lunedì 25 ottobre 2010

L' Astigiano, Trinchero e La Vigna del Noce









Adoro l'Astigiano e la Barbera. Adoro questi posti e questo vino perché rispecchiano tanti stati d'animo, sarà che ne ho una visione quasi cinematografica o forse sarà perché sono un fottuto sognatore... Adoro queste colline con i filari di uve nobili e semplici al tempo stesso e visitare l'azienda Trinchero è un po' il sunto di tutto cio'; e' come fare un viaggio nella saggezza popolare di questi luoghi, qui il tempo sembra dilatarsi, non c'è fretta, bisogna saper aspettare. La Barbera in eta' giovanile è scorbutica, scontrosa, allora deve stare lì, dentro le grandi botti di castagno ad affinarsi, qui non si prendono scorciatoie, niente legni piccoli ad arruffianare, niente deacidificatori, niente trucchi.. solo tanta pazienza e un grande lavoro in vigna, perchè solo così si puo' fare una grande Barbera. Ezio Trinchero non ama le luci della ribalta, ama il suo lavoro di vignaiolo e lo si percepisce al primo approccio, poi basta mettersi nel bicchiere un Vigna del Noce (magari il '99) e si capisce subito che il vino assomiglia a chi lo fa.., non è un vino per tutti ma a noi va bene così, è per chi ne percepisce e ne apprezza la profondita', l'aristocraticita' contadina e quel fascino retro' lontano mille miglia dalle iperconcentrate, ruffiane e noiosissime versioni confezionate ad arte per stupire il palato dei curatori delle guide.

Ma Trinchero non è solo Barbera e non è solo Ezio, c'è Monica, l'anima commerciale e non solo, ci sono gli altri vini, i tradizionali Grignolino e Freisa, qualche filare di Merlot, i bianchi Malvasia, Arneis e Chardonnay, vinificati con macerazione sulle bucce (8/9 giorni) ambrati, quasi tannici e con un corredo aromatico di straordinaria intensita'. La visita alla cantina è estremamente interessante ma il tempo come sempre è tiranno ed una mezza giornata puo' non bastare, l'accoglienza ricevuta fa venire voglia di tornarci pero' senza navigatore se non ci si vuole perdere fra le vigne (cosa che potrebbe comunque avere il suo fascino..).

Un Leonard Cohen d'annata in questa stagione puo' far piacere e scaldare il cuore nel rientro verso casa..

venerdì 15 ottobre 2010

Emozioni d'Antan























Amo l'autunno, i suoi colori ed i suoi sapori spingono la mia memoria verso ricordi che sanno di antico e di tradizione, “è il momento giusto per incontrare Lino Maga e il suo Barbacarlo” penso guidando mentre una leggera nebbia mi fa compagnia, in macchina suona a tutto volume Dream Attic il nuovo bel disco di Richard Thompson, improvvisamente i pensieri sfumano, ecco sono arrivato a Broni nell'Oltrepo'!

L' appuntamento è nella cantina in centro al paese, qui il tempo pare si sia fermato, la stanza è ovattata, piena di ricordi e la sala degustazione è piacevolmente disordinata, con foto, lettere e dediche. E, soprattutto, bottiglie. Bottiglie di ogni millesimo tutte rigorosamente in piedi perchè “c'hanno il culo di sotto”, il Barbacarlo con quell'etichetta così retro' ma così affascinante. Lo zio (barba) Carlo fu il primo a produrlo, è un vino contadino e ogni annata è diversa dall’altra (come dovrebbe sempre essere ma spesso non è..), percui va degustato per scoprire le diverse sfumature che hanno caratterizzato ogni singola vendemmia. Lino Maga sembra un uomo schivo e chiuso ma piano piano si apre, proprio come i suoi vini, e ti racconta di quando Gino Veronelli e Gianni Brera frequentavano la sua cantina, è pieno di conoscenza e saggezza popolare ed è il contrario del vignaiolo “che se la tira”. Mi versa il 2007 poi il 2006 poi il Montebuono, ne berrei a secchiate, nobile e semplice al tempo stesso, affascinante nella sua profondità e ampiezza di profumi, è un vino che chiama ardentemente il cibo e la convivialita'. Al palato ti aspetti la carbonica che lo ha reso celebre, ma non sempre c’è. Entra denso, leggermente zuccherino, succoso, croccante, si allarga, chiude spinto da un’acidità giovane e una piacevole astringenza. Parlando poi scopri che il segreto dei suoi vigneti sono terreni tufosi e impervi (mi fa l'esempio della Valtellina e delle Cinque Terre) le piante centenarie con rese bassissime (35 quintali per ettaro) e, ça va sans dire, nessun trattamento chimico, “il vino si fa in vigna, non in cantina..” mi dice. Guardo l'orologio, si è fatto tardi purtroppo bisogna ripartire, carico i cartoni, sopra c'è scritto "Antico-Classico" niente di piu' vero.. Lo so, lascio del lavoro indietro ma la strada da fare è tanta e comunque rimane la scusa buona per ritornarci, magari con gli amici di sempre.. Au revoir comm. Maga! Risalgo in macchina, Thompson è sempre lì a farmi compagnia, oggi emozioni d'antan mes amis..

martedì 12 ottobre 2010

Adieu Marcel

Marcel Lapierre (1950-2010)
Marcel era un gentiluomo di campagna, i suoi modi gentili ed affabili ti mettevano subito a tuo agio. Non sempre e' cosi', a volte i vignaioli "veri" , quelli con le mani segnate dal duro lavoro in vigna sono un po' burberi e schivi. Devo dire che in questo caso il carattere dell'uomo rispecchiava quello del suo vino, i suoi Morgon ci stupivano sempre per classe, finezza ed eleganza, proprio come lui.

Non dimenticheremo mai quando arrivammo alla sua festa, il suo inconsapevole "last waltz" ed il modo in cui ci accolse,
noi armadilli vogliamo ricordarlo così, in mezzo a tante bottiglie e a tanti amici..






venerdì 8 ottobre 2010

Armadillo’s Rolling Meeting al Ristorante La Meridiana di San Bartolomeo al Mare (IM)

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- by gdf -

Certo, indubbiamente sans soufre, mais avec beaucoup d’alcol!

La tavola in terrazza a La Meridiana di Roberto Rollino

Gli armadilli in evoluzione hanno sviluppato una allergia da una parte e una dipendenza dall’altra.

Riescono a riconoscere ed evitare un lievito selezionato e 10 milligrammi di solforosa aggiunta a distanza tra Sant Bart in Belinlandia e Austin-Texas , ma vengono attratti ipnoticamente dall’alcol che li assopisce e dilata le arterie cerebrali al punto da confondere una chitarra con un trombone, strumento, quest’ultimo , inutilizzato nel senso proporzionale al famigerato organo sessuale che sui due terzi o tre quarti del peso totale funge comunque da inutile e pesante fardello storico di quello che fu lo scopo immaginato dall’ironico creatore.

Vedete, oggi il povero animale è così confuso che vorrebbe trombarsi un piccolo cactus con un organo francamente sovradimesionato, quanto prosciugato.

Detto questo non resta che prendere ancora una volta atto che l’abuso di vini naturali provoca in questi animali comportamenti innaturali quali cercare improbabili accoppiamenti in pubblico con le femmine di consimili apparentemente disinteressati, salvo riaversi momentaneamente dal coma alcolico giusto in tempo per riportarsi via la compagna prima dell’irreparabile.

Confermata anche la scarsa propensione alla disciplina alimentare che , in mancanza di fornicazione pro-ricambio della specie, potrebbe almeno contribuire ad una più lunga permanenza sopra alla terra piuttosto che sotto. L’armadillo-pigrus, di scavare non ne vuole più sapere, ma quale Fandango, mezza giornata a seppellire perle di Borgogna sul colle adiacente in vista di un goliardico pomeriggio defaticante e cala panza, tempo perso, gli armadilli fanno orecchie da mercante, anzi, orecchie da chitarra, fingendosi interessati ad assoli chitarristici e performance promiscue piuttosto che riammettere in programma l’istinto primario di scavatori.

Dunque cosa resta di buono in questi animali?

Poco o nulla, se è vero che ormai la corazza cerebrale è corrosa dall’alcol e la superficie adiposa ha superato in percentuale quella di cartilagine ossea; del famigerato quinto arto degno della quinta dimensione neanche a ri-parlarne, ormai definitivamente prosciugato di idee e di sostanze, neppure la prospettiva di un per altro inutile scambio di liquidi con una femmina, neanche ciò risveglierebbe le memorie degli avi . E’ la fine annunciata della specie.

Gli anelli del Cavalierato degli Armadilli

E quindi posso concludere di essere fiero di essere diventato a tutti gli effetti uno di loro. Ufficialmente, con tanto di rito di iniziazione ed anello simbolo di fedeltà.

Adesso sono anch’io un Cavaliere dell’ordine degli Armadilli e posso vantarmi pubblicamente di essere come loro !

Quanto ai vini lascerei i commenti ai partecipanti, così vediamo un po’ che cosa si ricordano, e soprattutto fino a quando si ricordano cosa hanno fatto e cosa hanno bevuto.

Ma prima qualche piatto e altre immagini dal meeting insieme a musica idonea , Lucien, se la trovi troppo estrema cambiala pure :-)

http://www.youtube.com/watch?v=AzoaWrRYg98

Il Baccalà in intingolo mediterraneo

I ravioli di prebuggion aglio,olio e salvia

Risotto con porcini cotti e crudi

E grazie 1000 allo chef Roberto Rollino

p.s. le foto si possono ingrandire con un click.

GDF

Indirizzi utili:

http://lescavesdepyrene.blogspot.com/2010/10/ci-sono-delle-giornate-che-ti-rimangono.html

http://www.ristorantemeridiana.it/


venerdì 1 ottobre 2010

PETRUS

Ci sono modi e modi per consentire a qualcuno di tentare di rovinarti la giornata all’ora di colazione. Una telefonata, una mail, un sms, un fax. E non ci puoi fare molto in questi casi. Al telefono, se ti ricordi i numeri indesiderati puoi anche non rispondere, ma quello che ti arriva in forma scritta sotto le diverse forme di comunicazione sei istintivamente attratto a leggerlo.

Ci sono due parti del corpo delle persone oggettivamente difficili da chiudergli, ma se pure ti fosse consentito ipoteticamente di chiudergliene almeno una, l’imbarazzo sarebbe totale valutandone la somiglianza. Quindi tanto vale andare oltre cercando il barattolo dello zucchero piuttosto che strizzarsi il limone nel caffè mattutino. Così va, con qualcuno neanche un caffè, con un altro anche Petrus, ma non l’ amaro per digerire i cretini, il Pomerol per festeggiare l’amicizia.

Ma chi sei, assomigli molto ad un carissimo amico ma non puoi essere tu, nessuno ti ha mai visto in giro prima delle undici, ma cosa ci fai qui in ufficio alle otto del mattino, avevi l’ufficiale giudiziario in arrivo o è solo insonnia ?

Se non sapevi cosa fare , perché non hai mai niente da fare, adesso ci penso io a farti passare la mattinata in un lampo. Lo senti questo rumore, è un camion con sopra due container con 20 tonnellate di carne congelata da scaricare e stamattina ne ho due in mutua. Facciamo noi? Dai che mi dai una mano, ma proprio solo a mano, perché guanti anti ghiaccio della tua misura non ne ho.

A volte quando hai bisogno di una mano è meglio che guardi in fondo al tuo braccio, ma per fortuna non è sempre così. Ok, anche questa è andata, adesso andiamo a pranzo, offro io! Curiosa la vita, per metà della quale ho quasi sempre offerto io e per l’altra metà si sta rovesciando la proporzione. La cosa non mi imbarazza affatto, anzi, era ora !

Pier ! Due risottini al tartufo bianco, due piccioni alla griglia. Prima due fettine di culatello e da bere fai tu. Occhiolino. Caspita ma sei al completo, non ci possiamo neanche sedere ? Resta il tavolo di famiglia e qualcuno che deve arrivare, bene, ci mettiamo qui, e poi chi arriva e se arriva si berrà un bicchiere di quello che ci stappi tu Pier.

Ehilà un 82, un po’ giovane ma si lascia bere. Eccolo il terzo, lo conosciamo, lo conosciamo, uno che se gli dai un Rosso Conero o uno Chambertin di Rousseau è la stessa cosa. Cosa bevete ragazzi, Un merlot, ti passo la bottiglia, bicchiere riempito a raso, golata da oasi appena sceso dal cammello. Occhi sbarrati, i suoi, ma anche i nostri. Ma che cos’è questa roba, ma è fantastico, ma che cosa avete stappato? Petrus 82, il vino a prova di imbecille.

E se l’ha riconosciuto un imbecille vorrà dire che questo vino non vive di fama usurpata. Ci sarà qualche cosa in più in questo merlot rispetto a quello di Planeta. Ci sarà un motivo per cui questo è uno dei tre vini più conosciuti al mondo e molti dei suoi vecchi millesimi sono tuttora tra i più stimati e i più ambiti da chi se li può permettere. Parlo di annate leggendarie come : 1921, 1929, 1947, 1949, 1961, 1964 . Qui non si scherza, il filotto qui sopra se ben conservato non teme niente e nessuno.

Il perché dell’eccezionalità di questo vino è “tutto” nel suo terreno, fondamentalmente diverso dai suoi vicini, perché la percentuale di argilla è altissima, almeno quanta quella di piedi di vigna merlot nei confronti quella minima di cabernet franc.

Vinificazione impeccabile, piccola produzione (30.000 bottiglie per anno), clientela affidabile che è disposta a mettere sul tavolo tre o quattro biglietti di quelli grossi per cavare un tappo di Petrus e versarlo senza tante ansie . Per un appassionato “normale” , che 1500 euro li guadagna in un mese, un vino teoricamente irraggiungibile, salvo rivolgersi alle annate che il mercato e gli esperti hanno definito piccole. Tra le ultime, il 2001 e il 2004 per esempio, dove dovrebbero bastare 600 euro per portare a casa il prezioso flacone. Forse meglio trovare un amico ricco allora, o una attempata milionaria in cerca di compagnia, perché il rischio è di fare come molti ristoratori alla fine degli anni 80, quando si favoleggiava che per avere una stella rossa fosse opportuno e consigliabile comprare i soliti cinque premier grand cru bordolesi ed una cassetta DRC, dicevo, il rischio è di comprare annate stupide, come quei mediocri 1984 o 1987 che hanno infestato le carte dei vini degli stellati italiani per due decenni, così come sta succedendo per i Borgogna rossi 2004 e bianchi 2003. Quindi se pensate che sia necessario togliere il dente tanto vale puntare in alto, il riferimento non sarà perciò dubbioso, salvo scoprire che anche un Masseto non è da disprezzare facendo una parallela sul vitigno.

Per quel che mi riguarda Petrus è di nuovo un vino che mi interessa relativamente, per quanto il fascino di un grande cépage come il merlot è terzo solo al Pinot Noir e al Nebbiolo come vitigno, ma 1000 euro non sono secondi a nessuno, e quindi mi tengo in data base quelle tre volte che ho bevuto un Petrus , quando me l’hanno offerto o quando costava 200mila lire. Certe follie oggi le lascio ad altri. Pas de Petrus, merci!

GDF