allora eccolo nel bicchiere questo Sospiri 2007, Blanc de Blancs ricco, concentrato, potente, autoritario. Uno che si capisce subito che vuole lasciare un segno indelebile lungo la giornata, servisse pure una sciabolata.

E poi tutto il contrario, un Blanc de Noirs che va di fioretto, di finezza, di fragoline di bosco, fuggendo poi nel bosco di fronte alla minaccia.

Impepata di cozze

Sedano rapa, ricci di mare, pistacchio

Un sentore di Atlantico veritiero, da Armadillo meeting, che si accomoda su questi piatti pieno di buoni propositi, d'amore e d'accordo, ma con un certo carattere da rispettare.


Monumentale cappon magro, in versione invernale, e quindi servito tiepido. 
Difficile far meglio di così. Sono sempre i classici a far da termine di paragone.

Ortaggi invernali cotti e crudi, brodo di tonno e caviale di salmone selvaggio

Sgombro in tempura; monocromo verde...

Scampo, carciofi salsa Champagne al burro e tartufo nero.
 Cancale - Paris - Reims, inclusi les artichauts de la digue.

Essenziali raviolini di gamberi al timo

Carciofo, frattaglie d'agnello, Béarnaise al tartufo nero.

Faraona (veramente) Royale

E' proprio giornata.
Devo ricredermi su questo millesimo. E' molto migliorato ora.
Due magnum per esserne certo.

Piccione arrostito intero, trevisana alla vaniglia e riduzione di radice di liquirizia. Alberello di timo.

Cioccolato, carote, chinotti di Savona


Ed infine un'informazione di servizio, un last minute stile vg. Si, dicevo, visto che questo post esce oggi, giovedì 30 gennaio, e quindi chi volesse andare a provare il menù a quattro mani al 21.9 proposto da Flavio Costa e Andrea Alfieri è forse ancora in tempo per prenotarsi. Un menù di sette/otto piatti se non ricordo male, tariffato a 70 euro con i vini compresi. 


gdf 21 minuti punto 9

mercoledì 29 gennaio 2014

La metafora sulla montagna

Marco 50 & 50

Al Gran Premio della Montagna mancavano solo tre chilometri, per arrivarci con quella maglia ancora sulle spalle però, gli sarebbero servite tre cose, ma le gambe ormai non rispondevano più e le palle, si sa, non funzionano a comando...

Nelle gare di un giorno la grande prestazione occasionale può farci arrivare per primi al traguardo, se la corsa è a tappe il discorso è diverso, il sacrificio continuo, potrebbe sembrare più facile suddividere le energie a seconda della difficoltà della tappa e dello stato di forma, ma non è così, la costanza è rigore e disciplina, ma non è da tutti e c'è il rischio che la maglia venga esibita da altri come un trofeo.

Bisogna inseguirla a lungo, corteggiarla con insistenza ed impegno e, una volta conquistata, il meno è fatto, perché andrà difesa, mantenuta, protetta, sacrificandosi  giorno dopo giorno. La preparazione fisica, ma soprattutto mentale e psicologica è importantissima, bisogna arrivarci preparati ed allenati,  se in quota al Poggio ci arriva qualcun altro proveremo le tre valli varesine, stasera però ci sono le gemelle francesine e via così.

Questa è la quadratura del cerchio anzi del giro, che potrebbe condurci oltre il giro di boa, è qualcosa di davvero grande, l’attrezzatura in carbonio andrà sempre tenuta, insieme alla testa, sotto controllo.

Se la manovra di avvicinamento avrà dato i suoi frutti, una volta indossata quella maglia andrà difesa, ci sono tappe di pianura dove sarà possibile, senza tirare troppo la corda e la catena, vivere di rendita, pedalando in gruppo, vigili ma consapevoli di avere intorno, amici desiderosi di fare un pezzo di strada insieme a noi, dandosi aiuto reciproco, dandosi anche di gomito senza urtare il manubrio, perché quando la scelta è tra petto e coscia non sempre stiamo parlando di  pollo. In mancanza di falso piano, ma soprattutto di un piano falso, la tappa verrà condotta in porto con successo, il giorno dopo, quella maglia, sarà ancora onore e onere sulle nostre spalle.

Seguiranno anni che sembreranno giorni di passo regolare, il fisico integro, l’alimentazione adeguata, qualche saliscendi, piccole salite brevi e senza strappi, la pendenza ancora accettabile poi qualche pezzo in discesa dove con un po' di tecnica e coraggio il leader della corsa può perdere qualcosa ma non compromettere il possesso della maglia, i pazzi scatenati che si lanciano su strade da vertigine a velocità motociclistiche sono da guardare con rispetto ma non fanno paura, si possono riprendere e superare nella tappa successiva facendosi tirare da tutti i gregari a disposizione economizzando le energie in uscita.

La sera si ristudia il percorso, allenati a lungo per fare fiato e passo, sappiamo di dover spingere forte e con costanza e che, dopo tanto tempo, dalla prima volta saremo soli a difenderla quella maglia che tutti temono, basterebbe indovinare il ritmo e  potremmo farcela a superare indenne la cronometro individuale, la maglia dovrebbe rimanere al proprio posto in attesa delle grandi salite.

A questo punto non restano che due modi per perderla, quella maglia simbolo.
Il primo è quello di agire scorrettamente,  pensare di poter fare qualunque cosa sicuri che niente è nessuno potrà mai toglierci il gusto dell’arrivo solitario in quota, come fosse un diritto acquisito, allora si verrà prima o poi, inevitabilmente scoperti, come col rossetto di un'altra sulla camicia e mentre le analisi parleranno chiaro ci sfileranno la maglia, questa è una certezza.

L'altro modo, per perderla, è il modo di affrontare le salite che, come le grandi mareggiate d’inverno cambiano il modo di concepire il termine stesso di mareggiata, intorno cambia tutto, il vento, i colori, la temperatura, il paesaggio, la dimensione e il rumore spaventoso delle onde, è impossibile abituarsi a quel che nemmeno si poteva immaginare, ci si può solo adattare, poco importa se ci si è già allenati in altura, perché in salita, come in mare può capitare di fermarsi e mettersi a piangere.
Sono gli strappi ai quali siamo impreparati che ci fregano, ci si ritrova soli, col fiato corto, le gambe che bruciano, il cuore in riserva e un muro d’acqua o di granito da scalare, nel momento più duro la quota, persa di vista, diventa vulnerabile.

...il Gran Premio della Montagna non sarebbe stato l'ultimo, affrontato in questo modo rischiava di esserlo, provò a cambiare rapporto sperando di salvare il proprio, la quota là in alto si stava tingendo di rosa come la maglia, perderla per mancanza di gambe e di palle poteva anche starci ma prima avrebbe dovuto usare tutto quel che aveva a disposizione, così ci mise il cuore e se pur in trance arrivò sul traguardo, sentiva di averla persa e infatti per pochi secondi la perse, la maglia ma non la sua quota.


A tutte le quote, soprattutto quelle rosa.
M 50&50

martedì 28 gennaio 2014

Hotel Miramonti e ristorante Ezzelino | Frabosa Soprana gourmet


del Guardiano del Faro


Una ventina -facciamo venticinque- chilometri dall'uscita autostradale di Mondovì, quasi a metà strada sulla Torino - Savona. Mille metri di altezza, una località sciistica magari poco nota alle masse di appassionati del freddo, che invece si rivela essere molto frequentata. Un bell'albergo per famiglie dove ogni dettaglio è curato con dovizia, dal comodo parcheggio, alla terrazza bar Champagne, dove bere bollicine direttamente sulle piste e gli impianti di risalita. Bollicine a bordo pista slow living.



Questo fuori, e poi gli interni, dove per una volta non sarà la zona reception a dominare lo spazio che investe gli occhi una volta entrati, ma sarà invece un grande bar, anche molto frequentato a impattare piacevolmente la vista. Un bar ben frequentato e ben fornito, che anticipa l'ingresso alla grande sala che può contenere senza forzature tutti gli ospiti delle camere, che sono quasi cinquanta (le camere), e che possono di conseguenza garantire spesso un centinaio di coperti a servizio.


Potrebbe bastare per tirare avanti lavorando bene e con buone soddisfazioni, e invece la ricerca della qualità e la passione per l'alta cucina ha portato i giovani proprietari a giocarsi anche la carta del ristorante gastronomico che non nasconde già da subito le ambizioni. Diversamente da altri casi, qui quelli che dovevano venirci ci sono già venuti praticamente tutti, e quindi le guide, nel prossimo autunno, saranno già in grado di dare i primi pareri sul nuovo ristorante del Miramonti, e sul suo chef, che si chiama Antonio Ietto, salito con la moglie dal suo ex locale di Mondovì, che era questo: Ezzelino



Qui, uno dei migliori allievi di Ezio Santin si trova di fronte a parecchi impegni, perché sono almeno tre i modelli di ristorazione proposti, a partire dalla terrazza con il suo breve menù easy, per proseguire con le proposte a mezza pensione o alla carta per gli ospiti delle camere, soprattutto famiglie, ed infine la sfida gourmet, dalla cui carta ho pescato qualche classico e qualche divertente novità dello chef. Spazio a parte per la pasticceria, di cui si occupa la signora, qui come in passato, con buoni risultati.


Non amo il freddo, ma ci pensa Luca a munirmi della carta della ristorazione rapida in terrazza e di un primo calice di bollicine...



L'albergo dispone anche di una cantina di affinamento di salumi, prosciutti e formaggi

Qui abbiamo anche uno spanish snack: acciughe del Cantabrico con peperoni del piquillos, tegola al sesamo

All'interno invece, al bar si fa già sul serio




La carta della saletta gourmet 







La brandade di baccalà, sempre impeccabile, dai tempi di Cassinetta

La riuscita provocazione costituita da questa panna cotta di cavolfiore e mela al calvados con croccante di mele e porri


Cucina cromatica: lumache glassate al prezzemolo, zuppetta di latte di capra e aglio orsino sotto spuma di patate violette


Risotto Acquerello alle cime di rapa e mandorle/nocciole tostate; pomata d'arancio



Un altro grande classico di Cassinetta, la lasagnetta di pasta fresca mono porzione qui declinata con carciofi, pomodori secchi e stracciatella di bufala 


L'eccellente e non meno che eccellente pollo ficatum cotto nel siero di latte al tartufo nero



Terra di sesamo con olive disidratate, germogli orientali, gelato al caramello e fleur de sel. Equlibrismo molto ben riuscito

Più complicato questo "Caffé Savoia" e cioè un affogato di nocciole in crema e mandarino in sorbetto, caffè versato al tavolo

Il carretto della piccola pasticceria


Si torna al al bar con diverse intenzioni

Buonissimo il Plymouth al cardamomo pestato e scorze di pompelmo rosa

Antonio Ietto

Hotel Miramonti - Frabosa Soprana


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